Giorno per giorno – 07 Settembre 2009

Carissimi,

“Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo” (Lc 6, 6-7). Ancora una volta la sinagoga, ovvero la comunità. E un uomo, la cui mano destra paralizzata è insieme conseguenza e specchio della nostra incapacità di “fare” il bene. Marco, nel racconto parallelo a questo, mette in scena anche gli erodiani (i partitari del premier godereccio di Galilea) a congiurare con membri del partito religioso per far morire Gesù (Mc 3, 1-6).  Detto in altri termini, per eliminare il Suo significato dalla nostra storia, svuotare il Suo nome (e la Sua chiesa) della “Buona Notizia per i poveri” (Lc 4, 18) che egli è (e che noi dovremmo testimoniare), riducendolo così a semplice contenitore vuoto, pronto per essere riempito di qualsiasi altro contenuto. Funzionale al potere, senza inutili intralci al manovratore di turno. Luca, quando scrive, ha ben presente come sarebbe finita, come Gesù, appunto, sarebbe stato condannato da una manovra congiunta del potere politico (Pilato), di un partito paganeggiante (erodiani), di alte gerarchie religiose (sadducei), e di un’influente corrente religiosa assolutamente ortodossa (farisei). Espressione, evidentemente, di una, solo apparentemente strana ma reale, convergenza di interessi. E si fa premura di ricordarlo alla sua comunità, e alle comunità di ogni tempo. Dimenticare ciò che è prioritario per Gesù (cioè, per Dio) – dare (o ridare) all’uomo (ogni uomo) la sua capacità di agire, renderlo cioè soggetto della sua storia – a cui dovrebbe tendere ogni legislazione civile e religiosa (la legge del Sabato), è tentazione ricorrente. Non solo per le istituzioni, ma anche per ognuno di noi, individualmente. Ed è volta ad influenzare la scelta dei nostri stili di vita, le nostre preferenze politiche, le nostre opzioni economiche e la nostra maniera di vivere la fede e testimonianrne i contenuti. “Gesù disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: Àlzati e mettiti qui in mezzo! Si alzò e si mise in mezzo” (Lc 6, 9). L’autore della cura, si fa ora specchio dell’uomo guarito. Guarire significa mettere al centro delle nostre attenzioni l’altro. E liberarlo. Certo, ai potenti che hanno bisogno, non di uomini, ma di marionette, o di cristiani mai davvero adulti e responsabili, questo può dare fastidio. Molto fastidio.   

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Colossesi, cap.1,24 – 2,3; Salmo 62; Vangelo di Luca, cap. 6,6-11.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

07 Independência do Brasil.jpgOuviram do Ipiranga as margens plácidas /De um povo heróico o brado retumbante, / E o sol da Liberdade, em raios fúlgidos, / Brilhou no céu da Pátria nesse instante”. Ovvero: “Udirono dell’Ipiranga le rive placide / di un eroico popolo il grido rimbombante. / E il sole della libertà, in raggi fulgidi, / brillò nel cielo della Patria in questo istante”. Sono i versi con cui si apre l’inno nazionale, che qui conoscono un po’ tutti, anche perché accompagnano l’incetta di medaglie e trofei che le nostre squadre sogliono fare nelle competizioni internazionali. Celebrano l’indipendenza del nostro Paese, dichiarata il 7 settembre 1822 da Dom Pedro, allora principe ed erede al trono del Portogallo, che divenne così Dom Pedro I, primo imperatore del Brasile e ci regalò questo “Giorno dell’Indipendenza. Di cui, a dire il vero, non sono moltissimi a conoscere le circostanze storiche.

 

GRITO DOS EXCLUÍDOS 2009.jpgAd un clamore diverso, privo dell’inevitabile alone di retorica che circonda la festa di un’indipendenza che riguardò solo pochi, si ispirano da quindici anni le Pastorali sociali della Chiesa cattolica, organizzando, un po’ in tutto il Paese, le manifestazioni del “Grito dos Excluidos”, che quest’anno ha come tema: “Vita al primo posto: la forza di trasformazione sta nell’organizzazione popolare”. Come ricorda il comunicato della CNBB “Il Grido intende lottare contro le diverse forme di esclusione e le cause che portano la gente a vivere in condizione precarie  di vita e, spesso, senza prospettive di futuro; denunciare una politica economica che privilegia il capitale finanziario a scapito dei diritti sociali di base; costruire alternative che rechino speranze agli esclusi e prospettive di vita per le comunità locali; promuovere la pluralità e l’uguaglianza di diritti, così come il rispetto nei rapporti di genere, razza e etnia; moltiplicare le assemblee popolari per discutere l’organizzazione sociale, a partire dal Municipio, rafforzando il potere popolare. Di fronte alle situazioni di esclusione, Gesù difende i diritti dei deboli e il diritto a una vita dignitosa per ogni essere umano. Questo ci impegna nello sforzo volto a superare l’esclusione, partecipando alla costruzione di una società giusta e solidale”.

 

Anche per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a un testo di Dom Helder Câmara, pubblicato in  Parole et Pain”, Janvier-février 1971, che noi riprendiamo dal sito www.atma-o-jibon.org e che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Allorché la comunità cristiana partecipa all’eucaristia, essa vede, nelle mani del celebrante, al momento dell’offertorio, il pane “frutto della terra e del lavoro dell’uomo” e giunge a vivere un insegnamento di giustizia sociale che dovrebbe contrassegnare la nostra vita. Come non pensare che il pane appare ai nostri occhi, come frutto del denaro e che vi sono milioni e milioni di uomini – i due terzi del mondo – che mancano di pane? Per tutto il tempo della celebrazione eucaristica sentiamo affermare che siamo fratelli; ci dirigiamo verso un solo ed unico Padre; facciamo il gesto di metterci attorno ad una stessa tavola; mangiamo lo stesso pane di vita e tuttavia, dopo la messa, ognuno ha la sua famiglia, i suoi impegni, e i cosiddetti fratelli ritornano a livello di sconosciuti, quando pure non di avversari e nemici. La presenza eucaristica, nella comunione, ha una durata breve: ma intensifica l’unità nostra col Cristo, iniziatasi col battesimo. Resi uno col Cristo, come non considerare, senza profonda emozione, le spaventose conseguenze dell’egoismo sull’individuo, in seno alle famiglie, a livello delle comunità di base, su scala nazionale, continentale o internazionale? Come restare indifferenti, se si scopre il diffondersi dell’ingiustizia e, di conseguenza, la salita della radicalizzazione dell’odio? Cibandoci dell’eucaristia, noi ci immergiamo sempre più nel Cristo e sempre più siamo congiunti con tutta l’umanità: la nostra presenza dovrebbe essere quella di Cristo. Come non scoprire, con gli occhi di Cristo, che ai nostri tempi non basta più fare l’elemosina e chiederla per coloro che soffrono la fame? Oggi, l’elemosina delle elemosine è sostenere la giustizia, lavorare allo stabilirsi della giustizia sociale. I poveri, nel nostro secolo, non sono solamente degli individui e dei gruppi, ma paesi e continenti. La ragione di questa povertà – che sprofonda nella miseria, e persino in una condizione sub-umana, milioni di creature, figli di Dio – risale alle ingiustizie gravissime nella politica internazionale del commercio. Bisogna ritrovare, nel Pane di vita, le energie per riuscire ad accettare i mutamenti di mentalità, il capovolgimento di vita, la conversione. […] Il mondo ha bisogno nuovamente della testimonianza nostra: che si senta, che si veda, che si scopra che l’eucaristia ci porta a vivere la giustizia e l’amore, come le uniche vie della vera pace. (Helder Câmara, in Parole et Pain, Janvier-février 1971).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.  

Giorno per giorno – 07 Settembre 2009ultima modifica: 2009-09-07T23:01:00+02:00da fraternidade
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