Giorno per giorno – 15 Giugno 2009

Carissimi,

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 38). Gesù insiste ad offrirci parametri per scoprire se e in che misura si sia già “cittadini del Regno”. Noi, le nostre famiglie, comunità, chiese, non gli altri. Il Vangelo – non lo ripeteremo mai abbastanza – è parola di Dio che interpella e vuole convertire noi, che ne abbiamo udito e accolto l’invito. Gli altri, solo nel caso lo decidano loro.  Ora, “occhio per occhio, dente per dente” è, almeno a prima vista, la logica più a misura d’uomo che ci sia dato di immaginare, oltre tutto già corretta da una certa idea di giustizia. Perché, diciamoci il vero: noi, d’istinto, se qualcuno ci pesta i piedi, mica ci limiteremmo a ripestarli a lui. Sempre che le proprorzioni del soggetto che ci sta di fronte, non ce ne dissuadano facilmente. Tendenzialmente noi ci s’ha il sangue di Lamech nelle vene, quello del “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido” (Gen 4, 23b). E grazie a Dio che il far-west non è ancora tornato a dettar legge nelle nostre relazioni (anche se, qualche volta, qui da noi e lì da voi, potrebbe sembrare di sì)! Gesù è preoccupato della felicità dei suoi fratelli e sorelle. Vuole, nel limite del possibile, spezzare la catena di offese e ritorsioni, e nuove vendette, e nuove ritorsioni, che generano solo sofferenze a non finire. A partire dalle piccole cose, nell’ambito delle nostre famiglie. Quanta infelicità inutile ci provochiamo spesso reciprocamente. Quanti rancori sordi, dialoghi interrotti, parole negate, silenzi astiosi, incomprensioni crescenti, che fanno, alla fine, più male a chi li pone in essere che a coloro a cui sono rivolti! Che spreco di aggressività, di cattive parole, di espressioni di disprezzo, nell’illusione che facendo soffrire l’altro(a) possa in qualche modo diminuire la sofferenza che lui(lei) mi ha provocato! Porgere l’altra guancia ha questo significato. Non si tratta di accettare l’ingiustizia ricevuta. Si tratta di individuare il gesto, la parola, che l’interrompe, portando l’altro(a) a riflettere. Una nostra amica, qualche anno fa, ci diceva che, all’aggressività verbale di cui era fatta talvolta oggetto, aveva imparato a rispondere più o meno così: “Io credo che tu sia ingiusto nei miei confronti. Comunque ti rispetto ugualmente. Considera che ti voglio bene e prova con calma a ripensare a ciò che hai detto”. Beh, sono gesti e parole che inizialmente  sconcertano l’altro(a) e, alla lunga, si rivelano (almeno qualche volta) capaci i modificarne il comportamento. (Sapendo che se, però, uno sta sparando all’impazzata, è meglio rinunciare temporaneamente a dialogarci). Noi, in comunità, cerchiamo di applicare questa parola alle relazioni con i fratelli evangelici, cui spesso i nostri attribuiscono atteggiamenti aggressivi nei confronti della nostra chiesa. Frutto, a loro volta, di attitudini aggressive nei confronti delle loro… Beh, la buona volontà a superare vecchi risentimenti, a porre fine alle accuse reciproche, aiuta spesso a creare nuovi legami e adottare nuovi stili di convivenza. Che non è ancora comunione, ma è almeno un buon inizio.

 

La data di oggi ci porta le memorie di Evelyn Underhill, mistica e predicatrice anglicana e di  Germaine Cousin, pastorella e contemplativa. 

 

15 EVELYN UNDERHILL.jpgEvelyn Underhill era nata a Wolverhampton il 6 dicembre 1875, figlia unica di  Sir Arthur Underhill e di Alice Lucy Ironmonger. Dopo gli studi in Storia e Botanica al King’s College di Londra, sposò nel 1907 Hubert Stuart Moore, un avvocato suo amico d’infanzia. L’anno del suo matrimonio vide anche la sua conversione alla fede cristiana. Il fascino in lei esercitata dalla Chiesa cattolica fu tuttavia presto soffocato dalla violenta lotta anti-modernista, cui diede il via, quello stesso anno,  la gerarchia romana. Nel 1911, la pubblicazione del suo primo libro, Misticismo, le offrì l’opportunità di conoscere il barone Friedrich von Hugel, padre spirituale di un’intera generazione di anglicani, sotto la cui guida si pose e da cui comprese l’importanza della fedeltà alle proprie radici, nell’apertura tuttavia al dialogo e all’amicizia con le altre denominazioni cristiane. Da allora prese a organizzare la sua giornata, scrivendo  la mattina, e dedicando il pomeriggio alle visite ai poveri e alla direzione spirituale. Fu solo nel 1921 che si integrò pienamente nella comunione Anglicana. Nel 1922 raccolse in un libro le conferenze tenute al Manchester College di Oxford, con il titolo La vita dello Spirito e la vita di oggi. Nel 1924 cominciò a guidare ritiri spirituali, i cui contenuti saranno oggetto di successive pubblicazioni. Nel 1936, mentre si dedicava alla stesura di Adorazione crebbe il suo interesse per la Chiesa greco ortodossa, che la portò a integrarsi nell’Associazione dei Santi Albano e Sergio. Pacifista intransigente, raccolse le sue riflessioni su questo tema nell’opuscolo La Chiesa e la guerra (1940).  Donna di personalità vivace, con uno spiccato senso di humor e grande delicatezza, mostrava una certa timidezza e ritrosia, trattando con la gente e soprattutto con i suoi allievi, per la ripulsa, diceva “di comandare alle anime”. Tuttavia quanti si rivolsero a lei con fiducia trovarono chi seppe farli crescere, non al suo o al loro passo, ma a quello di Dio. Evelyn Underhill morì il 15 giugno 1941.

 

15 GERMAINE COUSIN.jpgGermaine Cousin nacque a Pribrac, non lontano da Tolosa nel 1579. Figlia di Lourent Cousin, un piccolo contadino, che nel 1573-74 era stato sindaco della cittadina,  Germaine rimase orfana di madre ancora bambina. Privata dell’uso della mano destra per una malformazione congenita e malata di scrofolosi, una malattia che le deturpava il volto, quando il padre si risposò, fu considerata dalla matrigna una presenza di cui ci si doveva vergognare e fu perciò mandata a pascolare il gregge, lontano dagli occhi di vicini e conoscenti. Tuttavia la ragazzina seppe superare il dolore del rifiuto e si mise nelle braccia del buon Dio. Apprese a pregare e ogni giorno, affidando alla custodia dei suoi angeli il gregge, se ne andava alla chiesa del paese per partecipare alla messa. Quello che apprendeva, poi, lo ripassava a modo suo, agli altri piccoli compagni di sventura come lei confinati alla guardia delle greggi. A essi, appena poteva, allungava anche qualche pagnotta che riusciva a rimediare di nascosto in casa. Basta, la sua vita fu tutta qui. La trovarono un giorno che era già morta, nel sottoscala della stalla, dove era confinata a dormire. Aveva solo ventidue anni. Quarant’anni dopo, quando la tomba della famiglia Cousin fu aperta, per seppellire un parente, trovarono il suo corpo ancora intatto.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera ai Corinzi, cap.6, 1-10; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap. 5, 38-42.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

A questo punto, anche se ci s’avrebbe qualcosa da aggiungere sulle notizie di qui, preferiamo, per il fatto di volervi bene, congedarci, offrendovi in lettura un brano tratto dal libro di Evelyn Underhill, “The Spiritual Life” (Morehouse Publishing), che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La vita di questo pianeta, e specialmente la vita umana, è una vita in cui si registra qualcosa di sbagliato, di molto sbagliato. Ogni volta che ci imbattiamo in un volto infelice, in un corpo malato, o ascoltiamo una parola amara o disperata, siamo richiamati a ciò. Gli occasionali sprazzi abbaglianti di pura bellezza, pura bontà, puro amore che ci mostrano ciò che Dio desidera e cosa Egli sia, mettono solo maggiormente in rilievo l’orrore della crudeltà, della bramosia, dell’oppressione, dell’odio, della bassezza; o anche solo la confusione e la stupidità che generano frustrazione e provocano sofferenza nella vita. A meno di indossare dei paraocchi, è difficile evitare di vedere tutto ciò; e salvo  essere completamente presi dalle nostre idee, e assorbiti dai nostri interessi, non possiamo certo fare a meno di sentire il senso di dovere, la vergogna dell’acquiescenza, il richiamo a fare qualcosa in questa situazione. Dire giorno per giorno “Venga il tuo Regno” – se queste parole tremende esprimono davvero una convinzione e un desiderio – non significa “Io spero proprio che un qualche giorno il Regno di Dio si instaurerà, e la pace e la benevolenza prevarranno. Ma al momento non vedo bene come ciò possa essere gestito né cosa io possa fare in proposito”. Al contrario, esso significa, o dovrebbe significare: “Eccomi! Manda me! – una collaborazione attiva e a caro prezzo con lo Spirito in cui crediamo. (Evelyn Underhill , The Spiritual Life).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 15 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-15T23:22:00+02:00da fraternidade
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