Giorno per giorno – 09 Giugno 2009

Carissimi,
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Mt 5, 13). Stamattina ci dicevamo che è bello questo paragone del sale. Che costa poco, ne basta poco, ed è comunque indispensabile per rendere saporito ogni piatto. Per i cristiani dovrebbe essere uguale: pochi dovrebbero bastare a rendere più gustosa, armoniosa e allegra ogni convivenza. Senza credersi migliori di nessuno (come il sale non è meglio degli altri alimenti), sapendo tuttavia che la loro presenza ha un senso: forse quello di far apprezzare a tutti la fantasia di Dio che ci ha creati così diversi, ciascuno a modo suo buono e indispensabile. Come, appunto, gli elementi di una ricetta. Se il cristiano esagera, va fuor di misura, vuole imporsi sugli altri, finisce per essere come il sale nella marmellata o nel caffè, che è anche peggio. Anche il paragone della luce è bello: perché, come dice Valdecí, è la luce che permette di vedere il volto degli altri, e cosa ci succede intorno, chi è allegro o triste, chi ha bisogno di una mano, o come ci si possa industriare. Come vivere bene, insomma, perché il buio è un po’ come la morte. Il cristiano, dunque è chiamato a fare la sua parte. Né più, né meno. L’importante è che sappia quale sia, la sua parte. “Ci impegniamo noi e non gli altri, / unicamente noi e non gli altri, / né chi sta in alto né chi sta in basso, / né chi crede né chi non crede. / Ci impegniamo senza pretendere che altri si impegnino, / con noi o per suo conto, come noi o in altro modo. / Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, / senza accusare chi non s’impegna, / senza condannare chi non s’impegna, / senza disimpegnarci perché altri non s’impegna. / Ci impegniamo perché non potremmo non impegnarci. / C’è qualcuno o qualche cosa in noi, / un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia, più forte di noi stessi. / Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, / a questa vita, alla nostra vita, / una ragione che non sia una delle tante ragioni / che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore. / Si vive una volta sola e non vogliamo essere “giocati”, / in nome di nessun piccolo interesse.” Lo scriveva don Mazzolari.

Due sono le memorie di oggi: quella di Efrem di Nisibi, diacono, poeta e innografo, e quella di José de Anchieta, “il più piccolo della Compagnia di Gesù” (secondo la sua stessa definizione).

08_efrem siro.jpgEfrem nacque a Nisibi in Mesopotamia (oggi Nusay-bin in Turchia, al confine con la Siria), verso il 306 e, diciottenne, ricevette il battesimo dal vescovo di quella città, Giacomo, che divenne sua guida spirituale ed amico. Al pari di altri asceti di quella regione, Efrem rinunciò al matrimonio e scelse di vivere in solitudine, dedicandosi allo studio delle Scritture e alla preghiera, e ponendo la sua vita al servizio della chiesa e dei poveri. Quando nel 363 la città cadde in mano persiana, Efrem, che nel frattempo era stato ordinato diacono, si stabilì a Edessa, dove gli fu affidata la direzione della cosiddetta “scuola dei persiani”, in cui si insegnava a leggere e a commentare la Sacra Scrittura. Dall’assidua frequentazione dei testi sacri, trasse, con l’aiuto dell’estro poetico di cui era assai dotato, molte liriche e inni, che si diffusero ben presto in tutto l’Oriente. Nel 372, una grande carestia si abbattè sulla città di Edessa, e Efrem ricevette l’incarico di organizzare i soccorsi. Morì il 9 giugno dell’anno successivo. Benedetto XV lo dichiarò dottore della Chiesa nel 1920.

09 JOSÉ ANCHIETA.jpgJosé era nato il 19 marzo 1533 a San Cristobal de la Laguna, nell’isola di Tenerife, arcipelago delle Canarie, da dona Mência Dias de Clavijo Llerena (di famiglia ebrea convertita) e da João Lopez de Anchieta, un esule basco che, dopo una ribellione, si era visto commutata la pena di morte in quella dell’esilio, grazie all’intervento di un capitano suo amico, tal Ignazio di Lojola. Di cui in seguito si sarebbe sentito parlare in altra veste. Ricevuti la prima istruzione nella città natale e mandato, quattordicenne, a Coimbra, in Portogallo, per portare a termine i suoi studi, José maturò lì la sua vocazione religiosa. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1551, fece la sua professione religiosa due anni più tardi e subito dopo fu inviato con altri compagni come missionario in Brasile. Sbarcati a Bahia l’8 luglio 1553, i missionari si spostarono in direzione dell’altipiano. Giunti nei pressi di un villaggio indigeno, nella regione di Piratininga, costruirono la loro prima casa, “una casupola poverissima e strettissima”, che vollero dedicare a san Paolo, dato che era il 25 gennaio [1554], festa della Conversione dell’Apostolo. Fu da quella baracca che negli anni successivi si sarebbe sviluppata quella che oggi è la megalopoli paulista. Ordinato sacerdote nel 1566, il nostro gesuita, che continuerà a firmarsi sempre e soltanto col nome, per timore forse che si scoprissero le sue ascendenze ebree (erano tempi in cui l’Inquisizione perseguitava gli ebrei convertiti, diffidando della sincerità della loro conversione), si distinse per entusiasmo apostolico e per saggezza, nonché per capacità di governo, quando, un decennio più tardi, fu chiamato alla guida della Provincia gesuita del Brasile. Di fronte alla brutalità e all’ignoranza crassa dei colonizzatori, seppe prendere le difese degli indios, studiando le possibilità e percorrendo i cammini di quella acculturazione pacifica che, nei parametri culturali e religiosi dell’epoca, era intesa come unica via alla promozione umana, sociale e morale di quelle popolazioni. Compose in lingua indigena il primo catechismo, dopo averne scritta anche la prima grammatica. Morì il 9 giugno 1597 a Reritiba, chiamata poi Anchieta in suo onore.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera ai Corinzi, cap.1, 18-22; Salmo 119, 129-135; Vangelo di Matteo, cap.5, 13-16.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

I risultati delle elezioni. “Abbiamo vinto” ci scrive il nostro amico Ambrogio, che ci porta risultati davvero allettanti: Lista di Centrosinistra 57,4%, Centrodestra 46,6%. Noi, se non si fosse brasiliani, prenderemmo la nazionalità di Verderio, in quel di Lecco. Sul resto è meglio tacere. E comunque, se vi può consolare, solo il 45% degli italiani che si sono espressi (il 67%) risulta appoggiare il governo dell’ineffabile. Forse è una buon dato per cominciare a lavorarci sopra. Incurabili ottimisti che abbiamo imparato ad essere! Bene, e dato che si è parlato di luce, ecco un testo di Efrem di Nisibi, che ne parla come sa lui. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Fa’ risplendere, o Signore, il lume del tuo sapere e caccia le tenebre della nostra mente, perché ne sia illuminata e ti serva con rinnovata purezza. Il sorgere del sole dà principio all’attività dei mortali; fa’, Signore, che perduri nelle nostre menti un giorno che non conosca fine. Concedi di scorgere in noi la vita della risurrezione, e nulla distolga il nostro spirito dalle tue gioie. Imprimi in noi, o Signore, il segno di questo giorno che non trae inizio dal sole, infondendoci una costante ricerca di te. Ogni giorno ti accogliamo nei tuoi sacramenti e ti riceviamo nel nostro corpo; facci degni di sperimentare nella nostra persona la risurrezione che speriamo. Con la grazia del Battesimo abbiamo nascosto nel nostro corpo il tuo tesoro, quel tesoro che si accresce alla mensa dei tuoi sacramenti; dacci di gioire nella tua grazia. Noi possediamo in noi stessi, perché lo attingiamo alla tua mensa spirituale, il tuo memoriale; fa’ che lo possediamo pienamente nella rinascita eterna. Quanto sia grande la nostra bellezza, ce lo faccia comprendere quella bellezza spirituale che, pur nella nostra condizione di mortali, la tua volontà immortale suscita. La tua crocifissione, nostro Salvatore, pose fine alla vita dei corpo; concedici di crocifiggere spiritualmente la nostra anima. La tua risurrezione, o Gesù, faccia crescere in noi l’uomo spirituale; il contatto con i tuoi misteri sia per noi come uno specchio che ce lo fa conoscere. La tua economia divina, Salvatore nostro, è simbolo del mondo spirituale; concedici di percorrerlo come uomini spirituali. Non privare, Signore, la nostra mente della tua rivelazione spirituale, e non sottrarre alle nostre membra il calore della tua dolcezza. La natura mortale del nostro corpo ci conduce alla morte; riversa su di noi il tuo amore spirituale e purifica il nostro cuore dalle conseguenze della nostra condizione mortale. Dacci, o Signore, di affrettarci verso la nostra città e – come Mosè sul Sinai – fa’ che la possediamo attraverso la tua manifestazione. (Sant’Efrem, diacono, Sermo 3, De fine et admonitione).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-09T23:11:00+02:00da fraternidade
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