Giorno per giorno – 07 Giugno 2009

Carissimi,
La nube oscura dell’inconoscibile / è la tua casa sul monte da sempre: / rivelazione è togliere il velo / ma per scoprirti ancora più fondo. // Questo sappiamo: che tu ci hai creato / e più continui a creare nel dramma / di rivelarti, di farti conoscere: / amore, bene che deve espandersi. // Solo tuo Figlio ti ha rivelato / nel farsi scandalo, schiavo dell’uomo: d’allora sei dentro gli occhi dei bimbi, / della corolla dei fiori la gemma. // Un Dio che sa di qual polvere siamo, / un figlio fattosi nostro fratello, / che della vita ci dona lo Spirito / per far dell’uomo il suo santuario. // Ora vorremmo con tutta la terra / che più si dona alla luce dell’alba / più si sprigiona e fiorisce la vita; / nell’abbandono soltanto cantare.” È come David Maria Turoldo cantava la Trinità nella sua Liturgia dei giorni. Padre, Figlio e Spirito Santo. Con questa che sembra una formuletta che i cristiani si sono abituati a ripetere meccanicamente, Gesù, dribblando generazioni di filosofi, teologi, intellettuali, ha voluto rivelare il Mistero irraggiungibile, attraverso un’esperienza accessibile a tutti, a cominciare dai più piccoli: quella della relazione d’amore tra padre/madre e figlio. E tutto questo era così bello, affascinante e semplice, ma, perciò, anche così inverosimile, inimmaginbile e inspiegabile, che i suoi, quegli undici scalcinati superstiti della brutta avventura del Golgota, continuarono a dubitare sino alla fine (Mt 28, 17). E noi con loro. È per questo che noi, chiesa del dubbio, non sappiamo esprimere la cura tenera e gelosa che Dio riserva da sempre ai suoi cuccioli. E diventiamo qualche volta chiesa arrogante e arcigna, severa custode di una legge incapace di salvare e liberare. Alleata di poteri piuttosto sospetti, che ci sembrano però più concretamente affidabili di quell’Amore disarmato che è solo capace di darsi in dono. E vorrebbe noi uguali a Lui.

SANTISSIMA_TRINDADE.JPGOggi, prima domenica del Tempo Comune, dopo i cinquanta giorni della Festa di Pasqua, è la Solennità della Santissima Trinità, la migliore comunità in assoluto. Su cui si dovrebbero modellare tutte le nostre. E invece.

I testi che la liturgia di questa Domenica propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Deuteronomio, cap.4,32-34.39-40; Salmo 33; Lettera ai Romani, cap.8, 14-17; Vangelo di Matteo, cap.28, 16-20.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Matt Talbot, il santo [ex]-bevitore.

07 M TALBOT.jpgNato il 2 maggio 1856, a Dublino (Irlanda), secondo dei dodici figli di Charles e Elisabeth Talbot, Matt aveva trascorso la sua infanzia nella totale mancanza di sicurezza e di stabilità. Mai aveva frequentato regolarmente una scuola. A dodici anni trovò lavoro in un deposito di imbottigliamento di vino e fu qui che cominciò a bere smodatamente. Una sera, all’età di vent’otto anni, per strada s’imbatté in un prete, pensò tra sé: forse è il momento di smettere, almeno per un po’. Si confessò e promise di non bere per tre mesi. Molte volte sentì che non sarebbe riuscito a mantenere quella promessa, eppure dopo un anno rinnovò l’impegno di non bere mai più neppure una goccia di alcool. E furono 41 anni. Con l´aiuto del suo amico prete, modellò la sua vita su quella dei monaci irlandesi del VI e VII secolo: un rigoroso programma di lavoro manuale, preghiera (con al centro l’eucaristia), digiuno e carità. Distribuiva la maggior parte del suo salario ai poveri e, nello stesso tempo, era profondamente consapevole delle giuste lotte e rivendicazioni dei suoi compagni di lavoro. A questi e ai suoi vicini presentò sempre l’immagine amichevole di un uomo sorridente, realizzato e felice. Matt Talbot morì d’infarto il 7 giugno 1925. Dopo la morte, la sua fama di santità si diffuse rapidamente. Paolo VI lo dichiarò venerabile nel 1975.

Le prime proiezioni del voto europeo non sembrano davvero entusiasmanti. Sarebbe interessante riuscire a decifrare il voto di quanti, nel Vecchio Continente, continuano a dirsi cristiani. Stasera il Pr. Raimundo, durante il culto, raccontava l’aneddoto di quel parroco che, giunto davanti al Supremo Giudice, quando questi gli chiede conto delle pecorelle del suo gregge, risponde: Quali pecorelle, Signore? Era un branco di lupi assatanati! Il che non ha ovviamente nulla a che vedere. Oppure sì, vallo a sapere! In attesa di chiarirci le idee, noi ci congediamo, lasciandovi a un testo di Giovanni Taulero, tratto dal suo 4° Discorso sulla Pentecoste. Che è, per oggi, il nostro

PENSiERO DEL GIORNO
Qual è l’ovile di cui Cristo dice d’essere la porta? Questo ovile è il cuore del Padre, che prima era chiuso per tutti. Cristo ne è l’amabile porta, egli ce l’ha spalancata e ci ha fatto entrare nel cuore tenerissimo del Padre. In questo ovile sono riuniti tutti i santi. Il pastore è il Verbo eterno; la porta è l’umanità di Cristo; le pecore di quest’ovile sono i beati, oltre agli spiriti celesti. Il Verbo eterno, il vero è buon pastore di questo amabile ovile, ne ha aperto l’ingresso a ogni creatura ragionevole, come si è detto. Ma il custode di questa casa è lo Spirito Santo. È lui che rivela le verità divine. Come ad ogni istante egli stimoli inclini spinga incalzi il cuore umano, ne hanno una vera esperienza coloro che scendono nel fondo dei proprio cuore. Quanto però nessuno può esprimere, anzi neppure può concepire, sono la dolcezza e l’amore con cui il Figlio eterno di Dio ci apre la porta del cuore del Padre; indicibile è la tenerezza con cui egli scopre senza fine i tesori nascosti di questo santuario impenetrabile, le infinite ricchezze della dimora divina; impareggiabili sono la prontezza, la gioia, l’urgenza con cui egli viene, ad ogni istante; anzi precede l’uomo, per spingerlo amabilmente a entrare. Questa sorprendente condiscendenza, questo prodigioso affetto di Dio che lo dispongono in ogni ora e in ogni momento a riceverci con tanta affabilità e con simile grazia, senza badare a quello che fummo, al vizi e ai peccati di cui siamo responsabili, per fissare solo e sempre in fondo al nostro cuore il desiderio di quel che vorremmo essere: questa inconcepibile benevolenza di Dio ripeto dovrebbe infiammarci e premere il nostro cuore a rispondere all’amore con l’amore, per seguire Cristo e aderire a lui con tutte le nostre forze. (Giovanni Taulero, Pour la Pentecóte, 4e sermon).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-07T23:27:00+02:00da fraternidade
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