Giorno per giorno – 31 Maggio 2009

Carissimi,
“Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. [Poi] alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20, 19-20). Pasqua finisce oggi così come è cominciata. E, infatti, il Vangelo che, almeno qui da noi, ascoltiamo a Pentecoste è lo stesso di cinquanta giorni fa. Gesù entra, si mette in mezzo ai discepoli, che se ne stanno nascosti per paura degli altri, dà loro il saluto della pace, gli mostra le cicatrici della sua morte violenta, soffia su di loro il suo Spirito e li invia ad annunciare la Buona Notizia dell’amore e della riconciliazione. Ciò che, dopo quella prima esperienza, accadde propriamente nella festa di Pentecoste è raccontato nel libro degli Atti degli Apostoli (At 2, 1-11) e consiste nel fatto che quel “soffio” del Maestro si trasformò in una sorta di vento impetuoso e in lingue di fuoco che, ripartendosi, si posarono su ciascuno dei discepoli e li spinsero nelle strade ad annunciare i prodigi operati da Dio. Ieri pomeriggio, con gli amici di Fé e Luz, ci dicevamo che questa dovrebbe essere anche la nostra storia ed esperienza di chiesa e di comunità. Noi dovremmo/potremmo vedere Lui, ogni volta di nuovo, presente in mezzo a noi, mentre mostra le sue “cicatrici” e ci dice: Sono vivo! Chi poi sia Gesù per noi, dovremmo averlo ormai imparato. Ieri, per esempio, aveva il nome di Valter, Maria José, Cláudio, José, Carmo, Maura, Olímpia, Divina, Aparecida, Cássio, Odaí, Rafael, Divino, Hilma, Fabrícia, Adriana, Divininha, Jesuína, Maria Joana, Hernando, e poi, ancora, Marta, Maria Clara, Ivonete, Inês, Jean Lucas e così via. O, anche, per dargli un nome solo che li riassume tutti: Figlio amato, Figlia amata. Ovunque è possibile fare esperienza dell’incontro con il Crocifisso risorto che ci fa chiesa. È quando lasciamo che la vita reale e le ferite del mondo penetrino attraverso le mura spesse dei nostri templi (o anche solo del personalissimo tempio del nostro Io), spezzando l’isolamento (qualche volta apparentemente splendido, ma in realtà sempre squallido) in cui ci rifugiamo, travestendo le nostre paure di riti (sacri o profani, poco importa) e chiudendo gli occhi sui poveri che ci sono specchio. È Lui, allora, che assunta ogni povertà e ogni ferita (persino le nostre, nascoste), si presenta a noi, offrendoci il suo perdono, proponendoci la pace, facendo di noi il suo rifugio, la sua tenda. Ora, la domanda che potremmo farci è: noi crediamo davvero che il Crocifisso (meglio sarebbe dire, i Crocifissi, è vivo (sono vivi) in mezzo a noi? O preferiamo che siano vivi soltanto per pochi intimi, i loro famigliari, i loro amici per davvero, mentre noi li lasciamo come sepolti nella tombe in cui la società così spesso li rinchiude? Siamo davvero capaci di aprirci all’annuncio che i nostri amici e amiche ci portano? Guarda le mie cicatrici, nonostante la malvagità del mondo di cui reco le tracce, sono vivo! Se tu mi ascolterai, ti prenderai cura di me, consacrerai il tuo tempo a me, il minore e così apparentemente insignificante nel contesto umano, tu arriverai a capire cosa significhi regno di Dio, diventerai capace di testimoniarlo e, poco a poco, di cambiare la storia del mondo. Certo, questo esige che noi si dedichi tempo a questi nostri amici e amiche, per imparare da loro (e dai loro genitori, famigliari, amici, che tanta sapienza hanno acquisito nel tempo) le “lingue” che ci dicono le meraviglie che Dio ha operato e continua ad operare nella loro vita e, solo a volerlo, anche nella nostra. Che lo spirito del Crocifisso risorto (e dei crocifissi risorti) scenda anche su di noi, ci converta, allontani da noi ogni timore, sospetto, timidezza, pigrizia, comodismo, conformismo, perché sia Pasqua nella vita nostra e dei nostri fratelli e sorelle. Ogni giorno.

PENTECOSTES.JPGI testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 1-11; Salmo 104; 1ªLettera ai Corinzi, cap.12, 3-7. 12-13; Vangelo di Giovanni, cap.20, 19-23.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

31 VISITAÇÃO.jpgOggi, non fosse per la Solennità della Pentecoste, che è a carattere mobile, celebreremmo la Festa di Maria, messaggera solidale e sovversiva dell’Evangelo del Regno. Dal giorno del suo incontro con Elisabetta, Maria di Nazareth non ha mai smesso di cantare i suoi versi di speranza e di lotta, che deve avere insegnato a Gesù e, più tardi, agli amici e amiche di Lui, perché, a tempo debito, ne facessero il manifesto della sua chiesa: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 46-53). Che, poi, è lo stesso annuncio della Pentecoste.

E, per tornare a questa nostra festa e chiudere con essa, noi vi proponiamo, congedandoci, una citazione del Card. Carlo Maria Martini, tratta dalla sua Lettera Pastorale dell’anno 1997-1998, che ha come titolo “Tre racconti dello Spirito”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il Signore Gesù è vivo e presente in tutte le più diverse situazioni del tempo e dello spazio mediante lo Spirito santo: riempito di Spirito nell’atto del suo risuscitamento dai morti (cf Rm 1,4), il Risorto dona lo Spirito a ogni carne e si presenta vivo e vivificante nello stesso Spirito a tutte le generazioni degli uomini. L’abisso dei secoli che ci separa dalla storia del Figlio nella carne è scavalcato grazie all’azione del Consolatore: nello Spirito Gesù prende possesso oggi dei cuori che si aprono a Lui sia nell’ascolto della Parola e nella partecipazione ai sacramenti, sia più in generale nell’accettazione del mistero della vita e della morte e nell’esperienza della carità, della solidarietà e della giustizia. Lo Spirito santo è la memoria potente di Cristo, il Signore che dà la vita perché rende presente qui ed ora il Vivente al di là di tutte le barriere sociali, razziali, culturali, religiose. […] Occorre riconoscere lo Spirito, che soffia dove vuole, dovunque egli soffi, senza rigidezze e sclerotizzazioni, senza pregiudizi e forzature, senza chiusure ed indebite assolutizzazioni della propria appartenenza, anche dell’appartenenza al corpo visibile della Chiesa cattolica: “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17). Lo Spirito c’è, opera dappertutto, c’è e opera prima di noi, meglio di noi, più di noi. Una delle tentazioni più sottili e perfide del Maligno è quella di farci dimenticare la presenza dello Spirito, di farci cadere nella tristezza come se Dio ci avesse abbandonato in un mondo cattivo, con il quale lottiamo ad armi impari, perché l’indifferenza, l’egoismo e la dimenticanza di Dio hanno a poco a poco il sopravvento. È questo un grave peccato “contro lo Spirito santo” (cf Mt 12,31s), che nega in pratica la sua forza e la sua capacità pervasiva, la sua penetrazione come vento e come soffio in tutti i meandri della storia. Al contrario, la fiducia nel Signore che “ha un popolo numeroso in questa città” (At 18,10) promuove un discernimento realistico sulle condizioni positive e negative della fede nel nostro mondo, senza indulgere né a vuoti ottimismi né a sterili pessimismi. Lo Spirito santo fa intravvedere quella rete di relazioni di amore che lui sta formando nel mondo e che è riflesso di quella rete di relazioni di amore che è la Trinità santa. (Carlo M. Martini, Tre racconti dello Spirito, Lettera Pastorale 1997-98).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Maggio 2009ultima modifica: 2009-05-31T23:47:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo