Giorno per giorno – 09 Aprile 2009

Carissimi,
“Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13, 12-15). Forse sarebbe interessante cercare di investigare perché Giovanni abbia ritenuto opportuno riprendere, da una delle sue fonti, il racconto della lavanda dei piedi (Gv 13, 1-15), in un tempo in cui il memoriale della Cena del Signore già doveva essere pratica corrente (siamo a 60-70 anni dalla morte di Gesù). Azzardiamo che sia stato proprio per questo. Forse, la Cena-memoriale si stava trasformando in qualcosa di slegato dalla vita, stava diventando gesto sacro, confinato in uno spazio sacro, in un tempo sacro. Sarebbe allora come se Giovanni – che pure è il più mistico degli evangelisti – ci dicesse: torniamo con i piedi per terra; essere cristiani significa lavare i piedi al mondo. Il che comporta che “gli altri” siano più importanti di noi, cioè della chiesa, sempre che crediamo che essa sia per davvero sacramento del Regno, cioè delle relazioni nuove che noi (con Dio) vogliamo che si instaurino. Allora, sembra dire Giovanni, cominciamo col lavare i piedi. Perché è a partire da qui che iniziamo a capire cosa significa divenire alimento per gli altri, dare la vita. Dare la vita è perdere la propria vita, giorno per giorno. Niente di autorealizzazione, affermazione personale, desiderio di successo, complesso di superiorità, volontà di competizione. Con una certa dose di umorismo, durante il ritiro che abbiamo tenuto oggi pomeriggio, ci si diceva che le vocazioni sacerdotali diminuirebbero ancora di più se la proposta fosse, invece che celebrare la messa tutte le domeniche, quella di lavare i piedi ai mendicanti che vivono nei dintorni delle nostre chiese. Ora, Pietro sapeva bene, anche se Gesù, discreto com’è, finge di non accorgersene e gli dice: “Tu adesso non capisci”, Pietro sapeva bene cosa il Maestro stava chiedendo. Da lì in avanti, avrebbe dovuto e potuto soltanto lavare i piedi, buttare via la vita, perché gli altri “sono più importanti di me”. Così è Gesù. Così è Dio. Se crediamo che Gesù è la rivelazione del Padre. Diversamente, è una barzelletta. Pietro (come del resto, Giuda, lo dicevamo già nei giorni scorsi) sono figura della chiesa, immagine di noi. Accadono nella nostra vita, quando pensiamo che Gesù, i suoi atteggiamenti, la sua maniera d’essere, sono troppo pesanti per noi e ci viene da dire: “Non lo conosco”, cioè, non lo riconosco come verità di Dio e, meno ancora, della mia vita. E decidiamo di consegnarlo, di scaricarlo, d’accordo con i poteri del mondo, per eliminarlo dalla nostra storia.

QUINTA_FEIRA_SANTA.jpgLa Pasqua della Cena del Signore, che nell’intenzione di Gesù, è l’anticipazione simbolica del significato della sua morte, ci ricorda oggi tutto questo e molto altro ancora.

I testi che la liturgia di questa Solennità propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.12,1-8.11-14; Salmo 116B; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.11, 23-26; Vangelo di Giovanni, cap.13, 1-15.

La preghiera del Giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Il 15 di Nissan (che cade oggi) segna il primo degli otto giorni di Pesach, la Pasqua ebraica. Sappiamo il significato specifico che questa festa riveste per i nostri fratelli ebrei, ma siamo anche convinti che il suo simbolismo si offre alla comprensione e all’esperienza universale. La vocazione e il continuo effettivo passaggio alla libertà, intrinseci alla condizione umana, si può dare solo nella costante rimemorazione di ciò che ha significato e significa, nella vita di ogni popolo, l’esperienza della sua perdita e il peso dell’oppressione che ne consegue. La Pasqua, nel ricordarci l’amarezza di ogni schiavitù – personale e sociale – ci impegna in prima persona a rifiutarci a una storia basata sul privilegio di alcuni e l’esclusione di altri, per porre le condizioni e cominciare a creare un mondo guidato dall’accoglienza e dall’apertura del cuore.

Il nostro calendario ecumenico ci porta anche la memoria di Dietrich Bonhoeffer, pastore, teologo e martire nella Germania nazista.

09 bonhoeffer.jpgDietrich Bonhoeffer era nato a Breslavia il 4 febbraio 1906, sesto di otto figli di Karl Bonhoeffer e Paula von Hase. Nel 1912 la famiglia si trasferì a Berlino, dove il padre occupò una delle più importanti cattedre tedesche di psichiatria e neurologia. A 17 anni, il giovane Dietrich iniziò a Tubinga gli studi di teologia, conseguendo nel 1927 il dottorato. Quando i parenti, critici per la sua decisione di diventare pastore, gli fecero presente che la chiesa era ormai debole e fallimentare, egli rispose: “Se la chiesa è realmente ciò che voi dite, allora dovrò darmi da fare per riformarla”. A partire dal 1 agosto 1931 fu libero docente alla Facoltà di Teologia di Berlino. Venne ordinato pastore l’11 novembre dello stesso anno. Dopo l’ascesa al potere di Hitler, nel 1933, alternò periodi in Inghilterra, in patria e negli Stati Uniti, dove nel 1939 arrivò a progettare di stabilirsi. Era mosso a questo dall’oggettiva impossibilità di lavorare in Germania, a causa dei provvedimenti di polizia che l’avevano colpito, per il suo impegno nella Chiesa confessante, caposaldo della resistenza protestante al nazismo. Ma, bastarono poche settimane a fargli cambiare idea. Ritornato in patria, prese contatto con altri ambienti contrari al regime, impegnandosi in operazioni di salvataggio di gruppi di ebrei e contribuendo a tessere le fila dell’opposizione al regime. Finché, il 5 aprile 1943 venne arrestato e internato nel carcere militare di Tegel. Da lì, in ottobre, passò nel carcere della Gestapo in Prinz-Albrecht-Strasse; nel febbraio del 1945, al campo di concentramento di Buchenwald, poi, all’inizio di aprile, in sequenza ravvicinata, a Regensburg, Schönberg, e infine a Flossenbürg, dove la corte marziale, riunitasi nella notte dell’8 aprile, lo condannò a morte assieme all’ammiraglio Canaris, al generale Oster, al giudice militare Sack, al capitano Ludwig Gehre ed all’avvocato Theodor Strunck. Furono tutti impiccati la mattina del 9 aprile 1945.

Giorno per giorno” ha visto la luce giusto sette anni fa, anche se per cominciare a gattonare, come di prammatica, è dovuto trascorrere un po’ di tempo. Beh, chi ancora ci legge, ci porti ben dentro nella sua preghiera, perche si riesca a non fare danni. Noi ci lasciamo qui, con il brano di una predica di Dietrich Bonhoeffer, del 24 luglio 1932, che troviamo nella sua raccolta antologica, pubblicata col titolo “Memoria e fedeltà” (Edizioni Qiqajon). È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ed ecco, accade qualcosa su cui noi non abbiamo più alcun potere: ora accade la verità. Essa si presenta a noi in forma strana: non in raggiante, inaccessibile magnificenza, non come luminosa e toccante chiarezza, bensì come verità crocifissa, come il Cristo crocifisso. E la verità ci parla, ci chiede: “Chi mi ha crocifisso?”, e al tempo stesso risponde: “Guarda, sei tu che hai fatto questo. Tu hai odiato la verità di Dio su di te, tu l’hai crocifissa e hai stabilito la tua propria verità. Hai creduto di conoscere la verità, di possederla, di poter rendere felici gli uomini con la tua verità, e hai finito per farti dio. Hai rubato a Dio la sua verità e, lontano da Dio, essa è divenuta menzogna. Hai creduto di poter fabbricare, creare, annunciare la verità; ma in tal modo hai avuto la presunzione di essere dio, ed eccoti nel fallimento. Hai crocifisso la verità”. E se questo dovesse essere per noi ancora un parlare per enigmi, ecco che la verità ci parla ancor più chiaramente: “Tu vivi come se ci fossi solo tu al mondo. Tu trovi in te la fonte della verità, che è in Dio solamente, e di conseguenza odi gli altri uomini, che dal canto loro fanno lo stesso. Tu ti senti il centro del mondo e proprio questa è la menzogna. Tu vedi il fratello e il mondo come fossero il regno della tua signoria, e non vedi che voi tutti, tu e loro, vivete della verità di Dio. Ti sei escluso dalla comunione con Dio e con i fratelli, e credi di poter vivere da solo. Tu odi Dio e il fratello perché contraddicono la tua verità. Ecco la menzogna, per questo non sei altro che un menzognero. Il tuo voler essere per te solo, il tuo odio, questa è la menzogna. Perciò tu hai crocifisso la verità di Dio. Tu credi di esser diventato libero, quando ti sei staccato e hai odiato la verità, ma ti sei fatto schiavo. Schiavo del tuo odio, schiavo della tua menzogna. La via che conduce alla verità e alla libertà ti è preclusa: è una via che porta solo alla croce, alla morte”. (Dietrich Bonhoeffer, Memoria e fedeltà).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-09T23:09:00+02:00da fraternidade
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