Giorno per giorno – 01 Aprile 2009

Carissimi,
Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32). E fin qui tutto bene. Ciò che invece non quadra agli esegeti (e su cui anche noi, tutto sommato, sorvoleremmo volontieri) è quanto Gesù va ripetendo nelle righe successive: voi cercate di uccidermi (v.37. 40). Detto a chi ha creduto (crede) in Lui. Cioè anche a noi. Ora, gli studiosi potranno trovare tutte le scappatoie possibili, per giustificare quella che sembra un’evidente anomalia o un paradosso (che siano cioè quelli che credono in Gesù coloro che vogliono ucciderlo), e difatti, dicono che dev’essere un’aggiunta del redattore finale, o l’errore di un copista distratto, o chissà cos’altro. Ma il fatto è che la frase sta lì e nessuno in tutti questi secoli ha osato cancellarla. Forse, perché potessimo sorprenderci e sentirci un po’ a disagio nello scoprire che tutti, dal papa all’ultimo cristiano, a un certo punto, chissà come e perché (o forse lo sappiamo bene!) possiamo decidere di voler uccidere Gesù. Cioè, di eliminare il significato di Dio dalla nostra vita, dalla nostra chiesa, dalla nostra comunità, dalla nostra famiglia. Perché Gesù, la sua vita, il suo modo di agire, e, più di tutto la sua morte, confessiamolo, è una verità terribilmente scomoda. Facile magari per farci su un filmaccio o una sacra rappresentazione, accettabile, se proprio si vuole, per elaborare una dottrina da ripetere a memoria e imporre possibilmente agli altri, ma da assumere come verità della nostra vita, Dio ci guardi e liberi! Perché, quel significato, è niente meno che perdersi, morire, dannarsi perché l’altro, anche uno solo, piccolo, miserabile, insignificante, viva.

Il calendario ci porta oggi la memoria di un frate che ha appreso bene la lezione: il domenicano Giuseppe Girotti, martire del totalitarismo nazista a Dachau.

01 GIUSEPPE GIROTTI.jpgGiuseppe Girotti era nato ad Alba (Cuneo) il 19 luglio 1905, da una famiglia umile e laboriosa. Giovanissimo, entrò nel seminario domenicano di Chieri (TO) e il 3 agosto 1930 fu ordinato sacerdote. Laureatosi in teologia, a Torino, l’anno successivo, si specializzò all’Ecole Biblique di Gerusalemme. Tornato in patria, insegnò Sacra Scrittura, dedicandosi nel contempo a pubblicare commenti esegetici. L’impegno culturale non gli impedì tuttavia di esercitare il ministero sacerdotale tra i poveri né ridusse il suo orizzonte al chiuso della sua stanzetta. Al contrario, la sua attenzione alla problematica sociale e il suo sguardo critico e severo sulla realtà politica di quegli anni, ne determinò la sospensione dall’insegnamento, il trasferimento e la sorveglianza da parte dell’apparato di sicurezza del regime fascista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, egli si prodigò per nascondere e salvare la vita agli ebrei perseguitati. Per questa sua attuazione, il 29 agosto 1944 fu catturato e deportato in Germania nel campo di concentramento di Dachau. Sopportò con pazienza e mansuetudine gli stenti e le violenze che caratterizzavano la vita quotidiana nel campo, dedicando le sue forze residue a confortare gli altri deportati. Fino alla morte, avvenuta il 1º aprile 1945. Il 14 febbraio 1995 è stato riconosciuto “giusto tra le nazioni”, il riconoscimento dato a dallo Stato israeliano a quanti si sono adoperati durante l’Olocausto per la salvezza degli ebrei.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.3, 14-20. 91-92. 95; Salmo (Dn 3, 52-56; Vangelo di Giovanni, cap.8, 31-42.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Il nostro amico Pedrinho si è preso proprio la dengue, come da subito hanno sospettato in ospedale, al momento del ricovero. Ora ci sarà bisogno di qualche giorno per superare progressivamente i dolori e lo stato di prostrazione che la febbre determina. Dominga, la madre di Daniela, ritirerà domani l’esito della mammografia che si è resa necessaria per la comparsa di alcuni noduli. Vediamo di sovraccaricarli con l’energia buona della nostra preghiera.

Per stasera, è tutto. Sul tema dei “giusti tra le nazioni”, e sulla pratica della giustizia in ogni tempo e luogo, abbiamo trovato in rete una conferenza tenuta alla Casa della Cultura di Milano, il 23 Aprile 2002, dal filosofo Salvatore Natoli, di cui, nel congedarci, vi proponiamo le conclusioni come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Più che combattere perchè la giustizia regni nel mondo bisogna rendere giustizia al proprio prossimo, ecco la nozione ebraica di prossimo, perchè se noi rendiamo giustizia al prossimo, forse la giustizia nel mondo, se è il caso, verrà. Ma se noi combattiamo perchè la giustizia regni nel mondo, fondamentalmente noi combattiamo per una astrazione che molto spesso può autorizzarci in errore […] L’ingiustizia maggiore, più discussa, non è una ingiustizia di atti ma è un’ingiustizia di omissioni. Il tragico che è successo in Europa germina nella ingiustizia di omissione. Sottovalutare, non è mai troppo grave, lo sputo è uno scherzo, l’insulto è ironia, tutto viene assorbito, normalizzato e poi anche l’orrore diventa normale, l’omissione è la convivenza impersonale con il male, ecco il male “banale” di cui parla la Arendt. Noi probabilmente nel novecento siamo stati spettatori più di una ingiustizia di omissione che di una ingiustizia di azione. Pochi hanno operato, molti hanno subito, alcuni hanno reagito. Noi abbiamo delle persone note, dei giusti per cui si pianta l’albero, gli autori di una azione, ma forse tante persone anonime di cui noi non conosciamo il nome e che non verranno mai fuori, hanno protetto nella loro cantina, nella loro casa, come emerge da tanti racconti. Ci sono tanti giusti nascosti che noi non conosciamo e nel momento in cui celebriamo come morale paradigmatica, come personalità esemplare il giusto visibile, io penso che nel ricordo dobbiamo ancora di più ricordare i giusti nascosti che non conosceremo mai e che forse hanno salvato il mondo più degli stessi giusti che noi questa sera ricordiamo. (Salvatore Natoli, Intervento alla Casa della Cultura, 23 aprile 2002).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Aprile 2009ultima modifica: 2009-04-01T23:52:00+02:00da fraternidade
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