Giorno per giorno – 20 Febbraio 2009

Carissimi,
“Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8, 34-35). Aveva chiamato a sé la folla e i discepoli, perché fosse chiaro a tutti a cosa si impegnava chi decidesse di seguirlo. No, non era venuto a insegnare una nuova religione, un nuovo credo, nuovi precetti, nuovi riti. Di religione, a rigore, bastava quella che c’era. Additava un cammino, il suo. Aspro e difficile. Per quanti ci stanno. Un cammino che dura tutta la vita, che ci snida dalla tendenza a rinchiuderci in noi stessi, prigionieri, volta a volta, del nostro comodismo, dolorismo, conformismo, egoismo. Il cammino della croce che Lui ci propone non è dato dall’accettazione di ogni sofferenza che si incontra sulla nostra strada, dato che, anzi, siamo chiamati a guarire l’umanità (e quindi anche noi) dalle sue (e nostre) sofferenze; esprime invece le conseguenze che consapevolmente assumiamo nel momento in cui facciamo nostro il progetto del Regno, cioè la forma di vita del Cristo (la causa di Gesù e del Vangelo). La croce è in primo luogo uno sguardo diverso su noi e sul mondo: contro ogni centralità dell’io e ogni tendenza all’autoaffermazione, è testimonianza della centralità dell’altro, oppresso, emarginato, escluso, per il quale ogni mia azione deve suonare come Parola di liberazione e riscatto. Dando per scontato che tutto ciò scatenerà la reazione e qualche volta la persecuzione da parte di chi intende continuare a costruire le proprie fortune sulla disgrazia altrui, o le proprie ricchezze sull’impoverimento degli altri. È questa testimonianza – e la scelta di campo che essa implica – a rivelare chi davvero, indipendentemente dalla capacità di formularlo, confessa la signoria di Gesù sulla storia, il suo essere Figlio, cioè, Verità di Dio. In assenza di essa, Gesù potrà (può) solo provare vergogna di noi, sua chiesa (v.38).

Oggi facciamo memoria di Frederick Douglass, profeta del riscatto degli afro-americani.

20 Frederick Douglass.jpgFrederick Augustus Washington Bailey nacque da una schiava, Hariet Bailey, il 14 febbraio 1818, nalla piantagione che Aaron Anthony possedeva a Tuckahoe, nella Contea di Talbot (Maryland, Stati Uniti). Nel 1826, alla morte del padrone, passò in proprietà al genero di questi, Thomas Auld, che lo mandò per alcuni anni a Baltimora, a lavorare alle dipendenze del fratello Hugh, dalla cui moglie, Sophia, il ragazzo apprese di nascosto i primi rudimenti di lettura e scrittura. Tra il 1834 e il 1836 Frederick fu ceduto in affitto ad alcuni coltivatori del Maryland, dove sperimentò sulla propria pelle i metodi violenti con cui venivano trattati gli schiavi e dove cominciò a coscientizzare i suoi compagni sulle tematiche abolizioniste e ad insegnare loro clandestinamente a leggere. Nel 1836, fu mandato a lavorare nei cantieri navali di Baltimora. Qui, conobbe Anna Murray, una ex schiava, con il cui aiuto, nel 1838 riuscì a fuggire al Nord. Raggiunto poco dopo dalla donna, nel settembre dello stesso anno, la sposò. Dalla loro unione sarebbero nati cinque figli. Fu allora che cambiò il cognome, scegliendo Douglass, dal nome del protagonista di un romanzo di Walter Scott. A New Bedford, nel Massachusetts, Douglass cominciò a lavorare come operaio comune, divenendo nel contempo predicatore della Chiesa Metodista Africana di Zion. Entrato nell’associazione antischiavista, fu “scoperto” come valente oratore e cominciò a tenere discorsi in tutto il Nord. Nel 1845 uscì la sua prima autobiografia, che conobbe un successo straordinario. Attraverso questa, i suoi comizi, e il giornale che lanciò due anni dopo, “The North Star”, diede il più decisivo contributo al movimento abolizionista. Fu anche uno dei primi ad appoggiare il movimento per i diritti delle donne, fin dalla sua prima convenzione a Seneca Falls, New York. Nel 1872 divenne il primo afro-americano a concorrere come candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti, assieme a Victoria Woodhull, la prima donna a candidarsi alla presidenza per il Partito degli Uguali Diritti. Nel 1882 morì la moglie Anna e, due anni dopo, Douglass sposò Helen Pitts, una donna bianca che era stata sua segretaria. Morì il 20 febbraio 1895 a Washington.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.11, 1-9; Salmo 33; Vangelo di Marco, cap.8, 34 – 9, 1.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

“Se vuoi la libertà, chiedila al Signore con fede, e lui te la darà”. Anche la libertà, che ci pare a volte così gravosa: quella di seguirlo. Se chiediamo con fede, Lui ce la darà. Dalla seconda autobiografia di Frederick Douglass, apparsa con il titolo “My Bondage and My Freedom”, prendiamo il brano che, congedandoci, vi offriamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Conobbi un buon vecchio di colore, che si chiamava Lawson. Un uomo più devoto di lui, non lo vidi mai. Guidava la carrozza di. James Ransey, il proprietario di una corderia sul Fell’s Point, a Baltimora. Quest’uomo non pregava solo tre volte al giorno, ma pregava mentre camminava per strada, al suo lavoro – sulla sua carrozza – ovunque. La sua vita era una vita di preghiera, e le sue parole (quando parlava al suo amico) parlavano di un mondo migliore… . Essendomi affezionato profondamente al vecchio, mi capitava di andare spesso agli incontri di preghiera, e di spendere gran parte del mio tempo libero con lui la domenica. Il vecchio leggeva con difficoltà ed io gli ero di grande aiuto per intendere le parole difficili, dato che leggevo meglio di lui. Io potevo insegnargli la “lettera”, ma lui mi insegnava lo “spirito”; e passavamo insieme momenti intensi e ristoratori, cantando, pregando e glorificando Dio. Il vecchio mi aveva detto un giorno che “il Signore aveva un gran lavoro da farmi fare”; e che io dovevo prepararmici; e che gli era stato mostrato che avrei dovuto predicare il Vangelo. Le sue parole mi fecero una grande impressione, ed io effettivamente sentivo che mi aspettava un qualche lavoro del genere, ma non riuscivo a vedere come avrei potuto impegnarmi per svolgerlo. “Il buon Dio”, disse, “me lo avrebbe mostrato al tempo opportuno” ed io avrei dovuto continuare a leggere e studiare le Scritture… . Quando gli chiedi: “Come possono darsi queste cose e cosa posso fare io?”, la sua semplice risposta fu: “Credi nel Signore!”. Quando gli dissi che “io ero uno schiavo, e uno schiavo A VITA”, lui replicò, “il Signore ti può fare libero, mio caro. Ogni cosa è possibile con lui, abbi solo fede in Dio”. “Chiedi e ti sarà dato”. “Se vuoi la libertà”, disse il buon vecchio, “ chiedila al Signore, con fede, E LUI TE LA DARÀ”. (Frederick Douglass, My Bondage and My Freedom).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Febbraio 2009ultima modifica: 2009-02-20T23:30:00+01:00da fraternidade
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