Giorno per giorno – 07 Febbraio 2009

Carissimi,
“Egli disse loro: Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’. Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte” (Mc 6, 31). Cè un fare a cui ci costringono in qualche modo le cose, ma c’è anche un fare, a volte uno strafare, dietro cui ci nascondiamo, per evitare di incontrare per davvero Lui, la sua Parola, e la verità di noi stessi. Il Vangelo di oggi è, in qualche modo, un invito ad entrare in uno spazio/tempo di silenzio, dove noi, così come siamo, ci si lasci semplicemente abbracciare dalla sua Grazia, cioè dalla sua gratuità. Lui ci vuole davvero e comunque bene. È da qui che dobbiamo partire. Leggevamo in questi giorni una citazione di Thomas Merton che dice: “Se non c’è silenzio oltre e dentro le parole della dottrina, non c’è religione, ma solo ideologia religiosa. Perché la religione va al di là delle parole e delle azioni, e raggiunge la verità ultima in silenzio. Quando manca questo silenzio, dove ci sono solo le “molte parole” e non l’Unica Parola, allora c’è molta agitazione e attività, ma non c’è pace, non pensiero profondo, non comprensione, non intima quiete. Dove non c’è pace, non c’è luce. La mente iperattiva ritiene di essere sveglia e produttiva, ma sta solo sognando. Solo nel silenzio e nella solitudine, nella quiete dell’adorazione, nella pace reverenziale della preghiera, nell’adorazione in cui l’io tutto intero tace e si umilia alla presenza del Dio invisibile, solo in queste “attività” che sono “non-azioni”, lo spirito ci sveglia dal sogno di un’esistenza multiforme e confusa”. (Thomas Merton, “Honorable Reader: Reflections on My Work”, Crossroad). Certo, poi, può succedere, come nel Vangelo, che arrivi chi materialmente ti impedisce questo tuo ritrarti, ma in questo caso l’importante sarà stata l’intenzione, capace di mantenterti, anche nella confusione esterna, alla Sua presenza.

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria del martirio di Sepé Tiaraju e del suo popolo guaraní e quella del metropolita Vladimir di Kiev con tutti i nuovi martiri del XX secolo in Russia e Ucraina.

07 Reducciones dos Jesuitas.jpgNei secoli XVII e XVIII, i missionari gesuiti, al fine di sottrarre le popolazioni indigene alla schiavitù e allo sfruttamento da parte dei bianchi, crearono nelle colonie spagnole e portoghesi dell’America Latina numerose comunità agricole (reducciones), basate sulla proprietà collettiva della terra e delle macchine, dotate di ampi margini di auto-gestione amministrativa e, soprattutto, tenute separate dal mondo dei colonizzatori. Questo, per proteggerne in primo luogo l’incolumità, ma anche per fornir loro quell’istruzione intellettuale, religiosa, tecnica e associativa che, nella visione dei missionari, doveva più facilmente garantirgli la sopravvivenza. Si trattò, dunque, di un’esperienza improntata all’ideale di un comunitarismo egualitario che risaliva al cristianesimo primitivo. Nel 1732 si contavano una trentina di “reducciones” per un totale di circa 150.000 abitanti. Alla metà del secolo le autorità coloniali, preoccupate per il significato sociale trasgressivo dell’ ordine esistente che le “reducciones” andavano assumendo e per il potere alternativo che i gesuiti vi avevano costruito, posero fine con la forza all’esperimento. È in questo contesto che, nel 1753, Sepé Tiaraju prese l’iniziativa dell’insurrezione indigena della “riduccion” guaranì di São Nicolau, la prima a resistere all’ordine di evacuazione e trasferimento sull’altro lato del fiume Uruguay. A São Miguel (Rio Grande do Sul), Sepé guidò l’attacco ai carri che trasportavano le suppellettili della Chiesa, obbligando la comitiva a far ritorno alla missione. Per tre anni fu la figura centrale della resistenza agli imperi portoghese e spagnolo. Il 7 febbraio 1756 morì combattendo sull’Arroio Caiboaté. In una scaramuccia, il suo cavallo cadde ed egli fu ferito da un soldato con una lancia. Prima di riuscire ad alzarsi fu ucciso con un colpo di pistola dal governatore di Montevideo che comandava la truppa.

07 VLADIMIRO DI KIEV.jpgBasil Nikiforovich Bogoyavlensky (che assunse in seguito il nome di Vladimir) era nato il 1° Gennaio 1848 nella famiglia del prete Niceforo, nel villaggio di Malaya Morshka, distretto di Morshansky, provincia di Tambov, in Russia. Frequentata la scuola teologica di Tambov e proseguiti brillantemente gli studi nella Facoltà teologica di Kiev, fu per sette anni professore in seminario, si sposò e fu ordinato prete il 13 gennaio 1882. L’8 febbraio 1886, dopo la morte della moglie e dell’unico figlio, entrò nel monastero della Santa Trinità di Kozlov, di cui fu nominato archimandrita. Il 21 maggio 1889 fu consacrato vescovo di Starorussk e, successivamente, esarca di Georgia, metropolita di Mosca, poi di Petrogrado e infine di Kiev. Ovunque, durante il suo ministero pastorale, si preoccupò di proteggere la sua gente, di combattere l’antica piaga dell’alcolismo, di offrire ai fedeli la luce di un genuino insegnamento cristiano. Nelle vicende drammatiche che accompagnarono la rivoluzione bolscevica, seppe mantenersi pastore di pace e di amore, fedele, onesto, tutto dedito a Cristo e alla Chiesa. La notte del 25 gennaio 1918 (7 febbraio nei calendario gregoriano), un gruppo di bolscevichi entrò nelle grotte della Laura di Kiev e arrestarono il metropolita. Lungo la strada fu sommariamente processato e condannato a morte. Prima di morire volle benedire i suoi uccisori. Fu il primo di un numero incalcolabile di vittime, soprattutto monaci, preti e vescovi, che nei decenni successivi furono perseguitati, incarcerati, deportati e uccisi.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflçessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.13, 15-17. 20-21; Salmo 23; Vangelo di Marco, cap.6, 30-34.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

27 helder Câmara.jpgLa nostra associazione, qui nel bairro, è intitolata a lui, oltre che a Martin Luther King, e oggi che è il centenario della nascita non possiamo tralasciare di ricordare dom Helder Câmara, di cui facciamo ogni anno memoria nella data della sua scomparsa, il 27 agosto. Così, congedandoci, scegliamo di lasciarci provocare da un brano dell’ “Appello agli Umani“, lanciato da lui, assieme all’Abbé Pierre, durante una visita di quest’ultimo a Recife, nell’agosto del 1996. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Sono passati 2000 anni dall’incarnazione del Figlio di Dio. C’è ancora troppa miseria nel mondo, troppa miseria in un mondo di ricchezze! E, cosa grave e insopportabile, la minoranza dei privilegiati, i più ricchi sono (almeno d’origine) cristiani. Che cosa abbiamo fatto del messaggio di Cristo? Come la moltitudine dei poveri, degli esclusi, dei messi da parte, dei senza casa, dei senza terra, dei senza niente possono credere che il Creatore e Padre che li ama se noi, noi che osiamo dirci cristiani, noi che abbiamo il di più, continuiamo a lasciare il loro “piatto” vuoto, pur dichiarandoci per la pace e per l’Amore? Non dobbiamo essere solamente credenti: dobbiamo essere CREDIBILI! E il mondo allora sarà come un’Ostia rivolta verso il Signore, un’immensa Ostia che renderà grazie a Dio nella felicità di tutti gli Umani. Perché la felicità degli Uomini è la Gloria di Dio. Noi abbiamo già vissuto più di 80 anni…Ci sono ancora molte cose da fare per rimettere ordine nel mondo. Con tutte le piccole forze che ci restano, continuiamo la nostra guerra alla miseria, dovunque possiamo. E che ciò avvenga con voi tutti. (Dom Helder Câmara, Abbé Pierre, Appello agli Umani, Agosto 1996).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Febbraio 2009ultima modifica: 2009-02-07T23:00:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo