Giorno per giorno – 03 Febbraio 2009

Carissimi,
“Ciò che era fin dal principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, noi lo annunziamo anche a voi” (1Gv 1, 1-2). Il Vangelo di oggi (Mc 5, 21-43) è un po’ l’esemplificazione pratica di questa esperienza del “toccare Gesù”: “gli toccò il mantello” (v.27) , e del suo toccare: “Prese la mano della bambina” (v.41). Stasera a casa di Dorcelina, dov’eravamo riuniti con la Comunità dell’Aparecida, ci dicevamo che dobbiamo guardarci dal leggere questi racconti di Gesù in chiave [solo] miracolistica, per cui se hai la fede, il miracolo è garantito. Se, invece, non avviene, la colpa è tua, che non ce n’hai abbastanza. Il Vangelo non ci insegna come si fanno i miracoli, ma ciò che desidera e come agisce Dio, com’è il Regno, come vorrebbe si fosse noi. Dio non vuole che ci sia chi debba soffrire, e infatti quando a Gesù capita di incontrarne, lo guarisce. E noi? Ci interessa qualcosa se l’altro sta male? Ogni altro, mica solo la mamma e il papà, o il mio figliolo! Perché il Regno consiste proprio in questo: prendersi cura, prendere a cuore: “Gesù andò con lui” (v.24). E, dopo duemila anni, chiunque dovrebbe dare per scontato che Dio – e chi lo annuncia, lo manifesta -, è così. E toccarlo, ogni volta, con mano. Questo sapere, questo esperire, questo vedere-sentire-toccare e lasciarsi toccare da Gesù nell’incontro con l’altro (la comunità) è la fede. Che forse non necessariamente ci guarirà dall’influenza e dal morbillo, ma che ci farà vivere una vita da salvati. “Portati da Lui”, come diceva ieri dona Dominga.

Apprendisti come siamo alla scuola della nonviolenza, confessiamo che non guardiamo con troppa simpatia ai cappellani militari e che, come ci è capitato di dire altre volte, sogniamo il giorno in cui preti, pastori, rabbini, inquadrati negli organici militari, lasceranno le loro mostrine, per testimoniare la loro obiezione ad ogni esercito e ad ogni violenza ed essere soltanto annunciatori della Parola di Pace, fedeli ad un’unica patria, quella della comune umanità. Detto questo, oggi, scegliamo, eccezionalmente, di far memoria di alcuni di loro, che hanno saputo fare la cosa giusta, anche se con la divisa [come lo è ogni divisa] sbagliata: I quattro cappellani militari del Dorchester.

03 I QUATTRO CAPPELLANI.jpgSi chiamavano: Clark Poling (nato il 7 agosto 1910 a Columbus, nell’Ohio), ministro congregazionalista; George Fox (nato a Lewistown, in Pennsylvania, il 15 marzo 1900), pastore metodista, Johnny Washington (nato a Newark, nel New Jersey, il 18 luglio 1908.), prete cattolico e Alexander Goode (nato a Brooklyn, New York, il 10 maggio 1911), rabbino ebreo, ed erano tutti e quattro cappellani militari sull’incrociatore Dorchester, della marina Usa, durante la Seconda Guerra mondiale. La mattina del 3 febbraio 1943, la nave fu silurata. I cappellani stavano indossando i loro giubbotti di salvataggio, quando si accorsero che molti dei 900 marinai ne erano sprovvisti. Decisero unanimente di privarsene, perché almeno altri quattro potessero vivere. I sopravvissuti dissero poi che quando la nave s’inabissò, videro i cappellani con le braccia legate pregare insieme sul ponte.

La Chiesa cattolica ricorda Biagio di Sebaste, medico, vescovo e martire.

04_bras.jpgBiagio presiedeva la Comunità di Sebaste, in Armenia, durante l’impero di Licinio (che si occupava dell’Oriente), cognato di Costantino (che invece governava l’Occidente). I due, non si sa bene perché, entravano spesso in conflitto. Nessuno dei due, del resto, era uno stinco di santo. Tanto è vero che Costantino fece strangolare Licinio a Salonicco nel 325. Ora, mentre Costantino, nel 313, aveva emesso il decreto che concedeva la libertà di culto ai cristiani, Licinio, tergiversava e lasciava mano libera ai suoi governatori, che bruciavano chiese, condannavano i cristiani ai lavori forzati e facevano fuori i loro vescovi. Tra loro, Biagio. Imprigionato, ripetutamente torturato, infine condannato alla decapitazione, raccontano di lui che mentre si recava al luogo del supplizio, vide un ragazzo tra i curiosi che assistevano al suo passaggio che stava morendo soffocato a causa di una lisca di pesce conficcatasi nella trachea. Dribblate le guardie, Biagio raggiunse il ragazzo, soccorrendolo tempestivamente. Poi riprese il suo posto nel corteo che lo portava all’arena. Il racconto ne avrebbe fatto a lungo il protettore contro le malattie della gola.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.12, 1-4; Salmo 22; Vangelo di Marco, cap.5, 21-43.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Contintente africano.

“Monaco” ci avevano insegnato un giorno è chi cammina sulla strada dell’unificazione interiore. E noi vorremmo chiudere oggi con una citazione di Simone il Nuovo Teologo. La troviamo nel libro “Il canto del’allodola” (Qiqajon) che raccoglie uno scambio epistolare tra Maria di Campello e Giovanni M. Vannucci, e la dedichiamo al nostro amico Pellegrino, che, lo sappia o no, è pur sempre una strana figura di monaco. Lui, proprio stamattina, ci scriveva, con immagini che potrebbe essere tratte dal Vangelo: “Mi sento come un passerotto che stava volando ed è arrivata all’improvviso la pioggia. Per ripararsi, è sceso a terra, ma, nel farlo, gli si è spezzata un’ala, e lui non poteva più volare; continuava a tentare, ma inutilmente. Solo alla fine è passato un vento forte e se l’è trascinato in alto. È stato così che ha scoperto che poteva volare nuovamente. Anch’io sto in attesa di quel colpo di vento”. Noi siamo certi che questa fede nel passaggio del Vento dello Spirito sarà premiata. Eccovi comunque il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il vero monaco è colui che ha reciso tutti i legami con quanto è mondano nell’esistenza, è il pellegrino che ha Dio per compagno e lungo l’asprezza del cammino guarda con occhio d’amore Dio e Dio ricambia pietosamente lo sguardo, ama ed è a sua volta amato. Circondato dal plauso sa di essere solo un accattone; in mezzo a creature che lo amano non dimentica di essere ospite e viandante. Oh sì! Il monaco autentico è un ineffabile mistero” (Simone il Nuovo Teologo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Febbraio 2009ultima modifica: 2009-02-03T23:50:00+01:00da fraternidade
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