Giorno per giorno – 21 Gennaio 2009

Carissimi,
“E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (Mc 3, 6). Stamattina ci si diceva che questa annotazione dell’evangelista è, storicamente, piuttosto inverosimile. E, del resto, come noi ci ripetiamo spesso, il Vangelo non intende fare una cronaca dettagliata dei fatti, ma essere “buona notizia” e perciò, in questo caso, vuole, presumibilmente, solo allertarci su ciò che può mettere a rischio questa buona notizia, su chi, come e perché possa volerne la morte. Se, dunque, è poco probabile questa cospirazione tra farisei e erodiani, che, tra l’altro, si detestavano neanche troppo cordialmente, è pur sempre vero – ed è ciò che ci interessa anche oggi – che tra un certo modo di intendere e vivere la religione e il potere mondano esiste sempre la possibilità di una obiettiva convergente volontà di mettere al bando il messaggio rivoluzionario di Gesù. Quello per cui, al centro di tutto, di ogni preoccupazione e di ogni azione, nella sfera religiosa, morale, sociale, politica, economica, ci dev’essere l’uomo, con le sue concrete necessità, bisogni, impedimenti. Dove questo non succede, non si scappa: Gesù (e con lui la verità di Dio, la proposta del Regno) è già condannato, esiliato, messo a morte.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Agnese, martire a Roma, e di Massimo il Confessore.

21_ines.jpgDodicenne romana del III secolo, allo scoppio di una delle numerose persecuzioni contro i cristiani, nonostante la defezione di molti fedeli, Agnese seppe restare fedele a Cristo, rifiutandosi di sacrificare agli idoli e di cedere alle voglie del potente di turno. La memoria del suo martirio è molto antica: già nel 354 se ne celebrava l’anniversario presso la sua tomba, sulla Via Nomentana.

21 MASSIMO IL CONFESSORE.jpgMassimo era nato a Costantinopoli da una ricca famiglia, verso il 580. Per qualche anno fu segretario dell’Imperatore Eraclio ma, assai presto, nel 613, lasciò la vita di corte per farsi monaco nel monastero di Crisopoli (Scutari). Nel 624 la minaccia persiana che incombeva sui territori imperiali lo costrinse ad abbandonare il monastero e a trasferirsi a Creta, poi a Cipro e, in seguito, nei pressi di Cartagine, in Africa. Scrisse numerose opere sulla preghiera, la carità e l’ascesi e, a partire dal 634, s’impegnò nella lotta contro le eresie monofisite e monotelite. Dopo la conquista araba dell’Africa, Massimo si spostò in Magna Grecia e, nel 646, a Roma. In quest’epoca entrò in polemica con il giovanissimo imperatore Costante II che, per risolvere le annose diatribe teologiche, che dividevano la cristianità e minacciavano l’unità dell’impero, aveva emesso un editto, Typos – Regola di Fede, con cui proibiva ai cristiani di parlare dell’unica o della duplice volontà di Cristo. Che, a dire il vero, la maggior parte dei cristiani, neppure sapeva di cosa si trattasse. Ma, era comunque roba seria. Fu convocato in Laterano un sinodo, che fece sue le posizioni espresse in materia da Massimo e dal papa Martino, e non mancò di criticare le disposizioni dell’ Imperatore. Mal gliene colse a tutti e due. Costante II li fece infatti arrestare e deportare entrambi. Non solo, ma, in un successivo processo, a Massimo e a due suoi discepoli, Anastasio monaco e Anastasio apocrisario, per lo stesso motivo, fu tagliata la lingua e amputata la mano destra. Massimo morì in esilio, sul mar Nero, nel 662.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.7, 1-3. 15-17; Salmo 110; Vangelo di Marco, cap. 3, 1-6.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

Giornate di tensione, preoccupazione, sofferenza quelle che stava passando la nostra Valdecí, dopo che Valdirei, il figlio ormai diciottenne, si era, nei giorni scorsi, allontanato da casa, senza avvertire nessuno. Ora è tutto risolto: aveva deciso di recarsi a lavorare a Goiânia. Il fiuto della madre è riuscito a ricostruirne gli ultimi movimenti, a rintracciare il taxi collettivo che l’aveva portato fino alla capitale, e la destinazione. Poi, lo zio Lazinho ha stabilito il contatto. La telefonata di Valdecí al figlio ci ha ricordato in qualche modo il lamento evangelico di Maria: Figlio, perché ci hai fatto questo? Anche se la risposta di Valdirei non è stata proprio quella dell’adolescente Gesù: Se te l’avessi detto, non mi avresti lasciato andare, non è vero? Beh, tutto è bene ciò che finisce bene. Il ragazzo sarà di nuovo qui nei prossimi giorni. E ora Valdecí può persino permettersi di sorriderne.

Per stasera non si ha molto altro da dirvi, se non proporvi, sempre che anche voi non siate piuttosto stanchi, un ultimo testo. Lo prendiamo dalle “Centurie sulla carità” di Massimo il Confessore, che troviamo nella “Filocalia” (Gribaudi). Ed è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Chi ama Dio, ama certamente anche il prossimo: e un uomo così non può conservare le ricchezze, ma le dispensa com’è gradito a Dio, donando a ognuno che ne abbia bisogno. Chi nel fare elemosina imita Dio, non conosce differenza di cattivo e buono, di giusto e di ingiusto nelle necessità del corpo; ma distribuisce a tutti egualmente secondo il bisogno, anche se preferisce, per la sua buona disposizione, il virtuoso al malvagio. Dio, che per natura è buono e impassibile, ama egualmente tutti, in quanto opere sue, ma glorifica il virtuoso che si appropria la conoscenza e, nella sua bontà, ha misericordia del malvagio: correggendolo in questo secolo, lo converte. Così pure, chi sceglie di essere buono e impassibile ama egualmente tutti gli uomini: il virtuoso, sia per la natura che per il suo buon modo di vivere, e l’empio, sia per la natura che per la compassione che ha di lui che è stolto e cammina nelle tenebre. L’intima disposizione di carità non si fa conoscere soltanto nell’elargizione delle ricchezze, ma molto di più nell’elargizione della parola e ne servizio del corpo. Chi ha sinceramente rinunciato alle cose del mondo e serve al prossimo per amore, senza ipocrisia, si libera rapidamente da ogni passione e ottiene di aver parte all’amore e alla conoscenza di Dio. (Massimo il Confessore, Centurie sulla carità, I, 23-27).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-21T23:28:00+01:00da fraternidade
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