Giorno per giorno – 03 Gennaio 2009

Carissimi,
“Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1, 29). Che toglie, ma anche “che porta su di sé”, secondo l’esperienza del “servo sofferente” di Isaia (Is 53). A cui fa pensare l’annuncio del Battista e il racconto dell’Evangelista. Ma, cos’è il peccato del mondo, ci chiedevamo stamattina? Il peccato è tutto ciò che contraddice il progetto di Dio, o anche ciò che è contrario al significato di Dio. Ricordavamo come si aprono le dieci parole del Sinai: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù” (Es 20, 2) e come tutta la fede dell’ebraismo sia particolarmente attenta alla dimensione comunitaria. Quindi, ci dicevamo ancora, peccato non è tanto o soprattutto la colpa personale che esprime e ha riflessi sul mio vissuto, quanto piuttosto e in primo luogo un sistema che genera situazioni di morte, di schiavitù, di oppressione, di sfruttamento. E, naturalmente, la mia concreta collaborazione, la mia complicità, o la mia mancata opposizione, o anche solo la mia indifferenza, il mio silenzio, il mio ripiegamento su me stesso (magari proprio nella forma della devozione o della ricerca “religiosa” della mia personale salvezza, del paradiso per me). L’agnello di Dio, o il “servo” di Dio, che porta su di sé, o che toglie, il peccato del mondo è, perciò, in primo luogo Gesù. Ma lo è, nel primo senso, “anche” nel suo processo di identificazione con le “vittime” del peccato del mondo. Per questo porta su di sé, si addossa. E nel secondo senso, lo è “anche” nell’identificazione con tutti coloro che assumono il rimuovere le cause dell’ingiustizia, lottare contro ogni oppressione e schiavitù, combattere contro ogni forma di male, come loro progetto di vita.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.2, 29- 3,6; Salmo 98; Vangelo di Giovanni, cap.1, 29-34.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

No, non siamo davvero così ingenui dal farci sforare dal sospetto che la religione c’entri qualcosa nella pagina nera che anche in questi giorni sta scrivendo il conflitto israelo-palestinese. I cui rispettivi apparati militari, con le loro espressioni politiche e culturali sanno di Dio quanto potrebbe vantare di saperne un Bush, o, per chi preferisce, un Berlusconi, un Bossi, o anche solo un Pera. Per ciò che intendiamo noi per Dio, non siamo portati a far credito né agli uni né agli altri. Guardiamo alle e stiamo dalla parte delle vittime. Che non hanno patria, né nazione, né religione. Come Dio del resto. E speriamo che qualche cosa metta presto, subito, fine al massacro in corso e all’odio delle parti in causa. Perché possano diventare vere queste “Beatitudini della Pace”, scritte da un vescovo, Jean-Charles Thomas, di cui non sappiamo assolutamente nulla, e inviateci da un’amica: “Beati i credenti, / cristiani, ebrei o musulmani, / che cercano la vera comunione / con il Dio unico. / Beati quelli / che non si chiudono nella Chiesa / come in un ghetto. / Beati quelli / che vanno alla ricerca di coloro / dai quali la Chiesa è lontana: / non credenti, / credenti di altre tradizioni religiose, / poveri e stranieri, / uomini e donne di varie culture. / Beati coloro che camminano con gli altri / e non dimenticano la lentezza / del proprio passo. / Beati quelli che sanno ascoltare / la ricchezza inedita degli altri. / Beati quelli che non si limitano / a parlare dei poveri e degli esclusi / ma non restano sordi / al loro grido e ai loro bisogni. / Beati quelli che entrano in comunione / con gli immigrati / e gli stranieri che sono vicini / e con il Terzo Mondo assai più lontano, / senza renderli ancora più dipendenti. / Beati quelli che cercano altri linguaggi, / oltre le parole, / per entrare in comunione con gli altri. / Beati quelli che non fuggono i conflitti / ma che cercano di affrontarli / rifiutando sempre di uccidere, disprezzare, / avvilire o umiliare i propri avversari. // Beati quelli che, senza temere le prove, / scelgono di percorrere / la via della pazienza e dell’attesa / senza mai tralasciare di fare piccoli passi / per giungere, infine, a incontrare gli altri. / Beati quelli / che vogliono costruire coerenza / tra ciò che dicono e ciò che fanno, / tra la propria vita e le lotte che conducono, / tra la loro attenzione alle persone / e la loro azione per cambiare le strutture. / Beati quelli / che si mettono nelle mani di Dio / ogni giorno nella preghiera: / saranno strumenti efficaci / per la grazia di Dio”.

Noi ci congediamo qui, con la pagina che conclude il libro “O caminho. Ensaio sobre o seguimento de Jesus” (Paulus) del teologo José Comblin. Che vuol essere per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gesù non è venuto a distruggere la religione, ma a portarla a perfezione. Questa perfezione sta aldilà della religione. Questa ha bisogno di essere riorientata costantemente per diventare preparazione alla vita cristiana e non un fine a se stessa – il che costituisce una tentazione permanente, quand’anche inconsapevole. La vita che Gesù è venuto a insegnare è molto semplice. Ma questa semplicità è, per noi, la città collocata in cima al monte, a cui ci avviciniamo senza mai poterla raggiungere, con la speranza tuttavia di raggiungerla un giorno, finalmente, dopo l’attuale camminata. Qui sulla terra la vita è un combattimento continuo tra l’amore e la resistenza all’amore – che è il peccato. Questo ci mostra la necessità che la religione sia in continuo trasformazione, per essere di aiuto e non di ostacolo alla crescita della vita. Il messaggio di Gesù è sempre lo stesso, ma la religione cambia con il differenziarsi delle culture. La salvezza è l’amore. Chi ama è salvo ed è già passato dalla morte alla vita. La morte fisica non lo cambierà. Ciò che era nella sua vita terrena amore, resta per sempre. L’unica realtà di questo mondo che rimane per l’eternità è l’amore. (José Comblin, O caminho).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-03T23:40:00+01:00da fraternidade
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