Giorno per giorno – 02 Gennaio 2009

Carissimi,
“Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo” (Gv 1, 26-28). Quale sia il significato del battesimo di Giovanni, di cui parla il Vangelo di oggi, e quale quello del battesimo nello Spirito Santo, di cui è detto altrove (Mc 1, 8), ce l’aveva ricordato qualche settimana fa Valdecí (o forse è stato Rafael, in una delle sue sempre più rare apparizioni in comunità), in risposta a una domanda di Durce. E aveva detto che il battesimo di Giovanni era un semplice battesimo di pentimento, una sorta di pulizia preliminare, in vista di un cammino nuovo da percorrere; quello che, invece, ci offre Gesù è già questo cammino, è un immergersi nella vita nuova di Dio, che Lui significa, con le relazioni nuove che Lui instaura. Un battesimo nella “morte di Gesù”, che diventa apprendistato a “perdere la vita” per amore. Al fine di trovarla. O anche, solo, trovarla alla fine. La vita di Dio, appunto. Senza neanche saperlo. Il fatto che sia “nello Spirito” significa che è qualcosa che va oltre un rito, è di più dello stesso sacramento. Che pure ad essa allude e, se lo prendiamo sul serio, in qualche modo, comincia ad operare in noi. Ma senza facili o scontati automatismi

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Ioann di Kronstadt, presbitero ortodosso, amico dei poveri.

02 Johannes_von_Kronstadt.jpgIvan Ilič Sergiev era nato il 1° novembre 1829 (19 ottobre per il calendario giuliano), in una povera famiglia di Sura, nel distretto di Arkhangelsk (Russia settentrionale). Dopo gli studi in seminario e la laurea nella Facoltà teologica di san Pietroburgo, sposò una giovane del villaggio natale e, nel 1855, fu ordinato sacerdote e inviato a Kronstadt, in un’isola del Mar Baltico, dove era costume deportare le persone indesiderate nella capitale, marginali, poveri e senza tetto. Il prete scoprì ben presto che sarebbe stato inutile predicare la Parola, se non si fosse fatto carico della situazione di miseria dei suoi nuovi concittadini. Così, destinava loro, via via, il magro salario di insegnante di religione, suppellettili di casa, scarpe, vestiti, alimenti. Le persone dabbene, le autorità e gli stessi confratelli lo accusavano di favorire in tal modo l’accattonaggio, di prestarsi a zimbello dei poveri, di disonorare lo stato sacerdotale, o anche soltanto lo prendevano per matto. Lui li lasciava dire e preferiva ascoltare quanti affermavano: “Quando ho incontrato padre Ioann, mi sono sentito trattare come una persona, mi sono ritrovato nuovamente un uomo, ho scoperto la fede…”. Nel 1881, con l’aiuto e la generosità di persone amiche, decise di creare un Centro di lavoro, per dare una prima risposta ai problemi della sua gente. In pochi anni la Casa divenne un intero paese, offrendo un impiego a migliaia di persone, con scuole scuole elementari e professionali, botteghe artigianali, negozi, biblioteche, asili, ospizi, e altro ancora. La fama del prete si diffuse assai presto, procurandogli un numero impressionante di fedeli, non solo per il suo disinteresse e le sue attività di riscatto sociale, ma anche per la sua profonda spiritualità, l’intensità delle sue liturgie, il tempo speso a confessare, il dono della veggenza, le guarigioni che gli erano attribuite. Padre Ioann morì nella cattedrale di Kronstadt, la mattina del 2 gennaio 1908 (20 dicembre 1907 per il calendario giuliano), al termine della liturgia, celebrata con la devozione di sempre.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.2, 22-28; Salmo 98; Vangelo di Giovanni, cap.1, 19-28.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciandovi al brano di un’omelia di Ioann di Kronstadt, ripresa dal “Messaggero Ortodosso”, Roma, febbraio-marzo 1985. Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tutta la legge di Dio è contenuta in due parole: Ama Dio ed il prossimo. Tuttavia il cuore dell’uomo è estremamente egoista, insofferente, cattivo e ricorda i torti ricevuti. Esso è pronto ad adirarsi contro il suo prossimo non solo per il male fatto, ma anche per quello supposto, non solo per una parola offensiva, ma anche per un’espressione sgradita, sincera, severa, addirittura per uno sguardo che gli sembra non buono, e quasi quasi si irrita per i pensieri che immagina nel suo prossimo. Il Signore, che vede nei nostri cuori, così si esprime sul cuore dell’uomo: “Infatti dall’intimo, dal cuore dell’uomo escono tutti i pensieri cattivi che portano al male: i peccati sessuali, i furti, gli assassinii, i tradimenti tra marito e moglie, la voglia di avere le cose degli altri, le malizie, gli imbrogli, le oscenità, l’invidia, la maldicenza, la superbia, la stoltezza” (Mc 7, 21-22). Ma contro una grave malattia bisogna adoperare anche rimedi adatti. Alla profonda cattiveria umana si contrappone l’infinita misericordia e la grazia di Dio, con il cui aiuto si può vincere ogni male ed in sé e negli altri, con la mitezza, con la mansuetudine, con l’arrendevolezza, con la pazienza, con la sopportazione. “Ma io vi dico – annuncia il Signore – non vendicatevi contro chi vi fa del male. Se uno ti da uno schiaffo sulla guancia destra, tu presentagli anche l’altra. Se uno vuol farti il processo per prenderti la tunica, tu lasciagli anche il mantello” (Mt 5, 39-40). In cambio del perdono al nostro prossimo, ci è promesso il perdono dei peccati dal Padre nostro che sta in Cielo, la misericordia al giudizio finale, la beatitudine eterna: “Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché Dio avrà compassione di loro” (Mt 5, 7). (Ioann di Kronstadt, Sermone pronunciato nella Domenica dei Latticini).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

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Giorno per giorno – 02 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-02T23:53:00+01:00da fraternidade
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