Giorno per giorno – 27 Dicembre 2008

Carissimi,
oggi abbiamo fatto Natale con la Comunità di “Fé e Luz”. Che forse – dobbiamo infatti discuterlo e deciderlo tutti insieme – si chiamerà: “Noi… la Sua tenda”. Nel senso che se Lui non troverà ospitalità da nessuno, né albergo, né casa, né stalla, né grotta, noi ci siamo presi l’impegno di farci, coi nostri corpi, tenda per Lui. Cioè, abbraccio, calore, rifugio, protezione, difesa. Per Lui, ovvero per ciascuno di noi, e per quanti altri si aggiungeranno in questa camminata, cominciata quasi tre anni fa, il 10 febbraio 2006, e che dopo qualche tentennamento, dubbio, difficoltà, si è via via assestata e consolidata, fino a costituirsi nella bella famiglia che siamo oggi. Dove i più piccoli dettano il passo e, nello stesso tempo, crescono e imparano ad allungarlo. Dove lo stare insieme ci permette di apprendere un linguaggio comune per cominciare a intendere, interpretare e, poi, affrontare la realtà. Perché la tenda che vogliamo essere non rinchiuda come una prigione, per quanto comoda e sicura, ma sia sempre aperta sulla vita. Il Natale di oggi è consistito in una celebrazione eucaristica, svoltasi nel Centro Comunitario del bairro. E il primo segno bello è stato quando padre Paulo, ha detto: “Beh, adesso cominciamo!”, perché si era già un’ora in ritardo, e i nostri amici gli hanno replicato: “No, non si può, manca ancora qualcuno”. Insegnandoci così che “ritardo” non è una parola del nostro dizionario. Da noi, è sempre e solo “attesa-speranza” di una presenza che venga a prendere il suo posto in mezzo a noi. Poi ci sono stati i canti, l’ascolto di una Parola che dobbiamo ancora apprendere a trasformare in gesto, la benedizione e poi la condivisione del Pane e del Vino, che, se e quando sono in grado di parlare, in molti casi dovranno limitarsi a parlare nel cuore. Il tutto si è concluso con un rinfresco, preparato con cura e generosità dai coordinatori di turno, Lucimara, Valter, Valtinho e Nesona, il sorteggio di una cesta di alimenti. E, alla fine, un piccolo dono, quasi solo un ricordo, per i “leader” – solo loro sono già più di una ventina – che ci conducono in questa nostra avventura.

Oggi è il Terzo giorno dell’Ottava di Natale, che la chiesa celebra assieme alla memoria di Giovanni Evangelista.

27 JOÃO EVANG.JPGGiovanni era figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo, con cui doveva formare una coppia mica male se erano chiamati i “figli del tuono”. Discepolo, forse giovanissimo, di un altro Giovanni, il precursore, l’aveva lasciato per seguire colui che il Battista aveva additato come “l’agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo”. Non immune da qualche intemperanza (cf Lc 9,54) e da qualche ambizione di troppo (cf Mc 10,37), seppe però vivere nell’intimità del Maestro, apprendendo a decifrarne la Verità più profonda e condividendo con Maria gli ultimi istanti di vita di Gesù, ai piedi della croce. Una tradizione molto antica vuole che sia vissuto a lungo, fino alla fine del I secolo, a Efeso, contribuendo con la sua testimonianza e il suo insegnamento alla redazione del Quarto Vangelo e degli altri scritti neotestamentari che portano il suo nome. C’è chi vede nella figura del discepolo amato la sovrapposizione di due personaggi: il figlio di Zebedeo e un altro Giovanni, più giovane, forse appartenente ad una famiglia dell’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme, che avrebbe conosciuto Gesu e che sarebbe entrato a far parte della cerchia del primo, facendone sua la memoria e approfondendone la riflessione. È a costui che si dovrebbe forse la stesura dell’Apocalisse.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della memoria del Discepolo amato e sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap. 1,1-4; Salmo 97; Vangelo di Giovanni, cap. 20,2-8.

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

27 CHARLES DECKER.jpgNoi ricordiamo, oggi, anche le figure di quattro Padri Bianchi: Charles Deckers, Alain Dieulangard, Jean Chevillard, Christian Chessel, martiri in Algeria.

Charles Deckers era nato ad Anvers (Belgio), nel 1924, in una famiglia di nove figli. Arrivato in Algeria nel 1955, durante la guerra d’Indipendenza, nel 1956 aveva creato a Tizi-Ouzou “Lemâaouna” (Aiuto reciproco), un’associazione con lo scopo di visitare i prigionieri musulmani, insegnare il berbero e l’arabo, dare una mano ai poveri. Chi l’ha conosciuto ripete di lui : “Era un santo!”. Alain Dieulangrand, originario di St. Brieuc in Bretagna (Francia), dov’era nato nel 1919, era giunto in Algeria nel 1952. Avrebbe passato 44 anni della sua vita in Kabilia. Lo chiamava “nonno”. Anche i musulmani ricorrevano a lui per confidargli i loro tormenti. Jean Chevillard, nato ad Angers (Francia) nel 1925, in una famiglia di 15 figli era stato ordinato prete nel 1950. In Algeria aveva creato numerosi centri di formazione professionale. Il giorno della sua morte aveva confidato ad alcuni amici: “So che morirò assassinato”. Christian Chessel, il più giovane del gruppo, era nato a Digne (Francia), nelle Alpi, nel 1958. Ingegnere del genio civile, fu mandato a Tizi-Ouzou nel 1993 e, l’anno successivo, fu nominato responsabile della comunità. Sognava di creare una grande biblioteca per i giovani della zona, ma non gliene hanno dato il tempo. La mattina del 27 dicembre 1994, una banda armata irruppe nella casa dei Padri Bianchi a Tizi Ouzou, a circa 60 chilometri da Algeri. Tre o forse quattro individui, arrivati a bordo di un furgone, si introdussero nel cortile, con l’obiettivo evidente di sequestrare i religiosi. Ostentando un documento della polizia, intimarono ai padri di seguirli “per discutere un problema”. Ammalato e con difficoltà a camminare, il P. Chevillard fu trascinato fuori a forza e ucciso freddamente. Subito dopo fu la volta degli altri tre sacerdoti. I tre padri che abitavano a Tizi Ouzou e il P. Deckers, arrivato il giorno prima da Algeri, avevano scelto di restare in Algeria, malgrado il pericolo a cui erano esposti. Molto attivi nell’aiuto sociale ai bisognosi, la loro vita quotidiana era divisa tra l’impegno di sostenere moralmente e materialmente la gente e la preghiera. Centinaia di persone, per lo più di fede islamica, seguirono il giorno dopo i funerali dei quattro imrabden irumyen, i santoni francesi. Come li chiamava la loro gente.

Ci sono giunte stasera le prime drammatiche notizie dei massacri, provocati dalle incursioni decise dalle autorità israeliane sul territorio di Gaza. Che segnano un ulteriore, inequivocabile, passo sulla via dell’escalation di un conflitto, in cui sembra che il potere decisionale sia ormai passato agli apparati militari e la potenza delle armi intenda togliere ogni residua possibilità alle forze del dialogo e della pace. Una volta di più, l’odio e la violenza nelle relazioni tra gli Stati e, anche altrove, all’interno di essi tra le diverse fazioni (spesso, paradossalmente, a carattere religioso) hanno la meglio. Noi vogliamo chiudere questa nostra lettera con la preghiera di un musulmano algerino, riportata nell’articolo “Il ricordo dei Padri Bianchi uccisi in Algeria”, che troviamo nel sito dei Padri Bianchi www.missionaridafrica.org . Ci pare possa essere anche la nostra di oggi. Ed è in ogni caso il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ogni volta che la morte colpisce duramente, sono un altro uomo! Dal tempo della mia tenera infanzia, o mio Creatore e mio Dio, ho sentito parlare di te. Mia Madre ti chiamava “Rabbi Azizen”, mio Dio e mio Maestro carissimo. Nel mio cuore si è radicata la tua immagine grandiosa di un essere solo delizioso. Non solo tu sei un Dio giusto, ma un Dio generoso: tu vuoi la nostra gioia, la nostra pienezza. Ma quando apro il libro che parla della nostra storia, quante ingiustizie, quanto sangue, quanta onta, quante lacrime! Il nostro popolo invaso, calpestato, disprezzato da popoli successivi, dal tempo dei Fenici fino al Regno del FLN. Tu hai permesso tutte queste umiliazioni. Tu, nostro Dio, nobile e generoso. Io non capisco, ma ti faccio fiducia. La nostra indipendenza non è stata che un raggiro. Avventurieri si sono impadroniti del potere, hanno ammassato fortune immense e alimentano oggi la cassa degli assassini. Non capisco, ma ti faccio fiducia. Ragazze rapite per essere violentate e sgozzate. Scuole annientate dal fuoco, fabbriche che sono costate miliardi, trasformate in ceneri grigie, uomini e donne terrorizzati: e questo inferno imposto da uomini che si gloriano del tuo nome, tu il Clemente, il Generoso! Tu non paralizzi le loro braccia, gli permetti di operare con una calma inimmaginabile! Non capisco, ma ti faccio fiducia. Tu sai in anticipo dove tutto questo ci porterà e tu non sei certamente l’amico degli assassini. Allora, mio Creatore e mio Dio, è permesso a qualcuno che ti adora di chiamarti in aiuto degli innocenti? Ci è permesso di credere che tu fermerai presto questa carneficina e queste devastazioni? Possiamo sperare che ci sarà riposo per questo paese devastato? Vieni in soccorso di quelli e di quelle che non sanno più aspettare. Che la tua giustizia e la tua generosità si manifestino, prima che esploda la disperazione! (da “Il ricordo dei padri bianchi uccisi in Africa”).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Dicembre 2008ultima modifica: 2008-12-27T23:25:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo