Giorno per giorno – 23 Dicembre 2008

Carissimi,
per ognuno dei nove giorni che precedono il Natale c’è un’antifona, cantata, nell’Ufficio divino, prima del Cantico del Nuovo Testamento, che è detta “Antifona della O”, perché si apre con l’invocazione di uno dei nomi con cui è chiamato l’Atteso di questo tempo d’Avvento: O Mistero!, O liberazione!, O Sapienza!, O Signore!, O Radice di Iesse!, O Chiave di Davide!, O Sole d’Oriente!, O Re delle nazioni!. Oggi, nono giorno, l’antifona recitava così: “O Emmanuele: / Dio con noi, / Re legislatore. / Speranza di tutte le nazioni. / Desiderato da tutti i cuori, / tu sei dei poveri il più grande liberatore. / Vieni finalmente a salvarci, Signore. / O nostro Dio, ascolta le nostre suppliche. // Vieni, figlio di Maria, / vieni presto, luce della vita. / Quanta sete, quanta attesa, / quando verrà, quando verrà quel giorno?”. Nei suoi auguri per l’imminente Natale, don Augusto ha fatto suo un pensiero dell’allora mons. Montini, da pochi mesi alla guida della chiesa di Milano, che dava voce a un assillo e un’invocazione analoghi: “Dall’inquietudine degli spiriti laici e ribelli e dall’aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe fatale una confessione al Cristo assente: di Te abbiamo bisogno. Di te abbiamo bisogno, dicono anche altre voci isolate e disparate: ma sono molte oggi e fanno coro. È una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di pensosi che intravedono qualche evanescienza di Cristo; di generosi che da Lui imparano il vero eroismo; di sofferenti che sentono la simpatia per l’Uomo dei dolori; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura: di onesti che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di volenterosi che sperano di incontrarlo nelle vie diritte del bene; di convertiti che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averLo trovato”. La citazione, Don Augusto, l’ha poi chiosata così: “Noi cerchiamo il tuo volto, Signore. Non nasconderci il tuo volto”. Stasera, durante la riunione della Comunità, a casa di Ercí e Genesí, questa è stata la preghiera di tutti.

Due sono le memorie di oggi: quella dell’ebreo Abraham Joshua Heschel, maestro, mistico e profeta del nostro tempo, e quella di Gabriel Maire, martire per la giustizia in Brasile.

ABRAHAM J. HESCHEL.JPGAbraham Joshua Heschel era nato a Varsavia l’11 gennaio 1907, discendente di una famiglia di rabbini e mistici chassidici, tra cui Dov Bär di Mèzeritch e Levi Yitzchak di Berditchev. Pur fedele alla mistica e alla spiritualità dei padri, scelse di intraprendere la carriera accademica, vincendo le resistenze della sua famiglia. Studiò filosofia a Varsavia e poi a Berlino, dove ottenne il dottorato nel 1933, succedendo nell’insegnamento a Martin Buber nella cattedra che questi aveva occupato a Francoforte. Nel 1938, tuttavia, in quanto ebreo straniero, fu espulso dalla Germania e dovette fare ritorno in patria. Da lì si allontanò proprio alla vigilia dell’invasione nazista, dirigendosi prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, dove sarebbe rimasto per il resto della vita, insegnando in istituti sia ebrei che cristiani. Una serie di libri pubblicati negli anni 50 lo fecero conoscere come una delle voci più significative del suo tempo. Per l’influenza che esercitò anche in campo cristiano, fu chiamato un “nuovo apostolo delle genti”. Fu profeta instancabile del dialogo e della cooperazione tra le religioni. Incontrò Giovanni XXIII e Paolo VI e fu invitato come osservatore al Concilio Vaticano II. Si deve alla sua influenza la storica dichiarazione del concilio sui rapporti della chiesa con l’ebraismo. Fraterno amico di Martin Luther King, con spirito profetico fece sua la battaglia contro ogni forma di razzismo e discriminazione, denunciò la guerra del Vietnam, non evitando prese di posizione su temi squisitamente politici, perché, diceva “moralmente parlando, non c’è limite all’interesse che si deve avere per la sofferenza dell’essere umano, dato che l’indifferenza di fronte al male è peggiore del male stesso, perché in una società libera, alcuni sono colpevoli, ma tutti sono responsabili”. E, “predicare su Dio, ma tacere sul Vietnam è semplicemente una bestemmia”. (Noi dovremmo ricordarcene più spesso, tutti). La religione di Heschel non rappresenta pertanto una fuga in un altro mondo, ma esprime un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo mondo, dei suoi problemi e necessità. Poco prima di morire, rivolgendosi ai giovani in un’intervista, dichiarò: “Ricordate che c’è un significato oltre ogni apparente assurdità. Sappiate che ogni atto conta, che ogni parola è potere… Soprattutto, ricordate che siete chiamati a costruire la vostra vita come fosse un’opera d’arte”. Lui ci riuscì. Morì il 23 dicembre 1972.

23_GABRIEL_MAIRE_II.JPGGabriel Maire era un prete francese, missionario in Brasile da nove anni, dove aveva assunto l’accompagnamento pastorale delle comunità di base di Campo Grande, a Vitória, nello Stato di Espirito Santo, diventando elemento forte nell’azione di coscientizzazione e organizzazione della popolazione e sostenitore deciso dell’impegno dei cristiani nell’azione politica e sindacale. Ripetutamente minacciato di morte, nonostante le precauzioni prese, il 23 dicembre 1989, di ritorno da una celebrazione tenuta a Castelo Branco, offrì un passaggio in macchina ad uno sconosciuto che gli chiese di essere portato a Porto Santana, dove P. Gabriel era atteso per un’altra celebrazione. In quel tratto di strada, davanti alla stazione Carlos Lindemberg, il prete fu assassinato con un tiro al petto. Aveva 53 anni. Il vescovo di Vitória, dom Silvestre Scandian dichiarò che l’uccisione era l’ultimo atto del martirio di “una vita tutta dedicata al popolo sofferente, massacrato dall’ingiustizia sociale e dall’oppressione”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Malachia, cap.3, 1-4. 23-24; Salmo 25; Vangelo di Luca, cap. 1, 57-66.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

Noi chiudiamo qui, con una citazione di Abraham Joshua Heschel, tratta dal suo libro “Il Sabato” (Garzanti). Che vi proponiamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
I monumenti di pietra sono destinati a scomparire; i giorni dello spirito non svaniscono mai. Sull’arrivo del popolo sul Sinai leggiamo nel libro dell’Esodo: “Nel terzo mese dopo l’uscita dei figli d’Israele dalla terra d’Egitto, in questo giorno essi arrivarono nel deserto del Sinai” (Es 19, 1). Questa espressione stupiva gli antichi rabbini, ed essi si domandarono: perché “in questo giorno” invece di “in quel giorno”? Soltanto perché il giorno in cui fu consegnata la Torà non può diventare mai un giorno del passato: quel giorno è questo giorno, ogni giorno. La Torà, in qualunque momento la studiamo, deve essere sentita “come se fosse stata data a noi, oggi stesso”. E ciò vale anche per il giorno dell’esodo dall’Egitto: “In ogni epoca l’uomo deve considerarsi come se fosse egli stesso uscito dall’Egitto”. Il valore di un grande giorno non si misura dallo spazio che occupa nel calendario. Rabbi Akiba esclamava: “Tutto il tempo non vale il giorno in cui a Israele fu dato il Cantico dei Cantici, poiché tutti i cantici sono santi, ma il Cantico dei Cantici è il più santo dei santi”. Nel regno dello spirito non vi è differenza tra un secondo e un secolo, tra un’ora e un’epoca. Rabbi Giuda il Patriarca affermava: “Vi sono coloro che si guadagnano l’eternità nel corso di tutta una vita, e altri che se la guadagnano in un breve attimo”. Una sola ora buona può valere quanto tutta una vita; un istante di ritorno a Dio può restituire ciò che si è perduto in anni di distacco da Lui. “È meglio un’ora di pentimento e di atti buoni in questo mondo che tutta la vita nel mondo futuro”. (Abraham Joshua Heschel, Il sabato).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Dicembre 2008ultima modifica: 2008-12-23T23:20:00+01:00da fraternidade
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