Giorno per giorno – 20 Settembre 2008

Carissimi,
“Il seminatore uscì a seminare la sua semente” (Lc 8, 5). Gesù, ci dicevamo stamattina, è contemporaneamente il seminatore, la semente e il terreno che la fa fruttificare al meglio. O anche, il messaggero, il messaggio, e l’uomo che l’incarna. Aveva infatti detto all’inizio della sua missione: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; egli mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4, 18). Del messaggio lui, dunque, era latore. Ma ne era anche il contenuto: che è la prossimità del regno, cioè la vicinanza di Dio, cioè il “come agisce” Dio nei confronti dei poveri. La sua solidarietà nei loro confronti, da sempre, in un processo di identificazione che, in Gesù, è stato portato alle estreme conseguenze. Se e quando questo accadesse in noi (sarà mai possibile?), allora potremmo dire con Paolo: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20). E significherà allora che la semente del Vangelo ha portato buon frutto.
Noi abbiamo fatto una certa fatica a scoprirne i nomi sulle pagine dei giornali in rete. Per la maggior parte di essi, infatti, sono semplicemente sei africani. Poi, nel Manifesto, abbiamo trovato il nome di cinque di essi: Samuel, Christofer, Julius, Erik, Alex. Delle cui vite non sapremo mai nulla, se non il fatto che avevano lasciato la loro terra, strappandosi alle loro famiglie, all’immaginabile rete di amicizie, alla loro cultura, nella speranza di trovare condizioni migliori e più dignitose di vita. Scrivono che la loro unica colpa è di essersi trovati nel luogo sbagliato, al momento sbagliato. Noi cominciamo a pensare che di sbagliato, anzi, più di sbagliato, di nefando, ci sia solo qualcosa nel vostro Paese (anche se non solo nel vostro Paese!). L’esiguità delle lodevoli manifestazioni contro l’assassinio, avvenuto a Milano neppure una settimana fa, del giovane afro-italiano Abdul Guibre (solo poche centinaia di studenti in piazza, leggiamo), ci sembra lo segnali con chiara evidenza. Forse, bisognerebbe farci un pensiero. Forse, a sera, bisognerebbe cominciare a chiedersi: cosa ho fatto di concreto oggi perché il diverso da me, con me si sentisse a casa? Cosa ho fatto per fermare chi materialmente uccide e per isolare e denunciare la cultura di chi ne arma la mano, predicando e praticando intolleranza, disprezzo, sfruttamento, emarginazione ed esclusione nei confronti degli anelli più deboli della società? La semente del “come agisce” Dio nei confronti dei poveri ha davvero attecchito e fruttificato in me?

677344355.JPG1698790542.JPGIl nostro calendario ci porta oggi la memoria di Henri Nouwen, maestro e consigliere spirituale.

Henri Nouwen nacque a Nijkerk (Olanda) il 24 gennaio 1932. Ordinato sacerdote nel 1957, studiò psicologia e teologia pastorale. Nella sua formazione spirituale fu di grande significato l’esperienza di solitudine che potè vivere nel Monastero trappista di Genesee, negli Usa, così come l’approfondimento delle tematiche ecumeniche e l’incontro con la riflessione teologica e delle comunità di base dell’America Latina. Per alcuni anni, a partire dagli anni 80, Nouwen alternò soggiorni in Perù e l’insegnamento negli Stati Uniti, dove si fece voce dei poveri del Sud del mondo. Tuttavia fu l’incontro con la Comunità dell’Arca di Jean Venier nel 1986 che cambiò il corso della sua vita. Da allora uomini e donne colpiti da gravi deficienze fisiche e psichiche divennero la sua famiglia, e uno di loro in particolare, Adam Arnett, suo amico, maestro e guida. Questo periodo fu il più denso e profondo nella sua vita di sacerdote, di autore, di amico e di consigliere spirituale. Colpito da infarto, durante un viaggio al suo paese d’origine, morì nella notte tra il 20 e il 21 settembre 1996.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.15, 35-37. 42-49; Salmo 56; Vangelo di Luca, cap.8, 4-15.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diapsora e di Eretz Israel.

Festa di compleanno alla grande stasera, nel bairro, al Centro Comunitário “Giovanni Gavazzoli”. I festeggiati erano: la nostra Adrianinha, che ha compiuto ieri quindici anni (una ricorrenza che per le ragazze di qui segna una sorta di debutto in società), Né, che martedì scorso ha completato quarantasei primavere, e Maria Paula, la bimba di Urda e Marcinho, che, nello stesso giorno, aveva fatto due anni. Mettetele tutte e tre nella vostra preghiera beneaugurante.

Per stasera è quanto vi si doveva dire. Perciò ci congediamo e vi lasciamo a un ultima lettura: un brano tratto dal libro di Henri J. M. Nouwen, “Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo” (Queriniana). È bello e stimolante ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Una vera educazione al servizio richiede un processo di auto-spoliazione difficile e spesso doloroso. Il problema principale del servizio è quello di essere la “strada” senza essere di ostacolo. E se esistono strumenti, tecniche e capacità da apprendere, questi sono anzitutto l’aratura del terreno, il taglio delle erbacce e la potatura dei rami, cioè l’eliminazione di tutto ciò che ostacola la crescita e lo sviluppo. L’educazione al servizio non è un’educazione ad arricchirsi bensì a farsi volontariamente poveri; non a soddisfare se stessi bensì a svuotarsi, non a conquistare Dio bensì ad arrendersi al suo potere salvifico. Tutto questo è accettabile solo con grande fatica, nel mondo contemporaneo che parla dell’importanza del potere e dell’autorità. Eppure, è importante che in questo mondo ci sia ancora qualche voce a gridare che se c’è qualcosa di cui vantarsi, questa è soltanto la fragilità. La realizzazione di se stessi consiste nel vuoto, l’utilità nel divenire inutili, il potere nel perdere ogni potere. Ed è parte del nucleo del messaggio cristiano che Dio non si è mai rivelato come l’ “altro” che è potente, inavvicinabile nella sua onniscienza, onnipotenza e onnipresenza. Egli è venuto invece a noi in Gesù Cristo che “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso… e divenendo simile agli uomini, apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8). È Dio stesso che rivela il moto della nostra vita spirituale. Non è il moto dalla debolezza alla potenza ma il moto in cui abbiamo sempre meno paura, abbassiamo le nostre difese e ci apriamo sempre di più agli altri e al mondo, anche quando ciò conduce al dolore e alla morte. (Henri J. M. Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Settembre 2008ultima modifica: 2008-09-20T23:50:00+02:00da fraternidade
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