Giorno per giorno – 13 Settembre 2008

Carissimi,
“Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene” (Lc 6, 48). Stamattina ci dicevamo che “quella casa” può essere la nostra famiglia, la chiesa, la comunità, la società o anche semplicemente noi stessi. La casa è ciò (chi) ci accoglie, ci ospita, ci ripara e protegge. È quella che sta costruendo Marcinho, qui nel bairro, o Darlan, a Itaberaí, o Elenice, a Itapuranga. Ma è, sempre anche di più dell’edificio materiale. Che, di quel “di più”, diviene in qualche modo simbolo. Gesù dice che una casa (famiglia, chiesa, comunità, società, noi stessi) costruita bene è quella di chi viene a lui, lo ascolta e mette in pratica le sue parole. E ci domanda: “Perché mi chiamate “Signore, Signore” e poi non fate ciò che dico?” (v.46). Beh, Signore, te lo diciamo in confidenza, ma le parole che tu dici è meglio e più facile dimenticarle, lo sanno tutti. Quelle parole, infatti, pesano come macigni. Sono quelle che abbiamo ascoltato ieri e ier l’altro e ier l’altro ancora. Così belle, ma. Pensiamo solo a quel: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano” (Lc 6, 27-28) o anche a: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato” (Lc 6, 36-38). Quando mai l’abbiamo preso sul serio? Anche solo in famiglia, in comunità, tra amici e noi altri chiesaioli! Immaginiamo con gli altri: i nostri scorbutici vicini, gli avversari politici, quelli di un’altra (o di nessuna) chiesa o religione, e questi immigrati così strani, diversi e indisponenti! Eppure, se non saremo noi a cambiare, qui, lì, a Mosca, Londra, Washington, Parigi, in Vaticano, da adesso, la nostra sarà inevitabilmente una casa (famiglia, chiesa, comunità, società, noi stessi) costruita sulla terra: “Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande” (v.40). È l’ultima parola, l’ultimo avvertimento, di questo discorso di Gesù.

Oggi è memoria di Giovanni Crisostomo, pastore, padre della Chiesa, amico dei poveri.

446027497.JPGGiovanni, soprannominato Crisostomo (bocca d’oro) per la sua eloquenza, nacque nell’anno 345, ad Antiochia (nell’attuale Turchia), in una famiglia di alti funzionari. A ventitre anni, chiese di ricevere il battesimo e nel 374 cominciò a condurre vita eremitica sui monti circostanti la sua città natale. Le cattive condizioni di salute lo costrinsero, nel 386, a tornare alla sua città, dove fu ordinato presbitero. Tornatosi famoso per la profondità della sua predicazione, nel 398, fu eletto patriarca di Costantinopoli. La sua testimonianza e la sua fermezza evangelica gli crearono molti e potenti nemici tra gli stessi ecclesiastici. Molte accuse furono sollevate contro di lui in uno pseudo-concilio e Giovanni fu condannato all’esilio. In mezzo alle sofferenze riuscì tuttavia a mantenere sempre la pace. I suoi nemici, non soddisfatti, lo esiliarono in un luogo ancora più lontano, Pitius, agli estremi confini dell’impero. Mori sulla via dell’esilio il 14 settembre del 407.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.10, 14-22; Salmo 116; Vangelo di Luca, cap.6, 43-49.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Ci hanno telefonato stasera, per dirci che la nostra amica Francesca di Melegnano è stata ricoverata in ospedale, per un’edema polmonare e qualche altra complicazione. La Cecchina completerà tra qualche mese i suoi 105 anni, tutti di fedeltà incrollabile a quella Parola di cui dicevamo più sopra. Noi, inutile dirlo, le vogliamo bene, anche perché ci porta da tempo nella sua preghiera. E Dio solo sa quanto ci sia di aiuto. Come già altre volte in simili occasioni, vorremmo chiedervi di metterla, assieme a noi, nella vostra, di preghiera, ora che è lei ad averne bisogno. Lui, poi, sa sempre come fare sentire la sua presenza in tali momenti. Al meglio.

Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di un testo di Giovanni Crisostomo, che ha parecchio a che vedere con quanto siamo venuti riflettendo oggi e che vi offriamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La pace è un bene così grande, che vengono chiamati figli di Dio coloro che la operano e la diffondono (cf. Mt 5,9), ed è evidente. Anche il Figlio di Dio è venuto per questo sulla terra, per stabilire la pace sia in terra, sia in cielo (cf. Col 1,20). Se chi opera la pace è figlio di Dio, chi opera sconvolgimenti è figlio del diavolo. “Ma che dici? Tiri fuori liti e guerre? Ma chi è tanto infelice?” si dice. Eppure ci sono molti che gioiscono del male, che lacerano il corpo di Cristo più dei soldati che lo trafissero con la lancia o dei giudei che lo ferirono con i chiodi. Quello fu un male minore: quelle membra lacerate furono ricomposte. Invece queste membra una volta separate, se non gli si ricongiungono, non gli si ricongiungeranno mai più, ma resteranno al di fuori della sua pienezza. Quando vuoi far guerra al fratello, rifletti che fai guerra alle membra di Cristo, e cessa da tale pazzia. Ma che, se è abbietto, se è meschino? Ma che, se è una persona di nessun conto? Non è volontà del Padre mio, è detto, che perisca uno solo di questi piccoli (Mt 18,14), e ancora: I loro angeli contemplano incessantemente il volto del Padre mio che è nei cieli (Mt 18,10). Dio per lui si è fatto schiavo e si è lasciato uccidere; e tu ritieni che non valga nulla? Non ti opponi anche così a Dio, sputando sentenze diverse dalle sue? Quando colui che presiede alla Chiesa entra, subito dice: “Pace a tutti”; quando predica: “Pace a tutti”; quando benedice: “Pace a tutti”; quando esorta a scambiarci il segno di pace: “Pace a tutti”; quando il sacrificio è terminato: “Pace a tutti”, e durante il sacrificio ancora: “Grazia a voi e pace”. Non è dunque assurdo se noi, che tante volte ascoltiamo l’invito alla pace, ci combattiamo a vicenda? Noi che riceviamo e rendiamo il segno di pace, combattiamo colui che ce lo rivolge! Tu gli rispondi: “E col tuo spirito”, e fuori lo calunni? Ahimè! Le cerimonie più sante della Chiesa sono diventate semplici formalità esteriori e non hanno più nessuna realtà! Ahimè! La parola d’ordine di questo esercito è rimasta una semplice parola! Perciò non sapete neppure per qual motivo si dica: “Pace a tutti”. Ascoltate dunque subito che cosa dice Cristo: Giungendo a una città o a un villaggio, entrando nella casa, salutatela, e se la casa ne sarà degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi (Mt 10,11). Per questo non comprendiamo niente quando riteniamo ciò semplici formalità e non le accompagniamo con la nostra mente. Sono forse io che do la pace? È Cristo che si degna di parlare tramite noi. (Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Colossesi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Settembre 2008ultima modifica: 2008-09-13T22:18:00+02:00da fraternidade
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