Giorno per giorno – 31 Luglio 2008

Carissimi,
“Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 13, 47-50). Strana questa parabola del Regno che diventa parabola del giudizio finale! O non si tratterà del giudizio finale, ma piuttosto del tempo in cui il Regno giunge finalmente a maturazione? Come a dire, in una ripresa delle profezie messianiche, che il Regno accade davvero e per intero quando non ci sono più pesci grossi che si mangiano quelli piccoli, o lupi che sbranano agnelli, o ricchi che sfruttano i poveri, o potenti che opprimono i deboli. Finché questo non succede, il Regno non c’è. Ci sono solo alcune sue manifestazioni, qua e là. Non diversamente accade nella nostra vita: ora c’è ora non c’è, ora c’è ora non c’è. E così via. Non sappiamo bene se c’entri qualcosa, ma un amico di Milano ci manda questa sintetica notazione di un commentatore di cose politiche: “La carriera politica del primo ministro israeliano Ehud Olmert è al capolinea. Plurinquisito per corruzione uscirà di scena e dichiara: ‘Sono orgoglioso di essere cittadino di un paese in cui anche un primo ministro può essere indagato dalla polizia come un semplice cittadino’. La carriera politica del primo ministro italiano Silvio Berlusconi non è al capolinea. Plurinquisito per corruzione non uscirà di scena e dichiara: ‘Io penso che il lodo Alfano sia il minimo che una democrazia possa apprestare a difesa della propria libertà’.”. Noi, a dire il vero, conosciamo poco le cose di casa vostra, ma prendiamola comunque come una sorta di parabola: un po’ di regno succede anche quando i grandi [sospetti] corrotti sono trattati come i piccoli [sospetti] ladruncoli.

Il nostro calendario ci ricorda Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, e Vladimir Solov’ev, mistico russo.

413809108.jpgIñigo (Ignazio) Lopez de Loyola era nato ad Azpzitia, nel Paese Basco, nel 1491, ultimo di tredici figli di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona. Quindicenne, orfano di padre e madre, viene inviato a corte, dove sarà educato alla vita cavalleresca. È donnaiolo, sfrontato e attaccabrighe, quanto basta e avanza. Nel 1515 finirà addirittura sotto processo per non meglio precisati “enormi delitti” commessi durante il carnevale. Intrapresa la carriera militare, durante l´assedio francese alla fortezza di Pamplona, nel 1521, un proiettile lo raggiunge alla gamba, azzoppandolo. È la sua via di Damasco. Durante la convalescenza, Ignazio ha modo di ripensare radicalmente la sua vita. Si reca nel monastero di Montserrat, dove fa la confessione generale della sua vita, decidendo, poi, di condurre una vita di penitenza, come eremita, a Manresa, in una grotta isolata di quella regione. Qui, un anno dopo, improvvisamente, scopre la vocazione all’attività apostolica. Si reca in pellegrinaggio in Terra Santa e, al ritorno, inizia una rigorosa preparazione intellettuale, studiando latino a Barcellona e filosofia e teologia nelle università di Alcalá (dove sarà inquisito per sospetta eresia), Salamanca e Parigi. In questa città comincia a riunire alcuni compagni, con cui, il 15 agosto 1534 costituisce la Compagnia di Gesù, la cui attività abbraccerà predicazione, insegnamento, missioni ecc., conoscendo presto un rapido sviluppo. Appassionato di Cristo e della Chiesa, lo stesso Ignazio esercita un’intensa attività apostolica, nella guida della Compagnia, con i suoi scritti e curando e orientando la formazione dei suoi discepoli. Di grande aiuto per quanti desiderano sinceramente consacrarsi a Dio risulteranno essere i suoi “Esercizi Spirituali”. Ignazio muore a Roma, il 31 luglio 1556.

857678185.GIFVladimir Solov’ev nacque a Mosca, il 16 gennaio 1853, e fu teologo, filosofo, mistico, poeta ed ecumenista. Riteneva che l’essenza del cristianesimo consistesse nell’unione di Dio e dell’uomo nel Verbo incarnato, ma che l’ortodossia avesse trascurato l’uomo e il cristianesimo occidentale avesse trascurato Dio. Fu profondamente convinto che il cattolicesimo romano e l’ortodossia erano rimasti misticamente uniti nonostante la divisione esteriore. Scomunicato dalla sua chiesa e abbandonato da quanti nella Chiesa cattolica ne avevano appoggiato la visione ecumenica e i progetti di riunificazione tra le Chiese, nei suoi ultimi scritti, segnati da un pessimismo che “solo la fede nelle promesse divine trattiene dal cadere nella disperazione”, presenta il sogno che un “piccolo resto” – formato da ortodossi, cattolici e riformati fedeli all’Evangelo e da ebrei ribelli al falso imperatore cristiano, riuniti tutti intorno al Cristo risorto – inauguri il regno millenario. Morì, il 31 luglio 1900, ricevendo i sacramenti della sua Chiesa, pregando in ebraico con i fratelli ebrei. Scrisse: “Lo spirito di Cristo muove gli atei quando lottano per la giustizia e la solidarietà universali”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.18, 1-6; Salmo 146; Vangelo di Matteo, cap.13, 47-53.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Nell’agosto del 1999, a Taiwan, il card. Carlo Maria Martini tenne un corso di Esercizi ai padri gesuiti della Provincia cinese, sul tema della Seconda lettera ai Corinzi, rifacendosi fedelmente al metodo proposto da sant’Ignazio di Loyola. Le meditazioni allora dettate sono diventate poi un libro, uscito col titolo “La debolezza è la mia forza” (Piemme). Curioso: nei giorni scorsi, Né aveva azzardato, con la sua ritrosa semplicità di sempre, che non siamo tanto noi a servire Dio, quanto Lui a servire noi. Oggi nel libro che abbiamo appena citato troviamo questa osservazione: “È allora possibile applicare il tema del servizio non soltanto al Verbo incarnato che assume la figura del servo, ma a Dio stesso? La teologia recente ne è convinta… Questi teologi ritengono che la manifestazione di Dio nell’umiltà di Gesù servo non è uno stratagemma pedagogico per insegnarci l’umiltà, ma corrisponde alla sua intima natura trinitaria”. Il seguito di questa riflessione, congedandoci, ve lo proponiamo qui di seguito come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Vi propongo di rileggere il testo molto profondo di sant’Ignazio, al n.236 degli Esercizi Spirituali. Ammetto che non ho mai prestato tanta attenzione a questo punto come oggi, mentre mi sforzavo di considerare la possibilità di capire la gloria di Dio come servizio. È il terzo punto della contemplazione per raggiungere l’amore, e recita: “Considererò come Dio lavora e opera per me in tutte le cose create sulla faccia della terra, come cioè si comporti da lavoratore nei cieli, negli elementi, nelle piante, nei frutti, nel bestiame ecc., dando l’essere, conservandolo, facendolo vegetare, sentire, ecc.”. Dunque Dio agisce come colui che vuole essere al mio servizio, come colui che vuol fare qualcosa per me, che lavora per me. Io sono la sua gloria, la sua gloria è il mio aiuto, la mia vita. Giustamente il grande teologo, vescovo e martire, sant’Ireneo diceva: “La gloria di Dio è l’uomo vivente”. Ricordo un caro confratello gesuita, morto alcuni anni fa di cancro, che negli ultimi momenti della sua vita, pregava il Signore con queste bellissime parole: “Signore, io sono il tuo tesoro, tu mi vuoi, io sono il tuo capolavoro e tu ti prendi cura di me”. Non: “Signore, tu sei il mio tesoro”, ma “io sono il tuo tesoro”. A indicare che la verità di Dio Amore, di un Dio che si cura di noi può farci intuire qualcosa del suo mistero e del perché Gesù ha privilegiato, venendo nel mondo, la figura del servo. (Carlo Maria Martini, La debolezza è la mia forza).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Luglio 2008ultima modifica: 2008-07-31T23:45:00+02:00da fraternidade
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