Giorno per giorno – 12 Febbraio 2008

Carissimi,
stasera si ha spazio solo per le nostre memorie. Che sono: Dorothy Stang, missionaria e martire della solidarietà in Brasile; Vittorio Bachelet, martire della giustizia in Italia; Lorenzo della Risurrezione, mistico del nascondimento quotidiano, in Francia.

559146228.jpgDorothy Stang era nata il 7 lulgio 1931, a Dayton, nello Stato dell’Ohio (Usa). Nel 1948 era entrata nella congregazione di Notre Dame di Namur, un ordine che conta circa duemila suore sparse nei cinque continenti. Emessi i voti solenni nel 1956, aveva continuato ad insegnare nelle scuole della Congregazione sino al 1966, quando fu mandata in Brasile. Stabilitasi a Coroatá, nel Maranhão, cominciò subito ad occuparsi della situazione e delle lotte dei contadini più poveri. Trasferitasi nel Pará, seguendo i flussi migratori della sua gente alla ricerca di migliori condizioni di vita, Dorothy si impegnò con la Commissione Pastorale della terra nella creazione di un nuovo modello di insediamento agricolo, basato sulla produzione familiare e sulle attività estrattive di sussistenza a basso impatto ambientale. Inevitabile lo scontro con gli interesi di latifondisti e fazendeiros della regione, che iniziarono a moltiplicare le minacce di morte nei confronti della religiosa. Il 12 febbraio 2005, secondo il racconto di alcuni testimoni, due pistoleiros abbordarono irmã Dorothy ad Anapú, tenendola sotto la minaccia delle armi. La religiosa senza scomporsi tentò di dissuaderli dal mettersi nei guai, mostrò loro che aveva come unica arma di difesa la Bibbia, giunse persino a legger loro alcuni versetti. Ma, inutilmente: nove colpi sparati a bruciapelo posero fine alla vita di questa suora, che aveva dedicato la sua vita ai poveri.

1138589062.jpgVittorio Bachelet era nato il 20 febbraio del 1926 a Roma, ultimo di nove fratelli, nella famiglia, di origine piemontese, di Giovanni e Maria Bosio. Decisivi per la sua formazione cristiana furono l’esempio della madre, catechista, e la guida dei sacerdoti che ne accompagnarono la crescita e la maturazione. Nel 1934 aderì all’Azione cattolica, poi, da studente universitario, alla FUCI e, infine, al Movimento Laureati. Nel 1951 sposò la compagna della sua vita, Maria Teresa, da cui avrà due figli, Maria Grazia e Giovanni. Ricoprì ruoli di rilievo sia in ambito ecclesiale che in quello professionale. Fu professore universitario a Trieste, Palermo e Roma. Giovanni XXIII lo nominò vice-presidente dell’ AC. e Paolo VI, nel 1964, presidente. Sotto la sua presidenza fu inaugurata la scelta religiosa dell’organizzazione, con l’intento di procedere al suo rinnovamento, alla luce delle novità scaturite dal Concilio. Dopo gli anni del presenzialismo e dell’interventismo a vasto raggio, era tempo per l’Azione cattolica, di “riprendere a pregare, a meditare, a far sua la missione della Chiesa sul piano della formazione delle coscienze, imitando Gesù mite e umile di cuore”, riscoprendo “la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato”. Questa centralità di Gesù, soprattutto nella sua dimensione eucaristica (vita che si dona) non fu semplice enunciazione di principi, ma si tradusse per Bachelet in testimonianza concreta di vita in ogni suo ambito. Nel 1976, dopo essersi dimesso da ogni posto di responsabilità ecclesiale, per evitare possibili strumentalizzazioni, si candidò alle elezioni per il consiglio comunale di Roma e fu eletto con un numero altissimo di preferenze. Pochi mesi più tardi, tuttavia, dovette lasciare l’incarico, perché nominato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, venne assassinato da due terroristi delle Brigate Rosse, nell’atrio della facoltà di scienze politiche. Ai suoi funerali, due giorni dopo, il figlio Giovanni pregò così: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”.

1063544125.gifNicola Herman era nato ad Hériménil, presso Lunéville, in Lorena, nel 1614, da Joseph de Beaufort e Louise Mayeur. A diciotto anni, d’inverno, contemplando un albero spoglio, “ricevette, secondo le parole del suo biografo, un’alta concezione della provvidenza e della potenza di Dio, che mai si cancellerà dalla sua anima”. La vita, tuttavia, riprese il suo ritmo di sempre. Miseria, fame, guerra. Interminabili. Nicola si arruolò nell’esercito del duca Carlo IV. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e rilasciato. Successivamente, ferito gravemente, fece ritorno a casa. Lì fece una prima esperienza di vita eremitica, che durò poco. Trasferitosi a Parigi, lavorò come cameriere a Parigi. Ma viaggiava sull’imbranato, e rompeva tutto. Conosciuta la chiesa dei frati carmelitani, in rue de Vaugirard, cominciò a frequentarla e nel 1640 decise di entrare in convento come fratello laico, prendendo il nome di Lorenzo della Risurrezione. Sarà cuoco, poi calzolaio al servizio di quella comunità. Il che non risultò affatto semplice, perché, per molto tempo, Lui non si fece sentire. Per dieci anni, infatti, Lorenzo attraversò una lunga notte dello spirito, finché, con un atto di abbandono totale, cambiò tutto. Ed egli divenne testimone radioso della presenza di Dio. Negli anni successivi, la sua fama si sparse e cominciò ad arrivare gente a cercarlo, anche personaggi famosi come Fénelon. Dopo la sua morte avvenuta il 12 febbraio 1691, l’abate G. de Beaufort prenderà l’iniziativa di pubblicare una piccola collezione delle sue massime spirituali e di altri scritti, che presto furono tradotti da studiosi protestanti ed anglicani in tedesco, in inglese e più tardi in una quindicina di altre lingue. Insegnava che la vita spirituale consiste tutta nella pratica della presenza di Dio, “un mestiere” che bisogna “imparare”: un po’ penoso all’inizio, ma che praticato con fedeltà, produce poi, segretamente, nell’anima, effetti meravigliosi. “Non ci si deve mai stancare di compiere piccole cose per amor di Dio che guarda non la grandezza dell’opera, ma l’amore” e ancora: “Io giro la mia frittata nella padella per amore di Dio”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.55, 10-11; Salmo 34; Vangelo di Matteo, cap.6, 7-15.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

È tutto. Adesso, se non vi siete ancora addormentati, aprite bene gli occhi e aguzzate l’attenzione, perché la pagina di Vittorio Bachelet, che vi proponiamo, tratta dal suo “Il servizio è la gioia” (AVE), vale proprio la pena. E ci pare di straordinaria attualità e di valido aiuto per vivere al meglio questi nostri giorni.

PENSIERO DEL GIORNO
Quello che conta è avere nel nostro cuore e nella nostra azione, nel nostro programma qualcosa di positivo da proporre. Se noi ci lasciamo mordere il cuore da questo atteggiamento di continuo timore, di sfiducia, d’interpretazione sempre un poco parziale, in questa chiave, di ogni cosa che avviene, temo che non sapremo costruire. Per costruire ci vuole la speranza. In fondo io penso che noi dovremmo riflettere molto le grandi parole che diceva Giovanni all’inizio del Concilio: “Ci sono quelli che vedono sempre che tutto va male, e invece noi pensiamo che ci siano tante cose valide, positive”. Noi dobbiamo tenerlo fermo come atteggiamento di speranza, che ci consente di vincere anche queste ombre, di vincere anche questi rischi, di vincere il male con il bene. E questo vale anche nella vita della società. Ne abbiamo parlato tanto. È un impegno che dobbiamo riscoprire nella sua essenzialità cristiana. E anche qui, se ci saranno situazioni difficili, dobbiamo sempre tenere presente una fiducia fondamentale, che non è quella nelle nostre forze o in formulette, ma è quella dell’aiuto finale di Dio e nella capacità che avremo, se fideremo in Lui, di volgere le cose al bene. Scusate se cito un pezzo di Bonhoeffer – che era un uomo di grande spiritualità -: “Io credo, (diceva) che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa. Per questo egli ha bisogno di uomini che si pongano al servizio di ogni cosa per volgerla al bene. Io credo che Dio, in ogni situazione difficile, ci concederà tanta forza di resistenza quanta ne avremo bisogno. Egli però non la concede in anticipo, affinché ci abbandoniamo interamente in lui e non in noi stessi. Ogni paura per il futuro dovrebbe essere superata con questa fede”. Io credo che questo atteggiamento di fede in lui, di serenità noi dovremmo portare nel nostro cuore, noi dovremmo diffondere largamente intorno a noi. […] Dice Tagore e tutti dovremmo poter dire alla fine della nostra vita: “Io dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il servizio era la gioia”. Che tutti noi sappiamo davvero riscoprire che il servizio è la gioia. (Vittorio Bachelet, Il servizio è la gioia).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Febbraio 2008ultima modifica: 2008-02-12T23:48:00+01:00da fraternidade
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