Giorno per giorno – 5 Gennaio 2008

Carissimi,
“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” (1 Gv 3, 14-15). A partire da questa affermazione della lettera di Giovanni, che la liturgia ci fa leggere oggi, (ma lo si potrebbe fare facilmente con ogni altra pagina del Nuovo Testamento), possiamo verificare se sussistano o meno, le relazioni nuove del Regno. In assenza delle quali non ha senso parlare di società cristiana. L’equivoco del regime di cristianità nasce dalla deliberata e avvenuta riduzione del cristianesimo a religione civile, attraverso la quale chiesa e impero si legittimavano – e perciò anche si strumentalizzavano – a vicenda. Nel secolo XVI, sull’onda della Riforma, ma ponendosi ben presto in conflitto anche con essa, una minoranza coraggiosa di cristiani, gli anabattisti, volle contestare l’alleanza che si era venuta instaurando tra potere politico e le chiese, sia in ambito cattolico che protestante. Lo fecero con l’intento di restituire l’evangelo e l’adesione ad esso allo spazio della libera, e necessariamente pacifica, testimonianza cristiana. E solo a questa. Ne nacque una lunga storia di martirio, ricca di pagine gloriose.

Il nostro calendario ecumenico ci porta quella che ha per protagonista Felix Mantz, riformatore e martire nonviolento in Svizzera, che è ricordato oggi con Filippo di Mosca, pastore e martire nella Russia zarista.

05 FELIX MANTZ.jpgFelix Mantz fu uno dei fondatori del movimento anabattista. Nato a Zurigo verso il 1500, fu mandato a Parigi, dove studiò latino, greco e ebraico. Rientrato in patria, il giovane entrò a far parte dei circoli umanistici che gravitavano intorno a Ulrico Zwingli, ma, già nel Gennaio 1523, lui con Grebel, Reublin, Brötli e Stumpf, cominciarono a contestare la linea portata avanti dall’ex-parroco dela cattedrale di Zurigo, soprattutto per ciò che concerne la superiorità della Sacra Scrittura, da loro propugnata, rispetto all’autorità dello stato, sottolineata invece da Zwingli. In seguito alla polemica sul battesimo dei bambini, che sfociò nella condanna del gruppo, Mantz, sfidando il divieto delle autorità cittadine, ospitò a casa sua, il 21 gennaio 1525, i quindici anabattisti che presero la decisione di procedere al proprio ribattesimo. Per questo motivo, il 30 gennaio, egli fu arrestato assieme a Jörg Blaurock, e tenuto in prigione fino al 7 ottobre. Appena rilasciato, partecipò, il giorno successivo, alla protesta della comunità anabattista di Grüningen, un distretto vicino a Zurigo, sicché, con alcuni altri compagni, fu arrestato e nuovamente incarcerato. Il 5 marzo 1526, dopo quattro mesi di carcere duro, il Consiglio cercò di fiaccare la resistenza dei prigionieri, condannandoli a un regime di pane e acqua, finché non ritrattassero, ma 15 giorni dopo, approfittando di una negligenza nel turno di guardia, il gruppo degli anabattisti riuscì ad evadere. Mantz trascorse allora alcuni mesi vagando per la Svizzera e battezzando nuovi adepti, finché le autorità di Zurigo lo catturarono, il 3 dicembre 1526, assieme a Blaurock in una foresta vicino a Grüningen. Mantz venne condannato a morte per annegamento in accordo con la terribile sentenza del riformatore zurighese: “Qui iterum mergit, mergatur” (Chi s’immerge (= si battezza) nuovamente, sia immerso, cioè affogato!). Il 5 gennaio 1527, Felix Mantz, primo di una lunga e tragica teoria di martiri anabattisti, che conta circa mille nomi, venne prelevato dalla prigione della torre di Wellemberg, a Zurigo, e portato in barca in mezzo al fiume Limmat. Lì fu gettato nelle acque gelate con mani e piedi legati. Aveva 27 anni.

05 FILIPPO DI MOSCA.jpgFeodor (o Teodoro, tale il suo nome alla nascita) nacque nel 1510 da Varvara e Stepan Ivanovich Klychev, una famiglia di nobili boiardi. Dopo aver servito per qualche tempo nell’esercito, decise, nel 1537, di lasciare gli agi della vita nobiliare, per farsi monaco nelle lontane isole Solovetsk, dove assunse il nome di Filippo. Dopo essere stato taglialegna e fornaio, emise la sua professione solenne nel 1538 e cominciò a vivere come eremita nelle foreste circostanti, dedicandosi allo studio e alla preghiera. Nel 1547 fu unanimemente scelto come abate. Si diede allora a ristrutturare buona parte dell’antico monastero; sviluppò un nuovo sistema di irrigazione, costruì mulini, laboratori per la lavorazione dei pellami, creò un ospedale e una foresteria per i pellegrini, e infine due grandi cattedrali, rendendo il monastero un centro rinomato di pietà e di studio. Si preoccupò, altresì, di assicurare un adeguato trattamento ai laici che lavoravano nelle proprietà del monastero e garantì il diritto alle rivendicazioni ai contadini della regione, cosa del tutto inaudita nella società aristocratica del tempo. Senza aspettarselo né desiderarlo, fu eletto metropolita di Mosca e primate della Chiesa russa, il 25 luglio 1566. Quando lo Zar Ivan IV (il Terribile), che già considerava le misure adottate da Filippo nei confronti dei contadini un’intromissione indebita nella sua politica interna, prese a massacrare i suoi oppositori e chiunque sospettasse di simpatizzare con loro, Filippo si premurò di esporgli in privato l’orrore e l’errore delle sue azioni. Ma Ivan non ne sembrò punto soddisfatto. Peggio ancora quando Filippo prese posizione pubblicamente. Lo Zar ne pretese la rimozione dalla carica, sotto la ridicola accusa di stregoneria e corruzione. Arrestato e posto in catene, il metropolita fu spostato da una prigione all’altra per mesi, finché il 23 dicembre 1569 (corrispondente al 5 gennaio del nostro calendario), fu strangolato da un agente dello zar.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra attenzione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.3, 11-21; Salmo 100; Vangelo di Giovanni, cap.1, 43-51.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi pomeriggio, è stato il Natale dei nostri amici e amiche di Fé e Luz. Ci si è ritrovati, una cinquantina, nel bairro, al Centro comunitario “Giovanni Gavazzoli” e, dato che mica tutti potevano intendere la storia del Bambino, di Maria e di Giuseppe, ma tutti possono invece capire i gesti del voler bene, dell’abbracciare e del danzare allegramente insieme, noi si è scelto, appunto, di ballare. Ognuno come poteva, sapeva o inventava. Fino a sfinirsi. Poi si è dato a ciascuno(a) di loro un dono, noi come magi un po’ scalcinati e loro come il Bambino divino. E lo erano davvero. E, a chiusura, una grande, bellissima, buonissima torta.

Anche per stasera è quanto avevamo da dirvi. Così ci congediamo qui, lasciandovi a un brano dell’ultima lettera che Felix Mantz scrisse ai suoi amici. Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ahimé, quanti sono oggi coloro che si gloriano del Vangelo e parlano, insegnano e predicano in continuazione su di esso, ma sono poi pieni di odio e di invidia; quanti non hanno l’amore di Dio e la cui disonestà è conosciuta da tutti, come abbiamo sperimentato anche in questi ultimi giorni; e quanti, venuti a noi in vesti di agnello, si sono rivelati lupi famelici, che, sulla terra, perseguitano i buoni e ostruiscono il cammino che porta alla vita e al vero ovile! Così agiscono i falsi profeti e gli ipocriti di questo mondo, che, con la stessa bocca, bestemmiano e pregano, e la cui vita è dedita a ogni tipo di sregolatezza. Essi fanno appello alle autorità per eliminarci e, facendo questo, distruggono la stessa essenza del cristianesimo. Io, tuttavia, loderò il Signore Gesù, che esercita ogni pazienza con noi, poiché Egli ci istruisce con la sua divina grazia e mostra amore per tutti gli uomini, secondo la natura di Dio, suo Padre celeste, come nessuno dei falsi profeti è capace di fare. Ora, la differenza sta proprio nel fatto che le pecorelle di Cristo cercano sempre e ovunque la lode di Dio; questo è ciò che hanno scelto ed esse non tollerano che le ricchezze e i beni materiali siano loro di ostacolo, poiché esse sono sotto la custodia di Cristo. Il Signore Gesù non obbliga nessuno ad entrare nella Sua gloria; solo coloro che si rendono pronti e disponibili, la raggiungono attraverso la vera fede e il battesimo. Se qualcuno produce frutti genuini di conversione, il cielo e la gioia eterna sono, tramite la grazia, acquisiti e ottenuti a lui da Cristo, attraverso lo spargimento del Suo sangue innocente, che Egli liberamente ha versato. Con ciò Egli ci mostra il suo amore e ci conferisce il potere del Suo Spirito, e chiunque lo riceve e lo usa, cresce ed è reso perfetto in Dio. (da Martyrs Mirror of the defenseless christians).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 5 Gennaio 2008ultima modifica: 2008-01-05T23:44:00+01:00da fraternidade
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