Giorno per giorno – 09 Ottobre 2012

Carissimi,

“Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi” (Lc 10, 38-40). Il vangelo non specifica se, come probabile, Gesù si sia portato appresso, i dodici che viaggiavano con lui verso Gerusalemme (mica avrebbe potuto dirgli: beh, voi vedete di arrangiarvi!). Il che giustificherebbe un po’ di più l’agitazione della povera Marta, con la casa piena di gente, e la sorella, beata, ai piedi di Gesù. Che, poi, con tutti quegli uomini (considerata la cultura del tempo), non era proprio la cosa più opportuna. Sai le chiacchiere dei vicini.  Noi, stasera, eravamo riuniti con la comunità dell’Aparecida, a casa di Meirinha. E dona Nady, aprendo la serie di interventi, ha detto che non c’era bisogno di immaginare la scena, perché noi, in qualche modo la stavamo vivendo. Gesù, infatti era giunto ospite, con la sua parola, in quella casa, e i suoi discepoli pure. Ed anche i vicini. Solo che Marta (che qui era dona Vicentina), previdente com’è, aveva preparato il rinfresco da prima, sicché non aveva bisogno di correre qua e là, né protestava perché nessuno l’aiutava; se ne stava invece quieta e tranquilla ad ascoltare anche lei la parola che veniva proclamata e i commenti che le venivano dietro. Però, a volte capita, anche durante i nostri incontri, che una Marta troppo apprensiva e piena di buona volontà resti “di là” a preparare molte cose e finisca per perdersi il meglio.  Il richiamo amichevole che Gesù rivolge a Marta non è diverso dai consigli che darà ai discepoli in un’altra occasione: “Non cercate cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12, 29-31). Ora, nelle diverse situazioni in cui è scandito il nostro quotidiano, cos’è che ci caratterizza maggiormente: la capacità di ascolto dell’Altro e degli altri, capace di orientare poi la nostra azione, o certo attivismo frenetico, dove decido io in partenza ciò che comunque è meglio pr tutti? Gesù dice che l’ascolto è la parte migliore. E non è una novità per chi è abituato a iniziare la sua professione di fede con le parole: Ascolta, Israele.        

 
Oggi la Chiesa fa memoria del Patriarca Abramo, Padre di tutti i credenti nel Dio unico.

 

09_ABRA_O.JPGPrimo dei Patriarchi e fondatore del monoteismo ebraico, confidando nella parola di Dio, emigrò con sua moglie Sara nella terra di Canaan (Gen 12, 1ss). Come segno della sua alleanza con Dio, gli fu ordinato, quando era già vecchio, di circoncidersi (Gen 17,10) e, secondo il racconto biblico, fu dopo questo che Sara diede miracolosamente alla luce un figlio, Isacco (Gen 21,2). Una delle dieci prove di fedeltà a cui Dio sottopose Abramo fu la richiesa che gli offrisse in sacrificio proprio Isacco (Gen 22,2). L’episodio, che nell’esegesi ebraica è designato como la ’Aqedah (la legatura), è ricco di interpretazioni suggestive.  Abramo è considerato il “guardiano della Torah”, ancor prima che essa fosse stata rivelata da Dio. A lui si deve la pratica della preghiera ebraica del mattino (Gen 19,27). Benevolo e compassionevole, intercedette presso Dio perché Sodoma fosse risparmiata, nonostante la malvagità dei suoi abitanti, chiedendogli quanti uomini giusti fosse sufficiente trovarvi per evitarle la distruzione. Partito da cinquanta, quando arrivò a dieci, ritenne giusto non insistere oltre (Gen  18, 23 ss).  Sembra che il minian, il numero minimo di dieci uomini necessario per il culto pubblico, si fondi proprio su questa tradizione. Abramo morì a 175 anni  e fu sepolto nella caverna di Macpela (Gen 25,7ss). Gode di una grande considerazione, oltre che nell’ebraismo, anche nel cristianesimo e nell’islamismo, che vedono in lui la figura perfetta del credente, che fonda gli ideali etici e culturali  di queste tre religioni.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Galati, cap. 1,13-24; Salmo 139; Vangelo di Luca, cap. 10, 38-42.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

SIMCHAT TORAH.jpgLe comunità ebraiche della diaspora celebrano oggi, 23 del mese di Tishri, Simchat Torah, ovvero la “Gioia della Legge”. Entrando nella festa, la sera della vigilia, i rotoli della Torah vengono prelevati dall’aron-ha-kodesh (“arca santa”), e consegnati agli uomini che, a turno, abbracciati ad essi, compiono le sette hakafot (“giri”), cantando e danzando intorno alla bimah (la piattaforma da cui viene letta la Torah). Il rituale è ripetuto la mattina seguente, quando viene anche proclamato l’ultimo brano del Deuteronomio, subito seguito da alcuni versetti del primo di Genesi, dando così inizio al nuovo ciclo annuale delle letture liturgiche.  Chi legge l’ultimo brano della Torah è chiamato Chatan Torah (“Sposo della Torah”), mentre colui che ne ricomincia la lettura è il Chatan Bereshit (“Sposo del Principio”). Che anche noi si possa sempre gioire del dono della Parola che ci viene fatto e si sappia danzarla con la nostra vita. Oltre tutti i possibili acciacchi della vecchiaia.

 

E con riferimento alla festa di Simchat Torah, scegliamo di proporvi, nel congedarci, un brano tratto dal commento di Pinchas H. Peli alla prima parashah del nuovo anno liturgico, quella di Bere’shit,  che sarà letta nelle sinagoghe sabato prossimo. È tratto dal suo libro “La Torah oggi” (Marietti) ed è, così, il nostro

  

PENSIERO DEL GIORNO

Il testo da leggere era sempre il medesimo. Non è permesso cambiare uno iota della Torah scritta! Mai, comunque, essa appariva antica o ripetitiva o addirittura fuori tempo. Ogni anno, rileggendole, le letture settimanali avevano sembianza e sapore di fresco e di nuovo. Nel testo si trovavano sempre nuovi spunti di riflessione, così come non cessò mai il flusso delle nuove traduzioni e commentari. “Ci sono – dicevano i rabbini – settanta facce della Torah”. Poi quelle settanta divennero settecento e più. Presentavano sempre un “nuovo aspetto” quando si leggeva il brano settimanale: era sempre incantevole e affascinante! Qualche centinaio di anni fa un tale scrisse un libro che conteneva non meno di novecentotredici diverse interpretazioni della parola bere’shit che è la prima della Torah. Si fermò a novecentotredici perché quello è il valore numerico della parola seondo il sistema della “Gematria”: b=2, r=200, ’ (alef)=1, sh=300, i=10 e t=400. Totale = 913. I lettori della Torah non si lasciarono mai coinvolgere dalla domanda ingenua, ma spesso condivisa dalla cosiddetta “mentalità scientifica”: di tutti i commentari, qual è quello “vero” o “valido”? Sapevano, come acutamente percepiscono gli studiosi di ermeneutica e di critica letteraria moderna, che ogni grande opera che si distingue può essere interpretata a vari livelli, tutti ugualmente “veri” e “validi”. E se questo vale per la letteratura, vale certamente anche per la parola di Dio racchiusa nella Torah. I rabbini la paragonano a una lettera che l’amato ci scrive da un lungo viaggio. Nel nostro desiderio per l’amato assente, quante volte la leggiamo e la rileggiamo, quale intensità di sentimento vi sentiamo e quanti nuovi significati attribuiamo ad ogni parola! La Torah è la lettera che l’innamorato ci ha lasciato prima di partire per un luogo lontano, dove non ci è dato raggiungerlo. Leggere e rileggere la lettera è l’unico modo per stare con lui. Questo noi facciamo ogni Sabato leggendo una sezione della Torah. Possiamo udirlo e sentircelo vicino di continuo, sempre nuovo, sempre vivo. Ogni settimana non solo abbiamo l’occasione di una nuova lettura, ma anche di una nuova esperienza. Il contenuto del brano diventa parte viva della vita familiare per quella settimana. Leggere la Torah non è mai stato un compito esclusivo degli studiosi o dei rabbini. Ognuno vi prende parte secondo le proprie capacità. (Pinchas H. Peli, La Torah oggi).  

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Ottobre 2012ultima modifica: 2012-10-09T23:06:00+02:00da fraternidade
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