Giorno per giorno – 12 Febbraio 2011

Carissimi,

“Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla” (Mc 8, 6). La liturgia non ce l’ha fatta ascoltare, ma, di moltiplicazione dei pani, Marco (come anche Matteo) ne aveva già raccontata una (cf Mc 6, 30-44), avvenuta in Galilea, mentre ora, per quel che è dato capire, è ambientata nel territorio della Decapoli, a nord del mar di Galilea, dove Gesù ha appena guarito il sordomuto. Quindi, in territorio pagano. Forse l’evangelista, con questo secondo racconto, intende ribadire che nessuno è escluso dalla mensa del regno, dove Dio vuole che tutti vengano saziati.  Nell’uno come nell’altro caso, comunque, ciò che si registra è la disponibilità dei discepoli (un po’ forzata, a dire il vero) a rinunciare ai pani di cui dispongono, per metterli in comune. È ciò che Gesu chiede ai suoi, quelli che saranno la sua chiesa, quindi anche a noi. La gente di qui, quando sente questi racconti, non si meraviglia granché, sa che queste cose succedono, a partire dalla condivisione del loro poco di cui sono capaci i poveri. Sì, la condivisione fa miracoli. E in quei pani e in quei pochi pesci che si donano è già allora presente il dono di sé, certo ancora parziale, episodico, che diventerà più chiaramente leggibile nell’anticipazione simbolica dell’evento della Croce, che Gesù farà nella Cena. E  che noi, da allora, ripetiamo, con imperterrita e sconfortante superficialità.   

 

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Dorothy Stang, missionaria e martire della solidarietà in Brasile, di Vittorio Bachelet, martire della giustizia in Italia, e di Lorenzo della Risurrezione, mistico del nascondimento quotidiano, in Francia.

 

12 DOROTHY STANG.jpgDorothy Stang era nata il 7 luglio 1931, a Dayton, nello Stato dell’Ohio (Usa). Nel 1948 era entrata nella congregazione di Notre Dame di Namur, un ordine che conta circa duemila suore sparse nei cinque continenti. Emessi i voti solenni nel 1956, aveva continuato ad insegnare nelle scuole  della Congregazione sino al 1966, quando fu mandata in Brasile. Stabilitasi a Coroatá, nel Maranhão, cominciò subito ad occuparsi della situazione e delle lotte dei contadini più poveri. Trasferitasi nel Pará, seguendo i flussi migratori della sua gente alla ricerca di migliori condizioni di vita, Dorothy si impegnò con la Commissione Pastorale della terra nella creazione di un nuovo modello di insediamento agricolo, basato sulla produzione familiare e sulle attività estrattive di sussistenza a basso impatto ambientale. Inevitabile lo scontro con gli interessi di latifondisti e fazendeiros della regione, che iniziarono a moltiplicare le minacce di morte nei confronti della religiosa. Il 12 febbraio 2005, secondo il racconto di alcuni testimoni, due pistoleiros abbordarono irmã Dorothy ad Anapú, tenendola sotto la minaccia delle armi. La religiosa senza scomporsi tentò di dissuaderli dal mettersi nei guai, mostrò loro che aveva come unica arma di difesa la Bibbia, giunse persino a legger loro alcuni versetti. Ma, inutilmente: nove colpi sparati a bruciapelo posero fine alla vita di questa suora, che aveva dedicato la sua vita ai poveri.

 

12 vittorio_bachelet.jpgVittorio Bachelet era nato il 20 febbraio del 1926 a Roma, ultimo di nove fratelli, nella famiglia, di origine piemontese, di Giovanni e Maria Bosio. Decisivi per la sua formazione cristiana furono l’esempio della madre, catechista, e la guida dei sacerdoti che ne accompagnarono la crescita e la maturazione. Nel 1934 aderì all’Azione cattolica, poi, da studente universitario, alla FUCI e, infine, al Movimento Laureati. Nel 1951 sposò la compagna della sua vita, Maria Teresa, da cui avrà due figli, Maria Grazia e Giovanni. Ricoprì ruoli di rilievo sia in ambito ecclesiale che in quello professionale. Fu professore universitario a Trieste,  Palermo e Roma. Giovanni XXIII lo nominò vice-presidente dell’ AC. e Paolo VI, nel 1964, presidente. Sotto la sua presidenza fu inaugurata la scelta religiosa dell’organizzazione, con l’intento di procedere al suo rinnovamento, alla luce delle novità scaturite dal Concilio. Dopo gli anni del presenzialismo e dell’interventismo a vasto raggio, era tempo per l’Azione cattolica, di “riprendere a pregare, a meditare, a far sua la missione della Chiesa sul piano della formazione delle coscienze, imitando Gesù mite e umile di cuore”, riscoprendo “la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato”. Questa centralità di Gesù, soprattutto nella sua dimensione eucaristica (vita che si dona) non fu semplice enunciazione di principi, ma si tradusse per Bachelet in testimonianza concreta di vita in ogni suo ambito. Nel 1976, dopo essersi dimesso da ogni posto di responsabilità ecclesiale, per evitare possibili strumentalizzazioni, si candidò alle elezioni per il consiglio comunale di Roma e fu eletto con un numero altissimo di preferenze. Pochi mesi più tardi, tuttavia, dovette lasciare l’incarico, perché nominato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, venne assassinato da due terroristi delle Brigate Rosse, nell’atrio della facoltà di scienze politiche.  Ai suoi funerali, due giorni dopo, il figlio Giovanni pregò così: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”.

 

12 LORENZO DELLA RISURREZIONE.gifNicola Herman era nato ad Hériménil, presso Lunéville, in Lorena, nel 1614, da Joseph de Beaufort e Louise Mayeur.  A diciotto anni, d’inverno, contemplando un albero spoglio, “ricevette, secondo le parole del suo biografo, un’alta concezione della provvidenza e della potenza di Dio, che mai si cancellerà dalla sua anima”. La vita, tuttavia, riprese il suo ritmo di sempre. Miseria, fame, guerra. Interminabili. Nicola si arruolò nell’esercito del duca Carlo IV. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e rilasciato. Successivamente, ferito gravemente, fece ritorno a casa. Lì fece una prima esperienza di vita eremitica, che durò poco. Trasferitosi a Parigi, lavorò come cameriere a Parigi. Ma viaggiava sull’imbranato, e rompeva tutto. Conosciuta la chiesa dei frati carmelitani, in rue de Vaugirard, cominciò a frequentarla e nel 1640 decise di entrare in convento come fratello laico, prendendo il nome di Lorenzo della Risurrezione. Sarà cuoco, poi calzolaio al servizio di quella comunità. Il che non risultò affatto semplice, perché, per molto tempo, Lui non si fece sentire. Per dieci anni, infatti, Lorenzo attraversò una lunga notte dello spirito, finché, con un atto di abbandono totale, cambiò tutto. Ed egli divenne testimone radioso della presenza di Dio. Negli anni successivi, la sua fama si sparse e cominciò ad arrivare gente a cercarlo, anche personaggi famosi come Fénelon. Dopo la sua morte avvenuta il 12 febbraio 1691, l’abate G. de Beaufort prenderà l’iniziativa di pubblicare una piccola collezione delle sue massime spirituali e di altri scritti, che presto furono tradotti da studiosi protestanti ed anglicani in tedesco, in inglese e più tardi in una quindicina di altre lingue. Insegnava che la vita spirituale consiste tutta nella pratica della presenza di Dio, “un mestiere” che bisogna “imparare”: un po’ penoso all’inizio, ma che praticato con fedeltà, produce poi, segretamente, nell’anima, effetti meravigliosi. “Non ci si deve mai stancare di compiere piccole cose per amor di Dio che guarda non la grandezza dell’opera, ma l’amore” e ancora: “Io giro la mia frittata nella padella per amore di Dio”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Genesi, cap.3, 9-24; Salmo 90; Vangelo di Marco, cap.8, 1-10.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Noi ci si congeda qui, lasciandovi a un testo, in cui Giovanni Bachelet racconta l’eredità ricevuta dal padre, Vittorio. Il brano è tratto dal libro “Sedie vuote. Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime” (Il Margine). Ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Credo che la cosa più interessante di un uomo non sia la morte, ma la vita: quello che ha fatto. Spesso accade che quando si muore di morte violenta, per mano di altri uomini, si tenda a raccontare molto la morte e poco il resto. Ma si rischia, in questo modo, di perdere di vista l’eredità che viene dalla vita, dalle cose belle e importanti che un uomo realizza con gli altri. Mio padre intanto mi ha dato la vita, e questo è un grande dono. Poi mi ha dato moltissimo affetto, mi ha trasmesso insieme a mia madre l’amore per la vita e la fede che questa vita valga la pena di essere vissuta, e che le difficoltà, anche se sono tante, si possono superare. I miei genitori mi hanno trasmesso poi, soprattutto con l’esempio, la gioia che c’è nel provare a seguire quel che c’è scritto nel Vangelo, e insieme al Vangelo mi hanno trasmesso anche la speranza che forse questa vita non finirà mai. Da loro credo di aver appreso non solo il valore della vita, ma anche il suo senso. Per completezza e sincerità devo aggiungere che mi sento molto inferiore ai genitori che ho avuto, e non so se i miei figli potranno dire altrettanto bene di me. Tornando al tema dell’eredità, forse la cosa più importante che mi ha lasciato mio padre, sempre assieme a mia madre, è che si può vivere felicemente, che la vita può essere una cosa bella. Spesso il bene, più che dalla cattiveria, viene bloccato dalla paura, dalla depressione, dallo scoraggiamento: dall’incapacità di far fronte alla vita con un sorriso. Questo sorriso, invece, non è mai mancato nella nostra vita familiare. La radice di questo sorriso, però, per papà e mamma, era senza strombazzamenti ma anche senza ombra di dubbio, il Vangelo di Gesù. Quando ero un lupetto, negli scout, i capi ci avevano insegnato che “la Legge è come la liana, sembra che ci tenga legati e ci impedisca di muoverci, ma poi nella foresta è quella che, quando viene la tempesta, evita che gli alberi cadano”. Dal mio papà ho ricevuto questo insegnamento che lui ha vissuto: il Vangelo non è un insieme di regole, ma una forza della vita che ci tiene uniti agli altri e ci consente di vivere felici e restare saldi anche nelle tempeste. Mi sembra questa l’eredità più importante. (Giovanni Bachelet, La radicalità del perdono).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-12T23:14:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo