Giorno per giorno – 05 Settembre 2010

Carissimi,

“Siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 25-26). A pensarci bene, nell’innamoramento succede qualcosa di simile. Fino a poco prima, bastava la casa, i genitori, i fratelli, le sorelle, gli amici, le amiche, ma da “quel momento”, i pensieri, le fantasie, i progetti, il tempo che si ha a disposizione sono tutti per “quella persona lì”, che è apparsa al nostro orizzonte, o che, se già c’era,  era però  un’altra cosa.  Ciò che fa diversa la storia di Gesù con i suoi discepoli, dalla sua storia con gli altri, è quel di più in risposta che loro gli sanno dare. Oh, sia ben chiaro, a non essere discepoli non si perde nulla. Anzi, si ha tutto da guadagnare, a buon prezzo per giunta, perché Lui si dona comunque. I miracoli, infatti, li faceva per la folla, ai discepoli non risulta ne abbia mai fatto uno, sia pure piccolino. A meno che non s’intenda per miracolo (come difatti lo è) quello sguardo che ci ha piantato negli occhi, o quella frase detta sottovoce: sei stato(a) perdonato(a), o anche: vieni, seguimi. Che, se e quando la si intende, è finita. Ora, quando Gesù parla di discepoli, mica parla dei preti, che sono stati inventati un po’ più tardi, parla di tutti i cristiani (e, quindi, “anche” dei preti). E, perdinci, quando si è innamorati, l’altro(a) non fa a tempo ad esprimere un desiderio, che noi l’abbiamo già bell’e che realizzato. E il desiderio di Gesù, il suo unico,  è il Regno. Il Regno del Padre e, perciò, di noi fratelli. E così possiamo misurare il grado di innamoramento di quella sfilza di generazioni di cristiani, che, da allora, da Lui, si sono succedute nel tempo. Tanto innamorati che ci siamo perfino dimenticati che “quello” era il suo desiderio. E sì che, se preghiamo, avremmo motivo di ricordarcene: Venga il tuo regno!, lo diciamo spesso; e, se capita di andare a messa, potremmo vederlo fotografato nella parola che ascoltiamo e nel pane (Lui fatto pane) di cui ci alimentiamo. La croce di cui chiede di caricarci, non sono le inevitabili sofferenze che accompagnano ogni vita, né, meno ancora, quelle che pensassimo mai di infliggerci volontariamente. La croce è il suo progetto del regno: farci con Lui pane per la vita del mondo. Questo comporta rinunce? Sì e no. Chi decide di innamorarsi di un(a) ragazzo(a), deve mettere in conto di rinunciare a qualche miliardo di altri(e) ragazzi(e), ma se soffrisse questo come una rinuncia, ci sarebbe quanto meno da dubitare del suo innamoramento. Oggi, alla Chácara di recupero, c’è stata la cresima di Wanderson e di Ivornê, che hanno terminato i loro nove mesi di trattamento. Wanderson ha scritto una lettera a Dio, che noi non vi si saprebbe ridire. Erano presenti suo padre, sua madre, la moglie e i suoi tre bambini incantevoli. Beh, quella lettera, che lui è riuscito a leggere fino alla fine con voce strozzata, carica di tutte le umiliazioni subite e di tutto il dolore seminato negli anni, esprimeva una passione d’amore per quel Dio da cui si era sentito cercato e infine raggiunto. Ed era quel di più che Gesù si aspetta da chi si vuole suo discepolo e che permette di riscattare e ritrovare ogni altro amore perduto e riceverne il perdono e riprendere a vivere. La sua vita, questa volta.

 

I testi che la liturgia di questa XXIII Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Sapienza, cap.9,13-18; Salmo 90; Lettera a Filemone, 1,9b-10.12-17; Vangelo di Luca, cap.14, 25-33.

 

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi è memoria di Madre Teresa di Calcutta, missionaria della carità, e Maria di Campello, sorella universale.

 

05 TERESA di calcutta.jpgGonxha Agnes Bojaxhiu, la futura madre Teresa, nacque a Skopje, in Albania, il 26 agosto 1910, quinta figlia di Nikola e Drane Bojaxhiu. A diciotto anni entrò nella Congregazione religiosa di Nostra Signora di Loreto, in Irlanda. Nel 1946 ricevette una nuova chiamata da Dio a servire i più poveri tra i poveri: i “dimenticati”della società, gli esclusi, abbandonati nelle strade, che non son utili a nessuno e non servono a nulla – né per essere sfruttati come forza-lavoro, né per integrare le avanguardie di qualsivoglia rivoluzione. Lasciato il convento, iniziò, vestita semplicemente di un “sari” bianco, bordato d’azzurro, a contemplare, convivere e amare Gesù nel volto e nei corpi piagati della gente di strada di Calcutta. Presto, altre donne – tra cui molte sue ex-alunne – si unirono a lei. Nacquero così le Missionarie della Carità, che nel 1965, il papa Paolo VI autorizzò a lavorare anche in altri paesi. Furono aperti centri ovunque, per assistere malati di hanseniasi, anziani, ciechi, aidetici e per accogliere bambini poveri e abbandonati. Madre Teresa morì il  5 settembre  1997.

 

05 Allodola.jpgNata a Torino, il 24 gennaio 1875, Valeria Paola Pignetti era entrata nel 1901 nella Congregazione delle Francescane Missionarie di Maria. Durante la prima guerra mondiale, nell’ospedale angloamericano di Roma, si occupò dell’assistenza ai feriti di guerra. E fu allora che maturò in lei la vocazione ad una vita più povera e  più vicina ai poveri, come doveva essere la comunità cristiana delle origini. Ottenuto, nel 1919, il permesso di lasciare l’ordine, si stabilisce in Umbria. Con l’aiuto della prima compagna, Amata, di comunione anglicana, compra e ristruttura un vecchio conventino, a Campello sopra le fonti del Clitumno.  Lì nel 1926, in cinque compagne danno vita ad una singolare esperienza di vita secondo l’Evangelo, basata sull’amore fraterno, sulla preghiera, il lavoro e l’accoglienza. In una vita pienamente conformata all’esistenza povera dei loro vicini.  Un aspetto la caratterizza particolarmente, quello che oggi chiameremmo un ecumenismo senza confini e un’attenzione e preoccupazione costanti per la storia comune degli uomini. Conobbe e dialogò con testimoni di spicco della radicalità evangelica e della vicenda spirituale del suo tempo. Persone come p. Turoldo e p. Vannucci, don Mazzolari, Donini, Sabatier, Heiler, Gandhi e Schweitzer. Non godette per questo, a lungo, delle simpatie della gerarchia ecclesiastica. Senza troppo crucciarsene, per altro, immersa com’era dentro la grande comunione che raggiunge tutti, anche coloro che ti si vogliono nemici. Sorella Maria morì il 5 settembre 1961. Dell’antica comunità, dopo la scomparsa di Brigitte, il 26 novembre 2006, resta Daniela Maria, come testimone di quella bella avventura dello Spirito. 

 

Dobbiamo all’amica Giusi la conoscenza della Fraternità di Romena, di cui, proprio oggi, ci segnala il sito. E, neanche a farlo apposta, vi troviamo un brano di Maria di Campello, dal titolo “Contemplare il creato“, che scegliamo, così, di proporvi, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Non mi stancherò mai di dirvi che considero un dovere sacro quello di uscire all’aperto e di contemplare la bellezza che ci attornia, e di salutare i luoghi amati, e tutte le creature. Vorrei che ognuno di noi si abituasse alla tenerezza verso ogni creatura, e a renderle servizio. Per esempio: passiamo nel bosco, ecco un alberello che ha bisogno di sostegno. Ecco un ramoscello secco, che si deve togliere dai giovani pini. L’alberello patisce se non gli si toglie il secco. Ecco i processionali da distruggere, sui cipressi, sui pini, sulle querce. Ecco una pianticina di passiflora, che deve essere aiutata nel suo abbarbicarsi. Ecco un cespuglio di fiori solitari nel bosco e sul prato… L’ammirazione e il rispetto ai fiori! Come vorrei ne fossimo tutte penetrate. Lasciamoli vivere all’aperto, e alla gioia dei nostri occhi contemplanti! Non sono le conversazioni spirituali o le letture che maggiormente ci insegnano. È il nostro cuore desto, attento, che amando può servirsi di tutto. Come è sacro il mistero che ci avvolge, e che miracoloso potere di amore ci tocca, ci sostenta quanto l’aria! Io sento il mistero sacro e il miracolo dell’amore in un attimo di comunione col Cristo quanto nella stella e nel passero. E del passero avrò sempre memoria, come della vespa che mi aspettava in cella, della farfalla che visse con me otto giorni, della coccinella e del bruchino lucente sotto il chiostro, del grillo che mi ha fatto compagnia per giorni e della rondinina che mi ascoltava mentre le dicevo la mia confessione in una vigilia della Madonna. Ognuno di questi ricordi mi è presente, e accresce la mia venerazione pensosa verso il mistero dell’amore. (Maria di Campello, Contemplare il creato).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Settembre 2010ultima modifica: 2010-09-05T23:58:00+02:00da fraternidade
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