Giorno per giorno – 11 Febbraio 2008

Carissimi,
“Santa Maria, donna dei nostri giorni, dandoti per nostra madre, Gesù ti ha costituita non solo conterranea, ma anche contemporanea di tutti. Prigioniera nello stesso frammento di spazio e di tempo. Nessuno, perciò, può addebitarti distanze generazionali, né gli è lecito sospettare che tu non sia in grado di capire i drammi della nostra epoca. Mettiti, allora, accanto a noi, e ascoltaci mentre ti confidiamo le ansie quotidiane che assillano la nostra vita moderna: lo stipendio che non basta, la stanchezza da stress, l’incertezza del futuro, la paura di non farcela, la solitudine interiore, l’usura dei rapporti, l’instabilità degli affetti, l’educazione difficile dei figli, l’incomunicabilità perfino con le persone più care, la frammentazione assurda del tempo, il capogiro delle tentazioni, la tristezza delle cadute, la noia del peccato… Facci sentire la tua rassicurante presenza, o coetanea dolcissima di tutti. E non ci sia mai un appello in cui risuoni il nostro nome, nel quale, sotto la stessa lettera alfabetica, non risuoni anche il tuo, e non si oda rispondere: “Presente!”. Come un’antica compagna di scuola”. È una preghiera di don Tonino Bello, il vescovo che sapeva intendere e parlare il linguaggio dei poveri.

281422983.JPGForse la Memoria di Nostra Signora di Lourdes, che la Chiesa cattolica celebra oggi è la maniera per ricordare questo rendersi presente della madre di Gesù nella nostra vita e in quella della società e magari della Chiesa, per insegnarci come si dovrebbe essere. Presenti sempre anche noi ad ogni necessità altrui. Ridando vita nella nostra storia al Principio della cura. La memoria trae origine dalle apparizioni avute, tra l’11 febbraio e il 16 aprile 1858, da una giovane contadina analfabeta, Bernadette Soubirous. Una giovane sconosciuta, che Bernadette battezzò subito col nome di Aquerò (Quella là), in seguito le si rivelò con un nome ben più difficile a dirsi e ad intendersi: “Que soy era Immaculada Councepciou”. Aggiunse poi che era tempo che il mondo si desse una mossa. Ma il mondo sembra aver continuato imperterrito. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Noi in questo giorno ricordiamo anche Abraham Johannes Muste, profeta di pace e di nonviolenza.

197907555.jpgAbraham Johannes Muste nacque l’8 gennaio 1885 a Zierikzee (Olanda), figlio di Adriana Jonker e Martin Muste. All’età di sei anni si trasferì con la famiglia negli Stati Uniti, di cui acquisì la cittadinanza. Sposato ad Anna Huizenga, nel 1909 fu ordinato pastore della Chiesa riformata. Ma, presto, deluso dagli insegnamenti di questa, passò ad essere pastore della Chiesa congregazionale, lasciandosi poi conquistare dal misticismo pacifista della Società degli Amici (quaccheri). A cavallo tra gli anni venti e trenta, si coinvolse nelle lotte del movimento sindacale, scivolando su posizioni marxiste e trozkiste. Finché, un giorno del 1936, entrando in una chiesa durante un viaggio in Europa, sentì più forte che mai la convinzione che era la chiesa la sua vera casa e il suo cammino, con la proposta evangelica della pace e della nonviolenza. Negli anni della proliferazione nucleare, Muste si persuase che il mondo fosse entrato in una nuova epoca buia e che i cristiani erano chiamati a creare piccole oasi di coscienza e ragionevolezza. Ad un cronista che gli chiese un giorno se pensava di cambiare il mondo facendo veglie all’esterno delle basi nucleari, rispose: “Non lo faccio per cambiare il mondo. Lo faccio per impedire al modo di cambiarmi”. Ripetutamente arrestato per le manifestazioni e proteste organizzate, fu anche uno degli artefici dell’opposizione alla guerra in Vietnam. Nel 1966, già ottantaduenne fu arrestato a Saigon, per aver tentato di manifestare davanti all’ambasciata Usa. Morì l’11 febbraio 1967 dopo esser tornato da un viaggio in Vietnam del Nord, dove potè testimoniare di persona gli effetti dei bombardamenti nordamericani. Soleva dire: “Non esiste una via alla pace, la pace è la via”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Levitico, cap.19, 1-2.11-18; Salmo 19; Vangelo di Matteo, cap. 25, 31-46.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Oggi è anche la Giornata Mondiale del Malato, che intende sensibilizzare la società sulla priorità della persona che soffre. Noi mettiamo al centro della nostra e vostra preghiera quanti passano per questa esperienza, con i loro cari e quanti, a diverso titolo, si prendono cura di loro. Perché l’energia divina dell’amore li raggiunga e li guarisca. Presto, possibilmente.

Proprio in questi giorni, abbiamo ricevuto in dono da suor Elisa Kidané, attraverso l’amico Franco di Cento, un libretto prezioso, dal titolo “Mistero di Luce” (Suore Missionarie Comboniane), in cui Sr. Dorina Tadiello ha raccolto le testimonianze di quanti, nell’ultimo scorcio dell’anno 2000, in Uganda, hanno vissuto la drammatica emergenza dell’ebola, lottando per debellarla, spesso a costo della vita. Leggerlo ci ha convinti che dovremo attingere in esso nuovi nomi per il nostro martirologio. L’odierna Giornata mondiale del malato ci spinge ad offrirvene in lettura una pagina che esprime come possa essere reso bello e vissuto bene anche il passaggio cruciale della malattia e della morte. È il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Grace ci fissa tutti e raccogliendo le sue ultime forze intona un canto: “Abba, Abba Padre, Tu sei il vasaio e noi la creta, il capolavoro delle tue mani. Trasformaci e modellaci a immagine del tuo Figlio…”. Le parole escono a fatica dalle sue labbra, ma Grace continua con un secondo canto: “Signore Gesù, posa gentilmente le tue mani su di me… Signore noi veniamo a Te attraverso i nostri fratelli… veniamo a Te chiedendo pienezza di vita…” e poi un altro, e un altro ancora: “Gesù, la luce del tuo amore risplende, nel mezzo dell’oscurità risplende. Gesù, luce del mondo, splendi su di noi…”. Grace sta pronunciando le prime parole di un altro canto che parlano di “segno di donazione totale…” quando esala l’ultimo respiro. Il viso si compone in una straordinaria bellezza e luminosità. Le fa eco la liturgia del giorno: “Eterno e potente Iddio, splendore della vera luce e del giorno che non tramonta, riempi la nostra mente con la gloria della tua venuta…” quasi a continuare la gioiosa lode che lei aveva intonato, per consolarci, fissando lo sguardo verso l’alto, da dove continuerà a seguirci e aiutarci. Il dottor Matthew commenta così la morte di Grace: “Davanti a noi si sta svelando un grande mistero di luce. Nel nostro personale morto di ebola non c’è mai stata una parola di risentimento, rabbia o pentimento per aver accettato di lavorare in una situazione così rischiosa… Il martirio e la santità del nostro personale sono un dono per il presente che il futuro dovrà valorizzare. Il continuare il nostro servizio al malato ci dà nuove motivazioni e nuove energie”. (Sr Dorina Tadiello, Mistero di luce).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Febbraio 2008ultima modifica: 2008-02-11T23:43:00+01:00da fraternidade
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