Giorno per giorno – 15 Agosto 2016

Carissimi.
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome” (Lc 1, 46-49). Il senso più vero della festa odierna (che da noi è spostata a domenica prossima) è racchiuso in queste parole (e in quelle che seguono) del canto di Maria, in cui il mito si fa storia e la storia si fa mito. L’assunzione di Maria, immagine di tutti i piccoli, gli umiliati, gli impoveriti, gli esclusi nella e dalla grande storia del mondo, si realizza, deve realizzarsi (e noi come Chiesa siamo chiamati ad annunciarla, celebrarla e testimoniarla), già qui ed ora: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. E così sia!

La festa odierna dell’Assunzione di Maria trae probabilmente origine da una celebrazione di Maria madre di Dio, sorta a seguito del Concilio di Efeso (431 d.C.). Alla fine del VI secolo, l’imperatore Maurizio impose la festa della Dormizione di Maria a tutto l’impero bizantino. Qualche decennio più tardi, un papa orientale, Sergio I, l’introdusse a Roma. Ma ci volle un altro secolo, prima che il termine “dormizione” fosse sostituito da quello di “assunzione”.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della solennità odierna e sono tratti da:

Libro dell’Apocalisse, cap.11, 19a; 12, 1-6a. 10ab; Salmo 45; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.15, 20-27; Vangelo di Luca, cap.1, 39-56.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Oggi il calendario ci porta anche le memorie di Basilio, il beato, folle per Cristo, e di Isidore Bakanja, martire in Africa.

Basilio era nato in un sobborgo di Mosca da genitori contadini, nel 1468. Adolescente, per un po’ di tempo, aveva fatto il calzolaio. Fino a quando percepì chiara la vocazione della strada. E lasciò tutto. Da allora, quale che fosse il clima e la stagione, soleva, con il caldo e con il freddo, vagare ignudo per le strade di Mosca e recarsi a pregare nelle chiese, rendendo testimonianza con gesti coraggiosi allo spirito di Cristo. Raccontano che non esitava ad appropriarsi delle merci esposte nei negozi, per distribuirli ai poveri e che lanciava pietre contro i palazzi dei ricchi che facevano pubblica esibizione della loro devozione, mentre si inginocchiava davanti alle abitazioni di chi godeva di cattiva fama, dicendo: “I diavoli assediano le residenze dei potenti, mentre gli angeli piangono sulle case dei miserabili e dei peccatori”. Giunse a sfidare lo zar Ivan il Terribile, chiedendogli: “Perché ti astieni dalla carne degli animali e continui a bere sangue umano?”. Morì il 2 agosto 1552 e fu sepolto con tutti gli onori nella nuova cattedrale nel centro di Mosca. Vale la pena osservare che, per le chiese orientali che conservano l’antico calendario giuliano, tale data coincide con il nostro 15 agosto.

Figlio di Iyonzwa e di Inyuka, Bakanja era nato, verso il 1885, a Bokendela-Mbilankamba, nella regione di Mbandaka, provincia dell’Equatore, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Giovanissimo era partito per Coquilhatville alla ricerca di lavoro ed era stato presto contrattato come manovale. Entrato in contatto con la missione di Bolokwa Nsimba, animata da due monaci trappisti, chiese di istruirsi nella fede e di diventare cristiano. Il 6 maggio 1906 fu battezzato e nello stesso giorno volle ricevere lo scapolare del Carmelo. Scaduto il contratto di lavoro, Isidore tornò per un po’ di tempo al paese d’origine, spostandosi successivamente a Busira e infine a Ikili, dove fu assunto da un colono bianco, tale Van Cauter, uomo rozzo e violento che detestava gli africani convertiti al cristianesimo e di cui Bakanja dirà: “Il bianco non amava i cristiani. Non voleva che portassi lo scapolare. Si arrabbiava quando pregavo…”. E quando il bianco si arrabbia sono botte. O meglio, frustate. Che non bastano, tuttavia, a fare desistere il giovane negro dal parlare ai suoi compagni del Vangelo di Gesù e dall’insegnar loro a pregare. L’odio e il fanatismo di Van Cauter tuttavia alla fine prevalsero. Le piaghe causate dalle battiture provocarono una setticemia che non fu più possibile contrastare. Il 24 e 25 luglio 1909, dopo sei mesi di sofferenze atroci, Bakanja ricevette la visita dei suoi missionari, p. Gregoire Kaptein e p. Georges Dubrulle. Si confessò, ricevette la unzione dei malati e il viatico. Disse loro che perdonava chi gli aveva fatto del male e che avrebbe pregato per lui dal cielo. La domenica, 15 agosto, i cristiani si riunirono nella casa dove Bakanja aveva trovato ospitalità, a Ngomb’Isongu. Troppo bello per lui, incontrare nuovamente la sua comunità. Riuscì perfino ad alzarsi, guardandosi intorno raggiante. Ma fu solo per poco. Tornato a letto, entrò in agonia e spirò.

Oggi mons. Romero, san Romero delle Americhe, compirebbe (anzi, compie), novantanove anni. Si apre così il giubileo per il centenario della sua nascita. E, noi, nel congedarci, ne approfittiamo per lasciare a lui la parola conclusiva, che, tratta da una sua omelia del 15 agosto 1977, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come serve Maria? In primo luogo, indicando agli uomini il loro destino eterno e, quindi, da questa luce celeste, illuminando la dignità umana, i diritti umani. Per questo ci si dedica con tanto impegno a difendere la dignità, la libertà, i diritti dell’uomo, perché sappiamo che questo uomo non deve essere un giocattolo della terra, ma che è destinato come Maria al regno dei cieli, che è un figlio di Dio in pellegrinaggio su questa terra, ma il cui destino non è questa terra. E questo è, in primo luogo, il grande servizio della Chiesa, come Maria in corpo e anima in cielo: dire a tutti gli spiriti e corpi tutto l’alto destino dell’umanità. In questo giorno il messaggio della Chiesa al mondo è questo: presentare una Vergine, un corpo di donna che sale al cielo nella bellezza di una femminilità consumata dalla bellezza di Dio, per dire a tutte le donne e a tutti gli uomini quale alto destino è quello del corpo umano. In quale altra forma servono Maria e la Chiesa? Maria si sporge sulla speranza degli uomini, per dire loro che la loro speranza è sicura, che se lei, figlia di questa terra, è stata assunta da Dio e collocata su un trono in cielo, è possibile ad ogni carne umana vivere questa speranza. E che perciò, in questo suo peregrinare nel mondo, l’uomo si veda da tale speranza confermato nei suoi scopi e non si scoraggi quando si trova ad affrontare persecuzioni. Voglio ringraziare, fratelli, in questa occasione, coloro che mi hanno scritto le loro belle lettere, così ricche di speranza. Dicono che la Chiesa alimenta la loro speranza. Questa è la bella confessione dell’uomo che soffre, della famiglia perseguitata, della comunità che trova la ragione della sua predicazione in una speranza sicura che la Chiesa trasmette, perché Maria la trasmette a questa Chiesa. Maria e la Chiesa sanno che questa speranza ci viene dalla redenzione di Cristo, perché Maria non è salita al cielo per i suoi meriti, come anche la Chiesa non opera in virtù delle sue forze. È che tanto la Chiesa come Maria non sono altro che strumenti, bellissimi riflessi della redenzione di Cristo. Maria salita al cielo in corpo e anima proclama che l’ultimo nemico ad essere annientato, come dice san Paolo, è la morte; e che se in Maria la morte è già stata sconfitta, per essere stata assunta nella vittoria del cielo, anche in tutti noi la speranza, anche quando la morte spegne la vita, continua a palpitare nella tomba, perché si basa sullo Spirito di Dio che ci ha fatto immortali e ci farà risorgere dalle nostre tombe. (Mons. Oscar A. Romero, Homilía en la Fiesta de la Asunción, 15 de Agosto de 1977).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Agosto 2016ultima modifica: 2016-08-15T22:04:31+02:00da fraternidade
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