Giorno per giorno – 12 Gennaio 2017

Carissimi,
“In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: Se vuoi, puoi purificarmi! Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato! E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato” (Mc 1,40-42). Gesù sapeva – perché questo era il sapere di allora – che quel tale, se era lebbroso, era perché doveva avene combinata qualcuna. In ordine, spiegavano i maestri, che sapevano tutto, al parlar male, al calunniare, al fomentare discordia, allo spettegolare, col risultato di isolare così la persona che ne era vittima. Sicché per una sorta di legge del contrappasso, chi era stato da Dio colpito per quella colpa, doveva espiarla, sperimentando sulla propria pelle cosa significasse l’esclusione dal convivio umano. L’emarginazione, l’esclusione del “colpevole” di attentare in qualche modo alla sicurezza, al benessere, alla tranquillità e all’ordine, del gruppo è la cosa che riesce più facile alla nostra società. Le “colpe” e le modalità di esclusione, poi, sono le più varie, come anche altro è il dio (qualche volta ancora mascherato da Dio) che emana le leggi e decide i destini di tutti, e altri ancora sono i sacerdoti/funzionari, che, quelle leggi, le spiegano, le giustificano, le applicano. “Sono l’escluso”, dice il lebbroso a Gesù. Il quale non l’interroga, né s’interroga, su ciò che possa averne determinato l’esclusione. Semplicemente non ci sta. Anche se dicono che sia stato Dio, cioè suo Padre, a volere così. Come dicesse: sapete niente voi di mio Padre. Lui sono queste mie budella che si torcono davanti a chiunque, per colpa e senza colpa, venga anche solo per poco estromesso dalla relazione fraterna che deve reggere il consesso umano. Io, a questo lebbroso, ci penso io, lo dichiaro mondo, e così lo reintegro nella società. Con gli altri esclusi, che incontrate sul vostro cammino – i nomi li sappiamo e li sapete bene -, vedete voi come fare, imparando da me. Sempre che siate dei miei. Se no, siete funzionari di Satana e il vostro è un mondo diabolico, inutilmente travestito, se ancora sentire il bisogno di travestirlo, da cristiano.

Oggi è memoria di Aelredo di Rievaulx, monaco e mistico dell’amicizia; di Mev Puleo, testimone di solidarietà; e di Zilda Arns Neumann, messaggera di pace e di bene.

Nato a Hexham, in Inghilterra, nel 1109, Aelredo passò la sua giovinezza alla corte del re David I di Scozia, ma nel 1135 decise di lasciare ogni cosa per entrare nel monastero cistercense di Rievaulx, nello Yorkshire, di cui era abate Guglielmo, discepolo di s. Bernardo. Con l’appoggio di un amico e confratello di nome Simone (morto nel 1142 in fama di santità) compì presto grandi progressi nella vita religiosa. Questo lo portò a capire come l’amicizia, rispettosa della sacralità e del mistero dell’altro, senza strumentalizzazioni, né tanto meno complicità, quando si lasci modellare da un comune sentimento e desiderio di bene, è di grande aiuto nel cammino dell’unificazione/adesione del cuore alla volontà di Dio. A partire da questa esperienza compose un piccolo trattato, dal titolo, appunto, “De Spirituali Amicitia”. Benché ripetutamente gli fosse chiesto di accettare la nomina a vescovo, sempre rifiutò per amore alla vita religiosa. Dovette però accettare l’elezione ad abate nel 1143. La sua fama di predicatore e scrittore si sparse ben presto in tutto il paese. Questo, ma più ancora, la sua personale santità, contribuì ad attrarre numerose vocazioni al monastero di Rievaulx, che arrivò a contare oltre seicento monaci. Indebolito dalle malattie, che lo afflissero negli ultimi anni di vita, morì il 12 gennaio 1167.

Mev Puleo era nata a St. Louis (Missouri) nel 1963. La sua conversione all’Evangelo della solidarietà risaliva ad un viaggio in Brasile, quando, quattordicenne, a Rio de Janeiro, scoprì l’abisso che divide le due realtà di questo paese. E si chiese: “Cosa significa essere cristiani – seguaci della via di Gesù – in un mondo di contraddizioni e di conflitti? Cosa significa essere al seguito di Gesù, quando io osservo il mondo della miseria da un pulman di lusso?”. Mev scoprì presto il suo talento per la fotografia e se ne servì per documentare, con l’occhio, l’amore e la passione di una contemplativa, la vita, le lotte, l’umanità dei poveri. Nel 1992 sposò Mark Chmiel, come lei studente di teologia. E fu un matrimonio d’amore, pieno di gioia, di speranza e di promesse. Nello stesso anno, si recò, con una delegazione in difesa dei Diritti umani, ad Haiti, subito dopo il colpo di stato contro Jean Bertrand Aristide; l’anno successivo andò in El Salvador, e, nel 1994, in Chiapas, in coincidenza con la sollevazione zapatista. Al ritorno in patria, le fu diagnosticato un tumore al cervello e le diedero sei mesi di vita. Si buttò, allora, a capofitto nel lavoro. Disse: “Quando ero ragazzina, un pensiero si impossessò di me: Gesù non è morto per salvarci dalla sofferenza, è morto per insegnarci come soffrire… Adesso lo posso capire per davvero! E, tutto sommato, preferisco morire giovane, avendo vissuto una vita piena di significato, che morire vecchia dopo una vita, con tutti gli agi possibili, ma senza senso”. Morì, a St. Louis, il 12 gennaio del 1996.

Zilda Arns era nata il 25 Agosto 1934, dodicesima dei tredici figli di Helene Steiner e Gabriel Arns, a Forquilhinha (Santa Catarina, Brasile). Tre delle sue sorelle sarebbero divenute religiose, due fratelli francescani, di cui uno, Paolo Evaristo Arns, arcivescovo di São Paulo, cardinale, fu, all’epoca della dittatura, coraggioso difensore dei diritti umani in questo Paese. Sposata ad Aloísio Bruno Neumann (1931-1978), Zilda fu madre di sei figli. Laureata in medicina, con specializzazzione in pediatria e salute pubblica, nel 1983, vedova da cinque anni, fondò la Pastorale dell’Infanzia, su suggerimento del fratello dom Paulo e dell’allora direttore esecutivo dell’Unicef, James Grant, con l’intento di salvare il maggior numero possibile di bambini dalla mortalità infantile, dalla denutrizione e dalla violenza. Convinta dell’importanza dell’educazione nella lotta alle malattie di facile prevenzione e alla precoce emarginazione dei bambini, sviluppò una metodologia della moltiplicazione della conoscenza e della solidarietà tra le famiglie più povere, basandosi sul racconto biblico della moltiplicazione dei pani (cf Mc 6, 35-44). Si trattava di “organizzare le persone in piccole comunità; identificare coordinatori, famiglie con donne incinte e bambini minori di sei anni. I coordinatori disponibili a lavorare volontariamente in questa missione di salvare vite, sarebbero stati resi capaci, nello spirito di fede e vita, e preparati tecnicamente e scientificamente a promuovere progetti per la salute, alimentazione e civilizzazione. Sarebbero stati accompagnati nel loro lavoro perché non si scoraggiassero. La loro missione è condividere con le famiglie la solidarietà fraterna, l’amore e quali attenzioni avere con le donne in attesa e verso i bambini, perché siano in buona salute e felici”. In Brasile, la Pastoral da Criança è oggi applicata in circa 40 mila comunità di 7.000 parrocchie di oltre 272 diocesi. Si è venuta in seguito diffondendo in altri 20 paesi di America Latina, Caraibi, Africa e Asia. Nel 2004, Zilda ricevette dalla Conferenza dei Vescovi brasiliani l’incarico di organizzare anche la Pastorale della Persona Anziana che, contando su 14 mila volontari, accompagna oggi 130 mila anziani in 579 municipi di 141 diocesi in 25 Stati brasiliani. L’11 Gennaio 2010, Zilda Arns si recò in Haiti su invito della Conferenza Nazionale dei Religiosi del Caribe, per illustrare i programmi della Pastoral da Criança. Il giorno 12, al termine di una conferenza tenuta in una chiesa di Port-au-Prince, moriva sotto le macerie del terribile terremoto che sarebbe costato al Paese 250 mila morti.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 3, 7-14; Salmo 95; Vangelo di Marco, cap.1, 40-45.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Bene, è tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano tratto da “Lo specchio della carità” (Paoline) di Aelredo di Rievaulx, che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nulla ci spinge all’amore dei nemici – in cui consiste la perfezione della carità fraterna – tanto quanto il considerare con gratitudine la mirabile pazienza del più bello tra i figli dell’uomo (Sal 44, 3). Egli ha porto il suo bel volto agli empi, perché glielo coprissero di sputi. Ha loro permesso di mettere una benda su quegli occhi che con un cenno governano l’universo. Egli ha esposto il proprio corpo alla sferza. Ha sottomesso alla puntura delle spine il suo capo, davanti al quale devono tremare principi e potenti. Si è abbandonato agli obbrobri ed alle ingiurie. Ed infine ha sopportato con pazienza la croce, i chiodi, la lancia, il fiele, l’aceto, rimanendo in mezzo a tutto questo, pieno di dolcezza e di serenità. Fu condotto come una pecora al mattatoio, rimase in silenzio come fa un agnello con chi lo tosa, e non aprì la bocca (cf Is 53, 7). Orgogliosa impazienza dell’uomo, osserva colui che ha sofferto tutto ciò e considera il modo in cui l’ha sopportato! Ci sarebbe più da meditare che da scrivere! Chi non sentirebbe cadere immediatamente ogni collera alla vista di sì mirabile pazienza? Sentendo questa espressione piena di dolcezza, di carità e di imperturbabile serenità: Padre, perdona loro (Lc 23, 24), chi non abbraccerebbe immediatamente i suoi nemici con effusione? Che si potrebbe aggiungere alla dolcezza ed alla carità di questa preghiera? Eppure il Signore aggiunse qualche altra cosa. Non si accontentò di pregare, volle anche scusare: Padre, disse, perdona loro, perché non sanno quel che fanno. Essi indubbiamente sono dei grandi peccatori, ma ne hanno appena coscienza; per questo, Padre, perdona loro. Essi crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono, perché se lo avessero conosciuto, non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria (1 Cor 2, 8). Per questo, Padre, perdona loro. Essi pensano che si tratti di un fuorilegge, di un usurpatore della divinità, di un seduttore del popolo. lo ho nascosto loro il mio volto. Essi non hanno riconosciuto la mia maestà. Per questo, Padre, perdona loro: non sanno quel che fanno. Per imparare ad amare, l’uomo non deve dunque lasciarsi trascinare dagli impulsi della carne. E per non essere preso da questa bramosia, egli deve rivolgere tutto il suo affetto alla dolce pazienza della carne di Dio. Per trovare il riposo nelle delizie della carità fraterna, egli deve anche cercare di stringere i propri nemici nelle braccia del vero amore. Ma, affinché questo fuoco divino non diminuisca a causa degli oltraggi, egli deve cercare di fissare sempre gli occhi dello spirito sulla serena pazienza del suo diletto Signore e Salvatore. (Aelredo di Rievaulx, Lo specchio della carità, III, 5).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Gennaio 2017ultima modifica: 2017-01-12T22:35:33+01:00da fraternidade
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