Giorno per giorno – 30 Maggio 2022

Carissimi,
“Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 32-33). Anche noi, come i discepoli in quell’ultima sera, avremmo giurato di aver finalmente capito e creduto tutto di Gesù, di Dio, della vita, di noi, salvo poi, alla prima occasione, agire in modo del tutto contrario a ciò che egli ci aveva insegnato e mostrato. È perché non ci perdessimo d’animo quando fosse giunto il momento che ce ne ha reso avvertiti con questa parola rivolta ai suoi: so già tutto, vi disperderete, mi rinnegherete, mi lascerete solo, ma non preoccupatevi, non me ne avrò a male, ci sono abituato, vi perdono in anticipo, perché possiate subito ricominciare a stare con me, testimoniando la Buona Notizia della liberazione di poveri e oppressi. Certo, questo tornare a me, alla mia sequela, non mancherà di crearvi problemi da parte del Sistema, che ha come fine la conquista del Potere da parte di pochi sui più, attraverso la rapina, lo sfruttamento, l’emarginazione, l’impoverimento di individui, popoli e continenti. Ma continuate ad avere fede: io ho vinto il mondo. Questa vittoria di Gesù sul mondo e la sua logica, avvenuta una volta e per sempre nella sua croce-risurrezione, è ciò che continua ad animarci, attraverso croci e sprazzi di risurrezione nel cammino verso il Regno.

Oggi facciamo memoria di Emmelia e Basilio, coniugi e genitori secondo il cuore di Dio; di Girolamo di Praga, riformatore della Chiesa e martire; e dei Martiri ortodossi, ebrei e rom del regime ustascia.

Emmelia e Basilio erano una coppia della Cappadocia (nell’attuale Turchia). Durante la persecuzione, iniziata con Diocleziano e proseguita sotto l’imperatore d’Oriente, Galerio Massimino, (305-311), la più dura che il cristianesimo si trovò ad affrontare, per mantenersi fedeli al Vangelo del Regno, dovettero lasciar la loro terra, provando la durezza dell’esilio, la solitudine e le molte difficoltà legate a questa condizione. Esempio di dedizione reciproca, di coerenza e fedeltà, diedero vita a dieci figli, tra i quali san Basilio il Grande, san Gregorio di Nissa, san Pietro di Sebaste, santa Macrina (chiamata con questo nome in omaggio alla nonna, anch’essa santa), ai quali, morendo (verso l’anno 370), lasciarono in eredità la ricchezza della loro testimonianza di fede.

Girolamo nacque a Praga verso il 1370. Compì i suoi studi universitari nella cittá natale, dove subì l’influenza del riformatore Jan Hus. Recatosi, nel 1398 a Oxford, in Inghilterra, rimase colpito dagli insegnamenti di John Wicliffe e se ne fece sostenitore. Insegnò in molte città, nelle università di Parigi, Colonia, Heidelberg, Vienna, Cracovia, ma da tutte fu allontanato per i sospetti di eresia che pesavano su di lui, e, più ancora, per il suo zelo nel denunciare la corruzione dilagante nella Chiesa. Nel 1412, organizzò assieme a Hus una protesta contro la decisione dell’antipapa Giovanni XXIII di finanziare la guerra attraverso la vendita delle indulgenze. Hus e i suoi seguaci furono raggiunti dalla scomunica dell’antipapa. Nel 1415, Girolamo si recò al Concilio di Costanza per difendere Hus, dalle accuse di eresia, mosse contro di lui dai teologi Pietro d’Ailly e Jean Gerson. Difensore della chiesa invisibile dei credenti, che costituisce, assai più di quella istituzionale, il vero Corpo mistico di Cristo, critico feroce del lusso delle gerarchie e delle ingiustizie sociali, fautore delle teorie di Wyclif sulla paritá tra clero e laicato, e assertore della necessità di predicare nelle lingue nazionali, Hus fu condannato al rogo. Gerolamo, allora, si decise a fuggire. Giunto però in Baviera, fu riconosciuto, arrestato e inviato nuovamente a Costanza. Processato, in un primo momento ritrattò le tesi che aveva condiviso con l’amico e maestro, ma, quando, il 16 Maggio 1416, fu portato nuovamente davanti al giudice, dichiarò di averlo fatto solo per paura della morte. Il processo si concluse con la sua condanna a morte e Girolamo fu bruciato sul rogo. L’umanista Poggio Bracciolini presente in quei giorni a Costanza, scrisse ad un amico dell’esecuzione: “Quando giunse nel luogo del supplizio, si spogliò da solo dei vestiti e, inginocchiatosi, salutò il palo al quale fu poi legato con molte funi e fu stretto, nudo, con una catena. Dopo che gli fu posta intorno al petto e alle reni molta legna, mista a paglia, e fu appiccato il fuoco, Girolamo cominciò a cantare un certo inno, che fu interrotto dal fumo e dalle fiamme”. Era il 30 Maggio 1416.

Nel Maggio 1941, subito dopo la creazione del cosiddetto “Stato libero di Croazia”, ad opera del leader ustascia Ante Pavelic, che godeva dell’appoggio di Hitler e Mussolini, ebbe inizio nel Paese la sistematica eliminazione delle minoranze etniche e religiose, oltre che degli oppositori politici. Si calcola che furono circa 800.000 i serbi eliminati durante la seconda guerra mondiale. Tra essi 6 vescovi, più di 300 preti e 222 religiosi. Con loro, ricevettero lo stesso trattamento cinquantamila ebrei croati e ottantamila rom. Furono anche distrutte tutte le sinagoghe e circa 300 chiese ortodose presenti sul territorio. Tale persecuzione mirava alla completa eliminazione della presenza ortodossa (oltre che di quella ebrea e gitana) in quelle regioni tradizionalmente cattoliche. Questo è ciò che potrà forse in qualche modo spiegare il silenzio, quando non l’esplicito assenso e, più di qualche volta, tragicamente, la diretta complicità, che caratterizzarono l’atteggiamento dei cattolici, dei loro preti e di gran parte della gerarchia, di fronte alle deportazioni, le torture e i massacri. Una rivista ortodossa, facendone memoria, così scrive: “Dobbiamo fornire gli orribili dettagli di queste atrocità? I ventri di donne gravide furono squarciati; furono arrostiti uomini su graticole da animali (vi furono casi in cui alcuni furono forzati a mangiare le membra arrostite dei propri familiari). Furono compiuti maligni esperimenti medici. Vi furono persone impalate, segate in due, occhi cavati dalle orbite. I cuori di vittime innocenti furono strappati e mangiati dai loro avversari. Morti lente e agonizzanti potevano durare per settimane intere. Ogni tipo di tortura che il diavolo poteva instillare nei confronti di altri esseri umani si manifestò in pieno in quegli anni di tribolazione”. La memoria di tali vicende dovrebbe mettere in guardia i cristiani dalle manipolazioni e strumentalizzazioni di cui il Vangelo di Gesù può essere fatto oggetto da parte di movimenti e di ideologie, che hanno tutto l’interesse a fare di esso, invece che l’Evento con cui Dio abbraccia il mondo intero, la semplice espressione di un’identità e di una cultura che, per giunta, fomenta il disprezzo e l’odio per l’altro e teorizza, invece che l’incontro e il dialogo, lo scontro delle civiltà, in vista del proprio dominio.

I testi che la liturgia odierna propona ella nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.19, 1-8; Salmo 68; Vangelo di Giovanni, cap.16, 29-33.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Prendendo spunto dalla memoria di Emmelia e Basilio, con l’importanza che ebbero per la loro famiglia e per il loro tempo, scegliamo di congedarci con una citazione di Madre Teresa sul tema dell’amore in famiglia. Tratta dal suo libro “No greater love” (New World Library), è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La pace e la guerra iniziano nella propria casa. Se vogliamo davvero la pace per il mondo, cominciamo ad amarci l’un l’altro all’interno delle nostre famiglie. A volte è difficile per noi sorriderci l’un l’altro. Spesso è difficile per il marito sorridere alla moglie o per la moglie sorridere al marito. Perché l’amore sia genuino, deve essere soprattutto amore per il prossimo. Dobbiamo amare coloro che ci sono più vicini, nella nostra stessa famiglia. Da lì, l’amore si diffonde verso chi potrebbe aver bisogno di noi. È facile amare chi vive lontano. Non è sempre facile amare chi ci vive accanto. È più facile offrire un piatto di riso per soddisfare la fame di una persona bisognosa che per consolare la solitudine e l’angoscia di chi nella propria casa non si sente amato. (Mother Teresa, No Greater Love).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Maggio 2022ultima modifica: 2022-05-30T22:15:28+02:00da fraternidade
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