Giorno per giorno – 24 Novembre 2020

Carissimi,
“Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta. Gli domandarono: Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21, 5-7). L’idea era che la distruzione del tempio preludesse la fine. Da qui la domanda: quando? E Gesù disegna a tinte fosche ciò che accadrà: pestilenze, guerre, rivoluzioni. E la fantasia si accende ed è percorsa da brividi, come da bambini a sentirsi raccontare storie di terrore. Eppure è ciò che è sempre accaduto nella storia, di cui però i distratti perdono facilmente la memoria. E, allora, ad ogni generazione, soprattutto se la cosa ci tocca da vicino, si geme angosciati: è proprio la fine. Se invece accade a migliaia di chilometri di distanza, neanche ci si fa caso, dato che il nostro orizzonte non va spesso al di là della punta del nostro naso. Tuttavia, quando anche le previsioni ci raggiungono là dove viviamo, l’insegnamento di Gesù non mira a intimorirci, ci vuole invece adulti: fatevi esperti, c’è sempre chi campa sulle paure della gente e dice di parlare in nome di Dio e preannuncia l’imminenza del suo giorno, ovviamente terribile. Voi, non credetegli. Non è la fine. È la storia, così come la fanno gli uomini. In ogni situazione ciò a cui, come discepoli siamo chiamati, è testimoniare la buona notizia che è il Vangelo. Sempre che, dopo duemila anni, si sia capito in cosa consista.

Il calendario ci porta oggi la memoria dei 117 Martiri nel Tonchino, laici, presbiteri e vescovi, uccisi in epoche diverse; e quella di André Bergonier, detto Dedé, prete scaricatore.

Dei 117 martiri del Tonchino, novantasei erano vietnamiti, undici spagnoli e dieci francesi. Settantacinque furono decapitati, ventidue strangolati, sei bruciati vivi, cinque squartati e nove morirono in prigione a causa delle torture. La lista di questi martiri della fede cristiana è aperta da Andrea Dung-Lac, dapprima catechista e più tardi prete. Andrea era nato nel 1795 in una famiglia poverissima, che preferì disfarsene, vendendolo ad un catechista della missione di Vinh-Tri. Lì, il bambino fu battezzato ed educato, diventando in seguito catechista. Proseguiti gli studi teologici, venne ordinato sacerdote il 15 marzo 1823, iniziando così la sua attività di pastore tra la sua gente. Ripetutamente arrestato, durante la persecuzione del re Minh-Manh, venne ogni volta riscattato attraverso collette organizzate dai cristiani locali. Incarcerato definitivamente il 16 novembre 1839, fu avviato alla prigione di Hanoi, dove fu sottoposto a continui interrogatori, con lo scopo di indurlo ad apostatare dalla fede e a calpestare la croce. Essendo rimasto irremovibile, fu condannato alla decapitazione, sentenza eseguita il 21 dicembre 1839. La loro memoria è stata collocata in questo giorno, perché coincide con la data di esecuzione di alcuni di loro.

André Bergonier era nato a Chartres, in Francia, il 19 gennaio 1929. Rimasto orfano di madre a dieci anni, aveva compiuto i suoi studi dai Fratelli delle Scuole Cristiane, prima, e in seguito al liceo della “Prytané de la Flèche”. Nel 1951 era entrato nell’Accademia Militare di Saint-Cyr, ma, ben presto, quella che pensava una scelta definitiva di vita gli si era rivelata inconsistente di fronte a ben altra chiamata, quella di Cristo, nel mondo del lavoro. Nel 1954, decise perciò di lasciare l’Accademia, recandosi a lavorare in un cantiere, a Nanterre. Dal 1955 al 1961 studiò nel seminario della missione di Francia a Pontigny, senza, però, mai distogliere lo sguardo dal mondo degli operai e dei poveri, da cui era sbocciata la sua vocazione sacerdotale. Nel 1961 venne ordinato diacono. Scelse di rinviare l’ordinazione a presbitero, per approfondire il suo inserimento nel mondo del lavoro. D’accordo con il suo vescovo, andò, così, a lavorare come scaricatore al porto di Marsiglia. Divenne prete il 7 settembre 1965. Scrisse allora: “Io mi sento per principio della Chiesa e per principio legato al mondo operaio. Nella mia vita, la chiamata di Dio si è fatta attraverso la Chiesa ed il mondo operaio. È la Chiesa che mi dona il Vangelo, è il mondo non cristiano che lo reclama”. Un gruppo di amici “non credenti” l’avrebbe poi ricordato così: “Dei preti non ci interessa. Noi vogliamo degli uomini di Dio. Dedé era un uomo di Dio, il nostro prete”. Il 24 novembre 1965, alle 11 e 30 del mattino, quando gli scaricatori stavano ultimando il loro turno, scaricando le balle di caffè brasiliano di un cargo all’ancora nel porto, un carico staccatosi dalla gru colpì in pieno André che precipitò per sette metri sul fondo della stiva, morendo sul colpo. Accorse un nord-africano, che riconobbe l’uomo dal corpo senza vita e gridò “è il prete”. André Bergonier era prete da due mesi, scaricatore sconosciuto da quattro anni, per gli amici “Dedè”, uno dei tanti. Poco prima di morire aveva scritto: “Lasciamo sempre più che gli altri entrino nella nostra vita ed entriamo sempre più noi nella vita di Dio. Custodire di lassù tutto il sorriso, la gioia, la speranza. Essere di già donne e uomini della Resurrezione”. E anche: “Io sono sulla banchina del porto perchè Cristo deve essere là”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap. 14, 14-19; Salmo 96; Vangelo di Luca, cap.21, 5-11.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Non abbiamo sottomano qualche citazione da proporvi di André Bergonier. Scegliamo allora di offrirvi in lettura la riflessione di un altro prete operaio, Luigi Sonnenfeld, sul significato di questa così ricca esperienza. La troviamo, sotto il titolo “Il dono” nella rivista online di “Pretioperai” 2017, n. 117-118 ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Penso che possiamo leggere la storia di noi preti operai, nella complessità di situazioni di vita che si sono andate susseguendo attraverso mutazioni molteplici dall’esterno e dall’interno del nostro vissuto, ricomprendendola attraverso chiavi di lettura e di senso. Non so se è una esperienza che vi è consueta. Io ricordo, a questo proposito, quanto mi è stato raccontato essere accaduto nell’ambito di uno dei convegni europei dei pretioperai. Un diacono tedesco raccontava di essere stato chiamato ad un corso di una università tedesca per parlare dei preti operai agli studenti. Si pose l’interrogativo riguardo a cosa poteva raccontare a quei giovani di un contesto di lavoro così diverso da quello attuale in cui si lavora in condizioni quasi da camice bianco. Di luoghi sporchi, di fatiche immani, contando sulla forza delle braccia, la capacità di sopportare la stanchezza a oltranza, l’usura di condizioni disumane… È allora che gli venne in mente di usare una chiave di lettura di quel mondo pressocché impossibile da rappresentare agli occhi delle generazioni più giovani. I preti operai, cominciò a raccontare, fanno parte di quella genìa umana, che speriamo esista sempre nelle diverse epoche, di gente curiosa. Non nel senso pettegolo del termine, ma poco inclini a lasciar correre quello che lì per lì non capiscono, e, volendo scoprire quello che, in prima battuta, sembra troppo ovvio per essere vero, preferiscono controllare di persona. Negli anni 50 (e non solo) nei seminari si insegnava il primato dello spirituale a spese di un materiale apparentato sempre con ciò che è pesante, ingombrante, deviante. È così che molti preti operai sono entrati in una storia per poterla riscattare. Mentre poi, vivendola dall’interno hanno capito che il riscatto non era nella direzione dell’esaltazione di uno spirituale disincarnato, ma nella lotta di una materia vivificata dallo spirito incarnato. E dove si aspettavano di trovare contraddizione e oscurità, hanno trovato luce e viva energia umana. (Luigi Sonnenfeld, Il dono).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-24T22:04:16+01:00da fraternidade
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