Giorno per giorno – 30 Aprile 2019

Carissimi,
“Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 12-15). Gesù ha appena parlato a Nicodemo della necessità di rinascere dall’alto, ad opera dello Spirito, la cui azione paragona a quella del vento. E la cosa deve aver frastornato quel tanto che basta il pover’uomo, come anche noi altri, stamattina, se Gesù, sconsolato, aggiunge quel che si è detto, rifacendosi forse a un testo della Sapienza che suona: “A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo”, “se tu non gli hai inviato il tuo santo spirito dall’alto?” (Sap 9, 16-17). E, infatti le “cose del cielo” che Gesù si apprestava a dire sarebbero risultate ancora più sbalorditive e incomprensibili. Più per Nicodemo, a dire il vero, che non aveva visto ancora nulla, che per noi, oggi, dopo aver celebrato la Pasqua. E tuttavia anche la nostra conoscenza e comprensione continuano ad essere spesso solo astratte, quasi non riuscissimo a prendere davvero sul serio, per la nostra vita e le relazioni che instauriamo, il fatto che quel Gesù “disceso dal cielo”, da Dio stesso cioè, e innalzato sulla croce, per rivelarci il mistero d’amore del Padre, rappresenti per noi la sola porta di accesso alla vita eterna, quell’amore trinitario che siamo chiamati a credere, testimoniandolo nel mondo. Ma, non è mai troppo tardi per arrenderci a lui e alla sua verità.

Oggi, il calendario ci porta la memoria di Giuseppe Benedetto Cottolengo, amico degli ultimi, e di Daniel Berrigan, una vita al servizio della pace.

Giuseppe Benedetto Cottolengo era nato a Bra, in provincia di Cuneo, il 3 maggio 1786, primo di una famiglia di dodici figli. Nel 1811 fu ordinato prete a Torino. Il 17 gennaio 1828 inaugurò, con l’aiuto di un gruppo di volontari, il Deposito della Volta Rossa, una sorta di pronto soccorso per accogliere quanti erano rifiutati dagli altri ospedali e vivevano in uno stato di abbandono. Tra i volontari spiccava la figura di una vedova, Marianna Nasi, a cui il prete decise di affidare alcune ragazze che accettarono di giocare la loro vita amando Dio, nel servizio gratuito ai poveri. Nacquero così le Figlie di san Vincenzo (o Cottolenghine). Nel 1832, chiusa la Volta Rossa, inaugurò a Valdocco, nella periferia degradata di Torino, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, in un rustico semiabbandonato che il prete aveva preso in affitto. Dopo pochi mesi affittò un altra casa nelle vicinanze. Entrambe per occuparsi di coloro che erano considerati pesi morti dalla società e spesso anche dalle loro [cristiane] famiglie. Ed erano solo figli e figlie di Dio. Tra il 1833 e il 1836 portò a termine la costruzione di un grandioso ospedale; poi si diede ad aprire scuole popolari e asili infantili. Non mancarono ovviamente crisi e difficoltà, ma la fede nella provvidenza ebbe sempre la meglio. Nel 1842 un’epidemia di tifo investì Torino, soprattutto le zone più povere. Cottolengo si ammalò, ma continuò a lavorare e a pregare instancabilmente, fino a quando le forze vennero meno. Il 29 aprile dello stesso anno, nella casa del fratello sacerdote, a Chieri, ricevette l’estrema unzione e, la sera successiva, morì.

Chi alla fine degli anni sessanta aveva già l’età per andare a manifestare, nel caso specifico contro la guerra in Vietnam, se ha buona memoria, ricorderà che tra le figure in qualche modo mitiche che animavano quella battaglia, con gesti di disobbedienza civile anche clamorosi, c’erano anche due fratelli preti, Philip (che in seguito avrebbe lasciato lo stato clericale ed è scomparso nel dicembre del 2002) e il più famoso Daniel Berrigan, gesuita, che, nato il 9 maggio (proprio una bella data per nascere: noi ci si ha qualche amico e amica di valore) 1921, ci ha lasciati il 30 aprile del 2016. Dopo che non si era mai fermato nelle battaglie, che lungo gli anni, gli aveva suggerito il suo prendere sul serio il vangelo della pace e della nonviolenza e il suo far parte della compagnia di Gesù, che è assai più che semplicemente un ordine religioso (anche se questo ha la sua importanza). Thomas Merton lo descrisse in questi termini: “Un’intelligenza vincente, un uomo che, io penso, possiede più di chiunque altro io conosca, il vero cuore grande e semplice dei gesuiti: zelo, compassione, comprensione e una libertà religiosa disinibita. Il semplice vederlo rinnova le nostre speranze nella Chiesa”. Ciò che valse a Daniel Berrigan le prime pagine dei giornali e l’attenzione dei riflettori del suo paese e del mondo fu l’episodio noto come i “Nove di Catonsville”, quando lui, suo fratello Philip e altri sette attivisti cattolici, riuscirono a impossessarsi di 378 archivi delle liste di leva di civili destinati alla guerra del Vietnam, bruciandoli poi dopo averli cosparsi di napalm. Questo episodio lo portò ad essere incluso nella lista dei “più ricercati” dall’FBI e lo portò contemporaneamente sulla copertina del Time e in prigione. Ironicamente, egli si scusò di aver bruciato “documenti invece di bambini”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.4, 32-37; Salmo 93; Vangelo di Giovanni, cap.3, 7b-15.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Daniel Berrigan, tratto dal suo libro “The Geography of Faith: Underground Conversations on Religious, Political & Social Change” (SkyLight Paths). Dice della sua esperienza di Chiesa, nei suoi primi trentanni di vita religiosa, e del sogno di un cambiamento profondo, di cui riteniamo abbia potuto vedere i segni nel ministero petrino inaugurato da papa Francesco. Anche se molta acqua dovrà forse scorrere ancora sotto i ponti, per vederne la pratica estesa alle diverse realtà locali. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Penso che la Chiesa, come l’ho sperimentata durante, diciamo, trent’anni di appartenenza al mio ordine, la Chiesa parli sempre meno alle realtà che abbiamo davanti. Solo un esempio è l’incapacità della Chiesa di guardare in faccia e confrontarsi con le difficoltà sociali e politiche dei credenti. Così quando uno si sposta in un altro scenario, come ho fatto io, e incontra persone con i più diversi background etnici e religiosi, si rende conto di quanto la Chiesa sia stata tragicamente insensibile – perché non ha ascoltato né compreso le lotte etiche di persone “di fuori”, sì, ma forse più vicine alla stessa lotta di Cristo. Sempre più vedo il bisogno di flessibilità nella Chiesa. E sento che la propria responsabilità nei confronti della Chiesa non può più essere espressa dalla tradizionale condiscendenza del parroco o del parrocchiano nei confronti di una “autorità” potente e talvolta corrotta. Mi piacerebbe vedere le risorse della Chiesa utilizzate a sostegno di quelle realtà che la Chiesa da sola non può affrontare, per quanto essa possa gettare luce su molte questioni problematiche. Sono questi argomenti che mi trovo a discutere ora con le famiglie con cui vivo. E la mia speranza è di scoprire qualcosa di nuovo, che ci possa aiutare nelle situazioni ben concrete e nuove che stiamo affrontando. Spero che ci sia una sorta di svolta spirituale ad attenderci, in modo che possiamo imparare a vivere insieme in un modo nuovo e più forte e meno conformisticamente prono alle forze americane che saccheggiano gli altri paesi al pari del nostro stesso paese. (Daniel Berrigan, The Geography of Faith: Underground Conversations on Religious, Political & Social Change).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Aprile 2019ultima modifica: 2019-04-30T22:28:01+02:00da fraternidade
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