Giorno per giorno – 17 Settembre 2018

Carissimi,
“Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito” (Lc 7, 6-7). È la confessione di fede del centurione pagano, che, saputo di Gesù (attualizzando, la funzione di annuncio della Chiesa), l’aveva pregato, attraverso alcuni anziani dei Giudei (la funzione di intercessione della Chiesa), di “venire e salvare il suo servo morente” (v. 3). Poi, improvvisamente, saputo della disponibilità di Gesù, cambia idea e manda degli amici a dirgli: No, non venire. Non son degno. Di’ solo una parola e questo basterà. Stamattina, ci dicevamo che il racconto è anche un po’ la storia di noi, che non abbiamo mai smesso di essere, almeno un po’, pagani, alternando il nostro culto al Padre di Gesù, a quello dei piccoli idoli quotidiani, in cui siamo soliti dare spazio alle pretese del nostro io. Fino a che, mossi da un’improvvisa necessità, veniamo risospinti a rivolgerci a Lui, per riudirne quella Parola che ci trasmetta la certezza della cura che, quali che siano i nostri trascorsi e la nostra situazione presente, per pagani che siamo, insomma, egli continua ad avere per noi, come per i nostri e per tutti. Ora, questa cura che egli dedica a noi è, se non le frapponiamo ostacolo, quella che ci trasforma in Lui, fino a farci suoi strumenti nei confronti degli altri. Il che ci situa, perciò, progressivamente, ben oltre ogni possibile guarigione fisica, o soluzione di problemi relazionali, o superamento di difficoltà materiali, che possano averci motivato nell’immediato, anche se le vie attraverso cui sperimentare la salvezza, nelle sue diverse forme, possono includere anche questo. Viviamo il tempo della Chiesa che è, nel contempo il tempo dell’assenza del Signore, ma anche della sua presenza attuante attraverso la Parola efficace della grazia, a cui siamo chiamati a collaborare, guarendo dalla malattia mortale del nostro egoismo. Che, anche nel nostro caso, gli altri possano, nel vederci, constatarci guariti.

Oggi noi si fa memoria di Ildegarda di Bingen, mistica benedettina, di Adrienne von Speyr, medica e mistica e di Dom Gianfranco Masserdotti, pastore dei popoli senza voce.

Ildegarda nacque nel 1098, ultima di dieci figli del nobile Ildelberto di Bermersheim e di sua moglie Matilda, nella provincia tedesca di Rheinhessen. Forse a causa della salute fragile, o per la precocità dell’intelligenza o, ancora per l’esperienza di involontarie visioni, la famiglia la inviò ancora bambina nel monastero benedettino di Disibodenberg, affidandola alle cure e all’educazione della monaca Jutta di Spanheim. Consacratasi giovanissima, all’età di trentotto anni fu eletta abbadessa. Studiò scienze e teologia e scrisse testi di medicina, biologia, cosmologia. Fu anche pittrice, compositrice, poetessa. Ebbe una serie di visioni e per dieci anni, tra il 1140 e il 1150, scrisse su di esse, illustrandole, fornendone l’interpretazione e commentandone il significato. Una commissione inviata dal papa Eugenio III per indagare su lei e la sua opera, dopo aver ascoltato l’opinione a lei favorevole di Bernardo di Chiaravalle, la considerò ortodossa e ritenne le visioni autentiche. Da parte sua, Ildegarda esortò il papa ad impegnare le sue forze ad una profonda riforma della Chiesa. Scrisse estesamente sull’esigenza della giustizia sociale e della liberazione degli oppressi. Sottolineò l’importanza di ricordare che ogni essere umano, creato a immagine di Dio, deve avere l’opportunità di usare e mettere a frutto i talenti ricevuti da Dio, realizzando in tal modo il progetto che lo stesso Dio ha per ciascuno di noi. Morì il 17 settembre 1179.

Adrienne von Speyr nacque a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera, il 20 settembre 1902, in una famiglia protestante. Quindicenne ebbe la sua prima esperienza mistica. Completati gli studi secondari, si iscrisse alla Facoltà di medicina, al termine della quale, nel 1931 comincerà ad esercitare la professione medica. Nel frattempo, nel 1927, aveva sposato Emile Dürr, di cui resterà tuttavia vedova sette anni più tardi. Nel febbraio 1936 sposò Werner Kaegi. Nell’aprile del 1940 ebbe l’incontro decisivo per la sua vita con il teologo gesuita Hans Urs von Balthasar, che divenne suo direttore spirituale. Il 1° novembre dello stesso anno, Adrienne ricevette il battesimo “sotto condizione”, entrando a far parte della Chiesa cattolica. Due anni più tardi visse l’esperienza angosciosa e traumatica delle stimmate. A partire dal 1944, benché priva di qualsivoglia formazione teologica, cominciò a dettare quasi quotidianamente a Von Balthasar testi di commento alla Bibbia e su altri argomenti teologici, frutto delle sue esperienze mistiche, che lo stesso Von Balhasar affermerà in seguito assolutamente decisivi in ordine alla sua evoluzione e produzione teologica. Assieme fonderanno nel 1945 l’istituto secolare Johannesgemeinschaft (Comunità di San Giovanni). Da allora continuarono e crebbero in frequenza le esperienze mistiche della Von Speyr. Perduta completamente la vista nel 1964, Adrienne morì a Basilea il 17 settembre 1967, memoria della grande mistica tedesca Ildegarda di Bingen.

Gianfranco Masserdotti era nato a Brescia, il 13 settembre 1941. Entrato nell’istituto dei Missionari Comboniani, fu ordinato sacerdote il 26 marzo 1966. Conseguita la laurea in sociologia all’università di Trento, fu inviato missionario nel Nordest del Brasile, dove restò dal 1972 al 1979, quando fu richiamato a Roma per assumere l’incarico di Assistente generale della congregazione. Ritornato nel 1986, in Brasile, il 2 marzo 1996, fu consacrato vescovo coadiutore di Balsas (Maranhão), diocesi di cui divenne vescovo titolare due anni più tardi. All’interno della Conferenza Nazionale Episcopale del Brasile (CNBB) svolse la funzione di Presidente della CIMI (Conselho Indigenista Missionário) e di Vice-Presidente della Commissione Missionaria. Il 17 settembre 2006 morì vittima di un incidente stradale. È ricordato unanimemente come “religioso dalla grande sensibilità umana e spirituale, un missionario dedito totalmente alla causa dei poveri e un Vescovo illuminato e profondamente impegnato a preparare una Chiesa locale autosufficiente, significativamente presente sul territorio, dialogante con tutti, particolarmente attenta ai “più poveri e abbandonati” e missionaria, aperta a tutti i continenti”. Poche settimane prima, in occasione dei funerali di un altro grande della Chiesa brasiliana, Dom Luciano Mendes de Almeida, aveva detto: “La vera morte avviene quando riponiamo la nostra speranza e il senso della nostra vita nel possesso, nel potere, nel piacere senza limiti, quando chiudiamo il nostro cuore al prossimo e ci lasciamo trasportare dall’egoismo. La vera morte avviene quando ci lasciamo prendere dal timore di perdere la nostra vita a causa di Gesù e del Vangelo”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.11, 17-26.33; Salmo 40; Vangelo di Luca, cap.7, 1-10.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

E anche per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, con una citazione di Adrienne von Speyr, tratta da un suo testo, apparso col titolo “Il potere di diventare figli di Dio” in Communio. Rivista Internazionale di Teologia e Cultura – Numero 185, settembre-ottobre 2002 e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Noi pensavamo che essere figlio di Dio fosse una realtà posta una volta per tutte. Il figlio dell’uomo cresce fino a raggiungere la misura dei genitori; ma il figlio di Dio cresce inavvertitamente, perché quale sarebbe la misura raggiungibile del Padre suo, di Dio? Nel mentre noi cominciamo a diventare figli di Dio, questa realtà si trasforma in noi nella vita eterna, che è sempre in origine e precisamente in origine pressso Dio e che quindi ci supera e inonda eternamente. Il fatto che possiamo diventare questa realtà incomprensibile e sempre superiore dipende ovviamente dal suo potere. Ma precisamente tale suo potere egli non volle esercitare da solo e volle partecipare a noi. In questo divenire non siamo passivi, perché egli vive in noi e noi viviamo di questa vita. La nostra vita diventa così infinitamente più attiva di quanto era prima. Essa diventa attiva in una maniera del tutto nuova e sconosciuta. Finché eravamo soli con noi, eravamo propriamente passivi, obbedivamo a tutte le leggi del mondo che che su questo punto ci comandano imperiosamente di non appartenere al Signore. Eravamo il giocattolo di questa passione di non voler appartenere al Signore. La nostra anima era così come paralizzata. Ora che siamo diventati figli di Dio ci muoviamo liberamente nel Signore, prendiamo parte al suo libero potere sulla vita. Non appena il Signore comincia a vivere in noi, non abbiamo più tempo per noi; tutta la nostra vita diventa attiva, perché viene utilizzata per il Signore. Non possiamo limitarci a “lasciarlo agire in noi” e a guardare come vive in noi. Ogni minuto della nostra vita è chiamato alla collaborazione più viva e intensa. (Adrienne von Speyr, Il potere di diventare figli di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Settembre 2018ultima modifica: 2018-09-17T22:33:43+02:00da fraternidade
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