Giorno per giorno – 09 marzo 2018

Carissimi,
“Allora lo scriba gli disse: Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio” (Mc 12, 32-34). E una volta tanto, Gesù e uno dei suoi tradizionali avversari religiosi si trovano d’accordo. E non su una cosa di poco conto, ma sul principio regolatore della vita umana, identificato nell’amore di Dio (che è come dire l’amore per l’amore) e del prossimo come un tutt’uno, non privilegiando uno a danno dell’altro, come spesso si è portati a fare. I due amori sono, perciò, in realtà, uno solo. Chi lascia fuori da tale orizzonte anche soltanto qualcuno, in realtá non ama nessuno. Meno che meno Dio. Giovanni dirà nella sua lettera: “Se uno dice: ‘Io amo Dio’ e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede’ (1Gv 4, 20). Davanti a questa che è una vera e propria professione di fede, Gesù dice allo scriba (ma anche a noi): “Non sei lontano dal regno di Dio”. Cosa manca per farne parte? Come ci si diceva stamattina, manca soltanto di non limitarsi a pensarlo e a dirlo, ma di metterlo finalmente in pratica.

Oggi il nostro calendario ci porta le memorie di Francesca Romana, sposa, madre di famiglia e religiosa, e di Swami Sri Yukteswar Giri, mistico indiano.

Francesca Bussa de’ Buxis de’ Leoni, nacque a Roma nel 1384 in una famiglia che (come lascia arguire la sfilza di cognomi) era nobile e ricca. Il che deve suonare di qualche consolazione per i cammelli che disperano di poter attraversare la cruna dell’ago. Desiderosa di abbracciare la vita religiosa, fu però obbligata dal padre a sposare, appena dodicenne, Lorenzo de’ Ponziani, la cui famiglia, lungo gli anni, si era fatta ricca e aveva comprato la nobiltà, con i proventi del mestiere di macellai. A 16 anni ebbe il primo dei tre figli, due dei quali avrebbe perduto a causa di un’epidemia di peste. Da subito, la giovane sposa, prese a dedicare il suo tempo libero dagli impegni familiari, a soccorrere poveri ed ammalati, in una situazione generalizzata di degrado economico e sociale. Nel 1425 lei e altre amiche, che aveva coinvolto nelle sue attività caritative, si costituirono in associazione, le “Oblate Olivetane di Maria”, che, nel 1433, papa Eugenio IV eresse in congregazione, con il titolo di “Oblate della Santissima Vergine”. Rimasta vedova, poco più che cinquantenne, si unì alle sue compagne, lasciando l’amministrazione della casa al figlio Battista e alla consorte di questi. Trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita in convento, istruendo ed edificando le consorelle nell’amore e nella dedizione ai poveri. Morì il 9 marzo 1440.

Priya Nath Karar (questo il suo nome alla nascita) era nato il 10 maggio 1855 a Serampore (India), nella famiglia di un benestante uomo d’affari. Divenuto adulto, il giovane si sposò e passò ad amministrare la sua eredità, vivendo responsabilmente i suoi doveri e obblighi sociali. In età matura incontrò il suo guru, Sri Lahiri Mahasaya, e si dedicò alla pratica del Kriya Yoga. Rimasto vedovo, fu iniziato nell’ordine degli Swami, a Bodh Gaya, e assunse il nome di Sri Yukteswar Giri. Ebbe, assieme a molti altri doni, quello della guarigione spirituale, anche se lo esercitò sempre in maniera estremamente discreta. Studioso della Bhagavadgītā e della Bibbia, insegnò l’unità essenziale delle religioni, anche se queste fanno spesso di tutto per fomentare divisioni che nulla hanno a che vedere con l’apertura alla Verità. Nel 1894 raccolse parte delle sue riflessioni in un libretto intitolato Kaivalya Darshanam, che fu in seguito ripubblicato dalla Self-Realization Fellowship, con il titolo The Holy Science. Sri Yukteswar fu il maestro spirituale di Paramahansa Yogananda, a cui affidò la missione di diffondere il Kriya Yoga. Yukteswar era convinto che il matrimonio tra l’eredità spirituale dell’Oriente e la scienza e teconologia dell’Occidente avrebbe comportato un progressivo superamento delle sofferenze materiali, psicologiche e spirituali del nostro tempo. Il 9 marzo 1935, Swami Sri Yukteswar abbandonò il suo corpo mortale, che fu seppellito nel giardino del suo ashram di Puri, dove successivamente è stato edificato un tempio in sua memoria.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap.14, 2-10; Salmo 81; Vangelo di Marco, cap.12, 28b-34.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

È tutto, per stasera e noi, nel congedarci, prendendo spunto dalla memoria di di Swami Sri Yukteswar Giri, vi proponiamo un brano del teologo Jacques Dupuis, tratto dal suo libro “Gesù Cristo incontro alle religioni” (Cittadella Editrice)., che ci aiuta, tra l’altro, a spiegare l’ascolto che offriamo anche ai testimoni di altri cammini, nei quali soffia comunque il vento dello Spirito. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Bisogna ricordare che il Verbo di Dio è l’agente universale di ogni automanifestazione divina nella storia, ancor prima della sua incarnazione in Gesù Cristo; inoltre, che la sua incarnazione storica è in vista della sua presenza operativa, meta-storica e universale, in quanto Signore risorto; infine, che la sua azione salvifica si estende fino ai confini dell’universo attraverso l’economia universale dello Spirito. L’autocomunicazione di Dio nel Verbo, la condizione meta-storica e la presenza universale del Cristo risorto, e l’economia e azione universale dello Spirito di Cristo, sono i tre elementi che offono a una teologia cristiana delle religioni una prospettiva globale, in grado di integrare tutte le rivelazioni divine contenute nelle altre tradizioni religiose dell’umanità. È così, quindi, che l’evento Gesù Cristo, centro della storia, assume dimensioni cosmiche. Ne consegue – poiché il Verbo, Cristo e lo Spirito sono uno – che una teologia cristiana delle religioni trova dovunque qualcosa che fa al caso suo, anche senza voler attrarre tutto a sé. Non solo essa dovrà tener conto di tutti i dati fornitigli dalla storia religiosa dell’umanità, ma potrà anche arricchirsi delle intuizioni delle altre tradizioni religiose. E questo perché le altre tradizioni contengono una manifestazione autentica di Dio, mediata dal Verbo, da Cristo e dallo Spirito. È così che potrà riconoscere nelle sacre Scritture delle altre tradizioni non solo una parola che Dio rivolge ai loro fedeli ma pure una parola attraverso la quale Egli parla ai cristiani stessi, anche se in Gesù Cristo egli ha già detto al mondo la sua parola decisiva. (Jacques Dupuis, Gesù Cristo incontro alle religioni).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 marzo 2018ultima modifica: 2018-03-09T22:17:56+01:00da fraternidade
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