Giorno per giorno – 16 Settembre 2016

Carissimi,
“C’erano con Gesù i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni” (Lc 8, 2-3). Stasera, Eucaristia a casa di Marlene e Adão, presieduta da frei Mingas. Un vangelo di solo pochi versetti, quello propostoci dalla liturgia odierna, per dire che Gesù continuava la sua missione itinerante, predicando e annunciando la buona notizia del Regno. E che con lui c’erano i Dodici e alcune donne. Al giorno d’oggi, nelle comunità, in genere, sono molte piú le donne, mentre gli uomini, certo con mille giustificazioni, risultano, a seconda dei casi, tre, quattro o giù di lì. Come anche stasera. Ciò che si è, comunque, voluto sottolineare, è che per Gesù è stato più facile guarire le donne dai loro spiriti cattivi, che non i discepoli. I quali, sino alla fine, persino alla vigilia della morte del Maestro, rimasero prigionieri dello spirito cattivo del potere, disputando tra loro su chi fosse il maggiore, su chi insomma dovesse comandare. Mentre le donne “guarite” si preoccupavano di servire. Ed erano già l’immagine della chiesa come la voleva Gesù. Così spesso smentita durante i secoli e, qua e là, ancora oggi. Cosa testimoniano i nostri atteggiamenti, in casa, nella comunità ecclesiale, nella vita di società: la dimensione del servizio o la volontà di dominare?

Il calendario, oggi, ci porta le memorie di Cornelio, papa di Roma, e Cipriano, vescovo di Cartagine, martiri; di Pavel Evdokimov, mistico e teologo ortodosso; e di François Xavier Nguyên Van Thuân, vescovo e testimone; i Martiri della Notte delle matite spezzate, in Argentina.

Presbitero romano, Cornelio, fu eletto papa nel 251. Durante il suo pontificato dovette occuparsi della situazione in cui si trovavano i cristiani che avevano apostatato durante la persecuzione. Nella Chiesa erano venute affermandosi due posizioni estreme: quella lassista di chi riteneva non doversi imporre nessun tipo di penitenza ai “lapsi” (i caduti) e quella intransigente di chi, come Novaziano (il primo antipapa della storia), sosteneva l’impossibilità del perdono. Cornelio dichiarò che la Chiesa può perdonare i caduti pentiti, può riammetterli ai sacramenti e reinserirli nella comunione piena, dopo opportune penitenze. Quando la persecuzione contro i cristiani ricominciò nel 253, sotto l’imperatore Gallieno, Cornelio fu esiliato a Centum Cellae (Civitavecchia), dove morì martire in seguito alle privazioni che dovette affrontare.

Cipriano nacque all’incirca nell’anno 200 in Africa del Nord. Avvocato famoso, divenne cristiano nel 246 e due anni più tardi fu scelto come vescovo di Cartagine. Per ciò che riguarda il problema dei “lapsi”, Cipriano assunse la stessa attitudine del vescovo di Roma. Durante la persecuzione di Valeriano, fu arrestato, processato e decapitato, il 14 settembre 258. Lasciò numerose lettere e trattati di teologia. Gli “atti” del suo martirio sono stati conservati fino ai nostri giorni.

Pavel Nicolaievic Evdokimov, considerato uno dei maggiori maestri della teologia e della spiritualità ortodossa del sec. XX, nacque a San Pietroburgo (Russia) il 2 agosto 1901. Suo padre morì assassinato quando Pavel aveva solo sei anni. Di famiglia aristocratica, allo scoppio della rivoluzione, si recò a Kiev, dove nel 1918 iniziò gli studi di teologia. Nel 1921, costretto all’esilio, si recò prima a Istanbul, dove si mantenne facendo il tassista, e, due anni più tardi, a Parigi, dove lavorando di notte come aiuto-cuoco, riuscì a portare a termine gli studi teologici, frequentando l’Istituto San Sergio, dove conobbe Serghei Bulgakov e Nicolai Berdiaev e dove, in seguito, insegnò teologia morale. Sposato nel 1927 a Natascia Brunel, ebbe da lei due figli. Durante la seconda guerra mondiale si prestò attivamente a salvare numerosi ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Direttore del Centro di Studi Ortodossi di Parigi, promosse un’intensa attività ecumenica e, durante l’ultima sessione del Concilio Vaticano II, fu invitato a parteciparvi come osservatore dal Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Morì a a Meudon, in Francia, il 16 settembre 1970.

François Xavier Nguyên Van Thuân era nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Discendeva da una famiglia di lunga tradizone cristiana, che annoverava nel suo albo genealogico numerosi martiri. Entrato in seminario, vi compì gli studi di filosofia e teologia fino alla sua ordinazione a prete, l’11 giugno 1953. Di ritorno da Roma, dove si era recato per laurearsi in Diritto Canonico, fu prima professore poi rettore del seminario e, dal 1967, vescovo do Nha Trang. Il 24 aprile 1975, Van Thuân venne nominato da Paolo VI Arcivescovo Coadiutore di Saigon (oggi Thành phố Hồ Chí Minh), ma pochi mesi dopo la sua nomina, il 15 agosto 1975, venne arrestato e inviato, senza processo né sentenza, in un “campo di rieducazione”, dove rimase per tredici anni, nove dei quali in isolamento assoluto. Non avendo potuto portare nulla con sé, né libri, né effetti personali, cominciò a raccogliere pezzetti di carta in cui annotava le frasi del Vangelo che ricordava. Furono circa trecento i biglietti che costituirono così la sua personalissima Bibbia, che l’accompagnò in quegli anni. Seppe conquistarsi l’amicizia di due guardie, che gli permisero di tagliare un pezzetto di legno per farsi una croce, e gli diedero un filo elettrico per intrecciare una catenina. Dirà: “Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l’evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio”. Scarcerato il 21 novembre 1988 ed espulso dal suo paese, Nguyên Van Thuân si recò in Italia, dove fu nominato Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II. Morì il 16 settembre 2002, all’età di 74 anni.

Quella che è ricordata come la “Notte delle matite spezzate” rappresenta uno degli episodi più crudeli ed emblematici del terrorismo di Stato, inaugurato in Argentina nel 1976. Ebbe luogo a La Plata (Argentina), nella notte del 16 settembre 1976, quando vennero sequestrati sei studenti della Union Estudiantil Secundaria (UES), “colpevoli”, secondo le autorità, della partecipazione alle manifestazioni contro l’abolizione del tesserino che consentiva agli studenti liceali sconti sul prezzo dei libri di testo ed una riduzione del biglietto per l’utilizzo dell’autobus. I sei giovani erano: Francisco López Muntaner, María Claudia Falcone, Claudio de Acha, Horacio Angel Ungaro, Daniel Roberto Racero e María Clara Ciocchini, tutti di un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Grazie alla testimonianza di un altro giovane sequestrato che sopravvisse, Pablo Diaz, si potè ricostruire, nel processo che seguì la fine della dittatura, le torture subite da loro e da molti altri nelle settimane che precedettero la loro eliminazione violenta: scosse elettriche in tutto il corpo, le unghie strappate, manette ai polsi, una corda al collo, senza possibilità di lavarsi. Le ragazze violentate ogni notte. Senza però disanimare, per l’ansia di vivere, la certezza della libertà, le canzoni e le preghiere. Poi, solo il silenzio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.15, 12-20; Salmo 17; Vangelo di Luca, cap.8, 1-3.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Pavel Evdokimov, tratto dal suo libro “L’amour fou de Dieu”, qui nella traduzione proposta dal sito Nati dallo Spirito. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’Oriente non mette limite né alla misericordia di Dio né alla libertà dell’uomo di rifiutare questa grazia. Ma soprattutto non mette limite all’arte di essere testimone, alla carità inventiva di fronte alla dimensione infernale del mondo. Ogni battezzato è un essere invisibilmente “stigmatizzato”, “Gesù è una ferita dalla quale non c’è cura”, ha detto Ibn Arabi. È questa ferita per il destino degli altri che aggiunge qualcosa alla sofferenza del Cristo “entrato in agonia fino alla fine del mondo”. Imitare il Cristo, è configurarsi al Cristo totale, è scendere al suo seguito nel fondo del baratro del nostro mondo. L’inferno non è altro che l’autonomia dell’uomo ribelle che lo esclude dal luogo dove Dio è presente. La potenza di rifiutare Dio è il punto più avanzato della libertà umana; è voluta tale da Dio, cioè senza limiti. Dio non può forzare alcun ateo ad amarLo ed è, si oserebbe appena dirlo, l’inferno del proprio amore divino, la visione dell’uomo immerso nella notte delle solitudini. Se Giuda fugge nella notte (Gv 13, 2-30), è perché Satana è in lui. Ma Giuda porta via nella sua mano un mistero terribile, il pezzo di pane della Cena del Signore. Così l’inferno conserva nel suo seno una particella di luce, che risponde alla parola: “La Luce splende nelle tenebre”. Il gesto di Gesù designa l’ultimo mistero della Chiesa: è la mano di Gesù che offre la sua carne ed il suo sangue; l’appello è per tutti, poiché tutti sono in potere del principe di questo mondo. La luce non dissipa ancora le tenebre, ma le tenebre tuttavia non hanno alcuna influenza sulla luce invincibile. Siamo nella tensione estrema dell’amore divino. Dio non è “impassibile”. Il libro di Daniele (3, 25) parla dei tre giovani gettati nella fornace. Il re scorge la presenza misteriosa del quarto: “Vedo quattro uomini che camminano in mezzo al fuoco senza che loro arrivi alcun male, ed il quarto ha il volto del Figlio di Dio…”. È a questo livello che troviamo l’esigenza dell’inferno che testimonia la nostra libertà di amare Dio. È essa che genera l’inferno poiché può sempre dire con tutti i ribelli: “Che la tua volontà non sia fatta” e Dio stesso non ha alcuna influenza su questa parola. Con le ragioni del nostro cuore, sentiamo che la nostra visione di Dio diventa inquietante se Dio non ama la sua creatura fino a rinunciare a punirla con una separazione crudele; è anche inquietante se Dio non salva l’amato senza toccare né distruggere la sua libertà… Il Padre che manda suo Figlio sa sempre che anche l’inferno è suo dominio e che “la porta della morte” è cambiata “in porta della vita”. L’uomo non deve mai cadere nella disperazione, può cadere soltanto in Dio ed è Dio che non dispera mai. (Pavel Evdokimov, L’amour fou de Dieu)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Settembre 2016ultima modifica: 2016-09-16T22:32:39+02:00da fraternidade
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