Giorno per giorno – 04 Giugno 2016

Carissimi,
“Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa” (Mc 12, 38-40). “Divorano le case delle vedove”. Succede ancora, ci dicevamo stasera, a casa di dona Josefa, dove siamo andati a sorpresa, per evitarle la preoccupazione di preparare lo spuntino (e lei ci tiene!), con cui, qui, si ha l’abitudine di concludere gli incontri. E, ovviamente, gli esempi più eclatanti cui viene di pensare sono quelli di certe chiese che vanno per la maggiore, con le esose, insistenti, scandalose, richieste di denaro, contro l’infallibile promessa di una prosperità che Dio ha in serbo per i donatori. Gesù non ci stava allora e non ci sta, presumibilmente, oggi. E, contro i religiosi (anche quelli che fanno voto di povertà e ai quali, teoricamente, il Diritto canonico proibirebbe ogni tipo di transazione), che si appropriano subdolamente della proprietà altrui, Gesù oppone l’esempio della povera vedova che depone liberamente tutto ciò che ha nel tesoro di Dio (cf Mc 12, 41-44). Che è assai più che la decima di prammatica, è il dono della vita, come Gesù si appresterà a fare da lì a poco. Se è così, questo vangelo, più che con le più o meno lecite attività di alcune chiese, ha a che fare con l’atteggiamento di fondo che caratterizza la vita di ciascuno di noi. A partire dalle relazioni più immediate in cui ci troviamo inseriti. Che parte vi giochiamo? Chi mettiamo al centro di esse: noi con le nostre pretese o gli altri con i loro bisogni? Cosa abbiamo fatto e facciamo della nostra vita: una rapina continua (anche in termini di affetti) o un dono libero e gratuito? Dovremmo fermarci a pensare.

Oggi, il calendario ci porta la memoria di José María Gran Cirera, missionario, e di Domingo Batz, laico, martiri in Guatemala, e di Antonio Zawistowski, prete diocesano, e Stanislao Starowieyski, laico, martiri sotto il totalitarismo nazista.

José María Gran Cirera, missionario di 35 anni, nato a Barcellona (Spagna), era parroco a Chajul (Guatemala), ed era fortemente impegnato nell’assistenza e nella difesa degli indios della regione. Il 4 giugno 1980, si recava, assieme a Domingo Batz, a celebrare messa a Xeixojbitz, un villaggio del circondario. Lungo un sentiero boscoso e solitario incontrarono una pattuglia di soldati che uccisero il primo con sette colpi di pistola, e il secondo con due, lasciando sul terreno un gran numero di volantini firmati dalla guerriglia, per fingere uno scontro a fuoco che non ebbe mai luogo. Sono solo due tra i numerosi missionari e i moltissimi laici assassinati durante gli anni della dittatura che tra il 1960 e il 1996 è costato qualcosa come 200 mila vittime e un milione di profughi.

Di Antonio Zawistowski, prete diocesano, e di Stanislao Starowieyski, laico, entrambi polacchi, sappiamo solo che, “sopportando atroci tormenti”, morirono in questa data, il primo nel 1942, il secondo nel 1940, nel lager nazista di Dachau. Furono beatificati da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999, con altri 106 martiri polacchi, tutti vittime del totalitarismo nazista, uccisi in tempi, modi e località diverse. In totale si trattò di 3 vescovi, 52 preti diocesani, 3 seminaristi, 33 religiosi, 8 religiose, 9 laici.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap. 4, 1-8; Salmo 71; Vangelo di Marco, cap.12, 38-44.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi ricorrono venticinque anni dalla repressione violenta da parte delle autorità cinesi delle imponenti manifestazioni che, a partire dal 15 aprile 1989, centinaia di migliaia di studenti, operai e intellettuali, misero in atto a Pechino, nella piazza Tienanmen (ma anche in altre località sparse nel Paese), per chiedere riforme economiche, maggiori libertà politiche e di stampa e la fine della corruzione. Dopo aver imposto, il 20 maggio, la legge marziale, il governo rispose inviando l’esercito. All’alba del 4 giugno, i convogli militari entrarono in azione e cominciarono a sparare sui manifestanti. In poco più di un’ora la piazza era stata sgomberata. Secondo un rapporto della Pubblica Sicurezza trapelato qualche anno più tardi, i morti trai i civili sarebbero stati 623 e 11.570 i feriti; ma si sarebbero registrati anche 45 morti e 6.240 feriti tra i soldati. Assai diverse le cifre ufficiali e quelle delle organizzazioni umanitarie. Ding Zilin, già assistente di filosofia all’Università di Pechino, madre di uno studente diciassettenne, morto nella repressione, guida da anni il gruppo delle Madri di Tienanmen, con lo scopo di ottenere verità e giustizia su quei tragici fatti.

Il 19 agosto 1982, l’Assemblea Generale dell’ONU decideva che il 4 di giugno di ogni anno si celebrasse la Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime delle aggressioni e delle guerre, con l’intento di sensibilizzare la coscienza civile sugli orrori che si abbattono sulla parte più indifesa dell’umanità. Vale la pena che anche noi si si faccia un pensiero, per scuoterci da ogni colpevole torpore e assumere le iniziative del caso.

Non tutti, qui da noi, sono appassionati di pugilato, ma tutti siamo certi che Muhammad Ali, scomparso ieri all’eta di 74 anni, non sarà ricordato e rimpianto solo come il più grande pugile di tutti i tempi, che si è conosciuto sul ring, ma, assai di più, come lo straordinario campione di molte battaglie per cui si è speso, sul ring della vita, pagando spesso di persona, contro la guerra, in favore dei diritti civili e della giustizia razziale nel suo Paese e non solo, vero e proprio profeta, eroe, icona di milioni di negri dimenticati nelle periferie povere delle grandi città americane. A noi piace ricordarlo con la frase con cui commentò, in un’intervista a Gianni Minà, la lunga malattia che accompagnò i suoi ultimi anni di vita: “Il mio Dio mi ha dato talmente tanto nei primi quarant’anni della vita, che se anche adesso mi toglie qualcosa con la malattia che ho, devo comunque dirgli grazie perché sono ancora in debito con il destino rispetto a quello che hanno avuto e hanno miliardi di altri esseri umani”.

E, stamattina, è uscito sconfitto, nella battaglia contro la malattia fulminante che lo aveva assalito solo pochi giorni fa, Brasil Bruno, figlio di Selma, che è la sindaco della nostra città. Aveva venticinque anni, era nel suo pieno vigore, con tutta una vita davanti. Non ci sono altre parole che per mettere la famiglia nelle nostre e vostre preghiere.

È tutto, per stasera. Prendendo spunto dalla memoria del martirio di José María Gran Cirera e di Domingo Batz, ci congediamo, offrendovi in lettura una pagina del teologo Jon Sobrino, tratto dal suo “Gesù Crisrto liberatore” (Cittadella editrice), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’annuncio della buona Notizia ai poveri per il semplice fatto di essere tali, scuote e sconvolge le fondamenta della religione, ed è la migliore maniera di manifestare la gratuità di Dio in un mondo che ideologizza la ricchezza. “Per questo lo scandalo nasce dalla buona Notizia e primariamente dalla chiamata di Gesù alla penitenza” (Joachim Jeremias). Lo scandalo di quelli che non sono poveri è una prova indiretta ma efficace che il regno di Dio è per i poveri per il semplice fatto di essere tali, e che Dio si rivela, in base a ciò ch’egli è realmente, come parziale nei riguardi dei poveri per il semplice fatto di essere tali. Questa parzialità di Dio ci sembra una costante nella sua rivelazione. Si manifesta però anche con tutta chiarezza che si tratta di parzialità perché in essa si opta per alcuni a differenza di altri e contro altri. È dunque una parzialità dialettica, presente anche nel corso della Scrittura. Per quanto sia cosa nota, occorre valutare con quanta frequenza Dio o Gesù affermano nella Scrittura contro che cosa sono, per affermare che cosa vogliono. Da qui la caratterizzazione frequente di due tipi di gruppi o di esseri umani: gli uni accanto a Dio, gli altri rifiutati da Dio. Nell’AT Abele viene contrapposto a Caino, Mosè al faraone, i dirigenti del popolo ebraico alle maggioranze povere che si trovano al suo interno. Nel NT il Magnificat contrappone umili e potenti; Gesù contrappone i poveri, quelli che patiscono la fame, che piangono, ai ricchi, a quelli che sono sazi e che ridono; i bambini ai sapienti; i peccatori ai giusti; pubblicani e prostitute a scribi e farisei… (Jon Sobrino, Gesù Cristo liberatore).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Giugno 2016ultima modifica: 2016-06-04T22:22:53+02:00da fraternidade
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