Giorno per giorno – 07 Ottobre 2014

Carissimi,
“Marta si fece avanti e disse: Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti. Ma il Signore le rispose: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10, 40-42). Il pericolo è proprio questo, che il nostro attivismo ci faccia dimenticare l’ascolto dell’altro. Dietro cui c’è sempre l’Altro. Sicché si finisca per decidere noi i suoi bisogni, le sue attese, i suoi propositi, i sogni, per spiattellargli poi davanti le nostre risposte e le nostre ricette già pronte. Marta è la chiesa-madre, o, se si preferisce, la sorella maggiore, cui dobbiamo essere grati perché ha preso l’iniziativa di accogliere il Signore, l’ospite stanco che, nel suo esodo verso Gerusalemme, sta sperimentando le vittorie dei piccoli, ma anche il rifiuto che viene opposto al suo messaggio e alla sua persona. Se, come vuole la tradizione, il villaggio di Marta e Maria è Betania, ovvero, la “casa del povero”, Gesù non potrebbe davvero sentirsi più a suo agio che lì. Quella è la chiesa dei poveri, dove l’atteggiamento dominante è, o dovrebbe essere, quello appreso da Gesù, che “è in mezzo a noi come colui che serve”. E, difatti, è così che è Marta. E certo bisogna esserle grati, se non lo fa semplicemente per farsi bella agli occhi di qualcuno. Solo che. Solo che, a volte, capita di voler “fare” troppo. E, come si sa, quasi sempre, il troppo stroppia. Così, come, ci ripetevamo stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, tra tutte le attività, accompagnate da riunioni, discussioni, confronti, conclusioni, trascrizioni, può capitare che ci si dimentichi l’ascolto. Della parola di Dio, nei vangeli. E della parola di Dio nella gente (“Ti lodo, Padre, perché hai rivelato queste cose a loro e non ai dotti”, dovremmo ricordarcelo questo magistero dei poveri!). Anche di quanti passano magari nelle nostre comunità, ma poi se ne vanno, perché non vi ha trovato l’ascolto o la risposta che attendevano. Eppure, l’ascolto dei poveri (di ogni povertà), ce l’ha insegnato Dio per primo: “Ho visto la miseria del mio popolo, ho udito il suo clamore”. Poi, saputo di cosa aveva bisogno, è sceso, per liberarlo. Dalla schiavitù e, in prospettiva, da ogni altra oppressione, economica e non. Forse, anche da lacci e lacciuoli del diritto canonico.

Il calendario ci porta oggi la memoria della Beata vergine Maria del Rosario.

L’origine della festa non è, come si dice, delle più felici. Voluta da Pio V per celebrare la vittoria conseguita sulla flotta turca, a Lepanto, il 7 ottobre 1571, dicono che ancora oggi, più di quattrocento anni dopo, la Madonna non si dia pace. E quando le capita di vedere il papa Pio per le strade dei cieli (dato che l’hanno pure canonizzato per garantirgli il paradiso), scuote ancora la testa e gli fa: ma, a te, ti ha dato di volta il cervello? Già, perché a Lepanto, come in ogni guerra, passata, presente e futura, a combattersi c’erano, ci sono e ci saranno, solo dei diavoli. Quand’anche poveri. Dall’una e dall’altra parte.

Noi facciamo anche memoria di John Woolman, profeta quacchero, e di Manuel Antonio Reyes, prete, martire in El Salvador.

John Woolman era nato, il 19 ottobre 1720, quinto dei dodici figli di Samuel Woolman e Elizabeth Hudson Burr, una famiglia quacchera di Rancocas, nel New Jersey, non lontano da Filadelfia. Da ragazzo ebbe una prima rudimentale istruzione nella scuola quacchera del paese, ma la sua formazione fu comunque autodidatta. Dopo una malattia, seguita ad una sbandata adolescenziale, cominciò a lavorare come garzone in un panificio e a frequentare regolarmente gli incontri della Società degli Amici, sempre più attento ad ascoltare gli insegnamenti di Gesù e preoccupato di porli in pratica. Iniziatosi al mestiere di sarto, sposò ventinovenne Sarah Ellis, da cui nacquero due figli, Mary e William. Nel 1756 cominciò a redigere il suo Diario e prese a pubblicare alcuni opuscoli contro il sistema schiavista. Tale lotta sarebbe divenuto obiettivo prioritario della sua vita. Diceva che “l’unica maniera cristiana per trattare gli schiavi è liberarli”. Sempre ospitalissimo con tutti, rifiutava tuttavia di accogliere in casa chi fosse proprietario di schiavi. Durante le guerre contro i francesi e contro gli indiani, scelse l’obiezione di coscienza, rifiutando di pagare le tasse di guerra e preferendo pagare le multe salate a cui era ogni volta condannato. Visse semplicemente, delle cose essenziali, sapendo che il desiderio smodato del lusso e delle ricchezze è la radice di tutte le oppressioni e le guerre. Decise di non mangiare nulla che contenesse zucchero o melassa perché prodotto dal lavoro degli schiavi, e rifiutò gli abiti tinti per la stessa ragione. Sosteneva che non ci si può limitare ad evitare l’oppressione diretta degli altri esseri umani, ma si deve rifiutare il consumo e il godimento di ogni bene che sia frutto dello sfruttamento umano. Inviato in Inghilterra per divulgare tra le locali congregazioni quacchere le idee abolizioniste, si ammalò di vaiolo e morì il 7 Ottobre 1772, nella città di York.

Manuel Antonio Reyes era nato il 13 dicembre 1945 a San Rafael Oriente, nel dipartimento di San Miguel (El Salvador). Era parroco di Santa Marta, nella Colonia “10 Settembre”, quando la mattina del 6 ottobre 1980 la sua casa venne perquisita e lui sequestrato da individui che dichiarano di appartenere a “nuclei investigativi”. Il giorno seguente il Ministro della Difesa, a Mons. Rivera y Damas, che gli chiede conto della scomparsa, assicura il suo interessamento. Ma, il giorno stesso, il corpo senza vita del sacerdote è ritrovato per strada. Per questo prete di trentacinque anni il suo legame con la comunità cristiana di un quartiere operaio è stato motivo sufficiente per decretare la sua morte.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Galati, cap. 1,13-24; Salmo 139; Vangelo di Luca, cap. 10, 38-42.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura, prendendo spunto dalla memoria del prete salvadoregno Manuel Antonio Reyes, un brano di omelia del suo vescovo, Mons. Oscar Romero. Tenuta il 15 luglio 1979, ci aiuta a intendere la morte dell’uno e dell’altro, avvenute a breve distanza di tempo. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nessuno capisce tanto il povero, come colui che è povero secondo il vangelo. Egli sa cosa significa la fame della madre, del bambino, perché anch’egli vive, forse non in condizioni fisiche uguali, ma in una spiritualità di povero che lo porta a comprendere e condividere. Condividere anche con chi non ha ed è in questo sollecito e generoso. Non dà dall’alto al basso, non è più tempo di paternalismo, è tempo di fraternità, di sentire che è l’altro è fratello, che mi interessa. L’interesse per il povero, per il contadino, per chi non ha. Come dice il papa: “È questo spirito di povertà che ci porta a desiderare che i beni economici non siano fonti di conflitto, di egoismo, di orgoglio tra gli uomini, ma siano orientati, per mezzo di giustizia e di equità, al bene comune e, quindi, abbondantemente distribuiti”. Se non c’è questo spirito che Cristo ha raccomandato gli apostoli, la nostra società non cambierà mai. Perciò, il messaggio di oggi, di Cristo che invia i suoi Apostoli, non lo vediamo come una cosa del passato. Ah, allora non c’erano capitali!, non c’erano edifici da costruire!, non c’erano autostrade da fare!. Certo, il progresso è sempre stato un ideale dell’uomo, ma esso si converte presto in egoismo e in sorgente di rivalità, se non lo anima questo sentimento di virtù. È una virtù cristiana lo spirito di povertà, a cui dobbiamo convertirci tutti. Ho portato con me il documento di Puebla, perché vediate come la Chiesa è severa con se stessa. Al numero 144, dice testualmente: “La Chiesa ha bisogno di essere ogni giorno di più indipendente dai poteri del mondo, in modo da disporre di un ampio spazio di libertà che le permetta di compiere il suo lavoro apostolico senza interferenze: l’esercizio del culto, l’educazione alla fede, e lo sviluppo di quelle attività molteplici che portano i fedeli a tradurre nella vita privata, familiare e sociale gli imperativi morali che derivano da quella stessa fede. Così, libera da compromessi, solo con la sua testimonianza e il suo insegnamento, la Chiesa sarà più credibile e meglio ascoltata. Così, lo stesso esercizio del potere sarà evangelizzato, in ordine al bene comune”. Ed io mi rallegro, fratelli, che la nostra Chiesa sia perseguitata proprio per la sua opzione preferenziale per i poveri, per aver cercato di incarnarsi nell’interesse dei poveri e dire a tutto il popolo, governanti, ricchi e potenti: se non vi fate poveri, se non vi interessate della povertà del nostro popolo come se fosse la vostra stessa famiglia, non potrete salvare la società. (Mons. Oscar Arnulfo Romero, Cristo nos ha confiado una misión profética).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Ottobre 2014ultima modifica: 2014-10-07T22:37:47+02:00da fraternidade
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