Giorno per giorno – 11 Luglio 2014

Carissimi,
“Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 21-22). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che le parole del Vangelo di oggi, che pure sono state drammaticamente vere per molte comunità del nostro Paese, negli anni della dittatura, e che lo restano, in molti casi, nelle regioni in cui più forti sono i conflitti per la terra, o quelli relativi al problema della demarcazione delle terre indigene, o per la difesa dell’ambiente, – – per non parlare di quanto avviene, lontano da qui, in molti paesi dell’Africa e dell’Asia -, parrebbe che non siano facilmente applicabili alla situazione che viviamo noi. Eppure i conflitti esistono anche qui, aperti o latenti, e riguardano proprio la sostanza della proposta che siamo inviati a testimoniare. Questo perché la cultura che ci circonda è in larga misura l’esatto contrario di ciò che costituisce la Buona Notizia del Regno: l’annuncio e la testimonianza che Dio vuole per tutti una vita buona, in cui l’unico debito sia quello dell’amore vicendevole, e la sola precedenza sia quella data dalla volontà di servirsi reciprocamente, e dove ci si faccia carico dei mali che opprimono gli ultimi, i più piccoli e insignificanti, coloro che la logica del dominio tende ad emarginare ed eliminare, se ne condividano le attese, i sogni, le lotte, che mirano a restituirli alla loro condizione di figli amati di Dio. Di fronte ad una cultura radicalmente ostile a queste prospettive, i cristiani devono saper mantenere l’attitudine mite e nonviolenta del loro Maestro, ma anche tutta la prudenza necessaria per non cadere nelle trappole che sono tese loro per omologarli al Sistema-mondo e ai suoi valori. Dando per scontato che, quand’anche non siano più vittime di persecuzioni violente, la loro attuazione sarà spesso guardata dai più con disprezzo, ironia, sufficienza. E questo anche nell’ambito delle loro famiglie. Come si sperimenta spesso anche qui. Ora, qual è la nostra risposta?

La Chiesa ricorda oggi Benedetto da Norcia, padre del monachesimo occidentale, nonché patrono della vostra povera Europa. Il martirologio latinoamericano ci ricorda anche Mons. Carlos Horacio Ponce de Léon, pastore e martire in Argentina.

Poco sappiamo della sua vita. Nato a Norcia, in Umbria, nel 480 circa, dopo aver studiato a Roma, il giovane Benedetto si ritirò sul Monte Subiaco, dedicandosi ad una vita di preghiera e penitenza. Venne, in seguito, a contatto (lo si deduce da quanto è detto nella Regola) con diverse esperienze di vita monastica, da quelle più serie e motivate (anacoreti e cenobiti), a quelle più opportuniste e depravate (sarabaiti e girovaghi). Alcuni monaci, che lo avevano voluto come abate, tentarono persino di eliminarlo, non sopportandone il rigore. A Monte Cassino, fondò infine il suo monastero. Lí, uomini di ogni ceto ed estrazione, cui Benedetto seppe comunicare l’entusiasmo per il cammino evangelico e la sua radicalità, presero a vivere la vita del lavoro duro dei campi (condiviso con le classi basse della società), alternata a tempi di studio e scandita dai momenti forti della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio, in una comunità egualitaria e fraterna, retta dall’autorità e dall’esempio dell’abate, con l’aiuto e la guida di una Regola, che Benedetto dovette redigere ispirandosi anche a normative più antiche. Il patriarca del monachesimo occidentale morì il 21 marzo 547. O giù di lì. Duecento anni dopo la sua morte, erano già più di mille i monasteri che si riconoscevano e si ispiravano alla sua norma di vita.

Carlos Horacio Ponce de Léon era nato il 17 marzo 1914 a Navarro (Buenos Aires). Fu ordinato prete il 17 dicembre 1938. Nominato vescovo ausiliare della diocesi di Salta (Argentina), il 9 giugno 1962, fu consacrato il 15 agosto dello stesso anno. Il 28 aprile 1966 fu nominato vescovo di San Nicolás de los Arroyos. Durante il regime dittatoriale dell’autodenominato Processo di Riorganizzazione Nazionale, instaurato nel 1976, e che costò un altissimo numero di vittime, fu uno dei pochi membri della gerarchia della Chiesa cattolica argentina a criticare apertamente le violazioni dei diritti umani, gli abusi e i crimini della dittatura. A partire dal 24 marzo 1976 cominciò a ricevere sistematicamente i famigliari dei desaparecidos. Riceveva famiglia per famiglia, dedicando loro il tempo necessario per ascoltarne le preoccupazioni, annotare i dati, assicurare il suo interessamento. Ripetutamente minacciato di morte, ai preti che gli chiedevano perché non se ne andasse, rispondeva: “Perché andarmene se non faccio niente di male?”. L’11 luglio 1977, mentre alla guida della sua Renault 4S, accompagnato dal suo collaboratore Victor Martinez, si stava recando a Buenos Ayres trasportando alcuni dosssier scottanti sulle violazioni dei diritti umani (sequestri e torture), uno strano incidente mandò la vettura fuori strada. Trasportato alla clinica San Nicolás, vi morì qualche ora píù tardi, senza che fosse permesso al suo medico di entrare nell’unità di terapia intensiva. Aveva 63 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap.14, 2-10; Salmo 51; Vangelo di Matteo, cap.10, 16-23.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Esther de Waal è una studiosa anglicana che ha approfondito lungamente lo studio della Regola e della spiritualità benedettina. Nel congedarci, scegliamo di lasciare la parola a lei con un testo tratto dal suo libro “Alla ricerca di Dio – La strada di S. Benedetto” (Comunità monastica benedettina di S. Giovanni Evangelista – Lecce). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per amare ed essere amati, per realizzarci come uomini, abbiamo bisogno di ritrovare il senso, il significato delle cose; abbiamo bisogno di un luogo cui appartenere, e non semplicemente in senso geografico; abbiamo bisogno della libertà, ma anche dell’autorità. La Regola conosce molto bene il paradosso secondo cui tutti abbiamo bisogno di stare sia nella piazza del mercato che nel deserto; ci uniamo in un’adorazione comune, ma vogliamo anche poter pregare da soli; sentiamo vitale l’impegno della stabilità, ma anche l’apertura al cambiamento. Qui non c’è evasione dalla complessità della vita; e, ancora, il paradosso con cui termina il Prologo è che il cammino verso Dio sembra qualcosa di modesto, di agevole, mentre nello stesso tempo richiede un impegno totale. Sono esigenze, queste, di estrema semplicità, che però costano molto. Ognuno di noi ha bisogno di aiuto, se deve affrontare la realtà, se deve scegliere la strada di Dio come creatura completa ed integra. Non c’è niente di inconsueto in quella chiamata del Prologo, niente di nuovo. È saggezza antica, ma è anche contemporanea. È un richiamo al barlume divino di ciascuno, mai estinto del tutto, ma bisognoso di riaccensione. In un’epoca di estrema complessità, uomini e donne cercano ancora più disperatamente una luce, poiché senza di essa non c’è speranza. Ecco perché la Regola di San Benedetto parla ad ognuno di noi, risponde ad un bisogno profondo. I significati di restrizione, di misura, di controllo, persino di burocrazia, che ha oggi la parola regola, non incoraggiano, comunque, la maggior parte di noi a guardare con entusiasmo a una guida, a una simile via. Neanche la modesta valutazione di San Benedetto, secondo il quale essa non è nulla di più che una “piccola regola per principianti” ci rassicura. L’ordinamento di San Benedetto non è né un libro di decreti, né un codice. Non impone, ma indica una via. È un testo creativo, che armonizza l’affermazione dell’essenziale con l’elasticità delle sue forme di applicazione pratica. Nei quindici secoli passati, uomini e donne che vivevano fuori della vita monastica benedettina ritornavano ad essa, come fosse una primavera, considerandola come la causa dei loro rinnovamento personale e della loro riforma comunitaria, trovandola ancora rilevante, appropriata, ispiratrice. Così anche coloro che tra noi vivono fuori del monastero, se, nelle diverse situazioni della vita, la lasceranno parlare, scopriranno che essa risponde ai loro bisogni con la sua saggezza immediata, pratica e viva. (Esther de Waal, Alla ricerca di Dio – La strada di S. Benedetto).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Luglio 2014ultima modifica: 2014-07-11T22:15:01+02:00da fraternidade
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