Giorno per giorno – 18 Marzo 2014

Carissimi,
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23, 2-4). Cattedra di Mosè o altre cattedre, comprese quelle che ci fabbrichiamo da noi, da cui poter pontificare, anche solo nel giro dei nostri vicini o dei nostri famigliari, Gesù ci mette in guardia dal pericolo di agire come coloro che, sentendosi investiti di un qualche potere – e dovrebbe invece essere sempre e solo servizio – finiscono per farlo pesare sugli altri, esigendo spesso comportamenti, che loro per primi non assumono, né sono di aiuto agli altri, con l’esempio in primo luogo, perché possano farli propri. Avviene, appunto, in famiglia, o in comunità, o nei luoghi in cui si svolge la nostra attività e dove gli altri, se ci sanno cristiani, potrebbero ragionevolmente attendersi una testimonianza coerente con la fede che professiamo. Gioca a nostro favore il fatto che spesso, per la bassa credibilità complessiva che ci si è guadagnati sul campo, gli altri non si aspettino da noi nulla di diverso da ciò che caratterizza il resto della società. Beh, la Quaresima dovrebbe aiutarci almeno in questo: a scendere dalle nostre cattedre fasulle, a parlare con le nostre azioni, a sollevare, quando lo possiamo fare, gli altrui pesi. A vivere meglio insieme agli altri.

Il calendario porta oggi la memoria di Cirillo di Gerusalemme, pastore e padre della Chiesa.

Cirillo era nato nel 315. Ordinato prete a trent’anni, nel 349 era diventato vescovo di Gerusalemme, con un’elezione che fu presto contestata, da opposti fronti e con diverse motivazioni. Da un lato, il vescovo Acacio di Cesarea di Palestina, che lo aveva consacrato, aveva, per i cultori dell’ortodossia atanasiana, qualche simpatia filo-ariana di troppo. Dall’altra, lo stesso Acacio fu presto scontento di Cirillo, che resisteva alla sua pretesa di rendere la sede episcopale di Gerusalemme dipendente da quella di Cesarea, già capitale amministrativa della Palestina e sede dei procuratori romani. Così fu avviata un’inchiesta incrociata sulla dottrina e sull’operato di Cirillo. Non trovando di meglio, accusarono il povero vescovo di aver distratto alcune proprietà della Chiesa (ricevute in dono dall’Imperatore), per portare aiuto ai poveri colpiti dalla carestia. Fu così che, nel 357, Cirillo dovette andarsene in esilio. Tornato riabilitato nel 359, non aveva fatto bene i conti con le mene di Acacio, che, l’anno successivo, ottenne nuovamente dall’imperatore il suo allontamento. Questa volta i motivi erano soprattutto di carattere dottrinale: l’aver cercato di trovare una formula sulla natura di Cristo che, nelle sue intenzioni, ne esprimesse adeguatamente la Signoria, salvando l’unità della Chiesa. Il risultato fu che se li trovò tutti nemici, atanasiani e ariani. Nel 362 lo ritroviamo al suo posto a Gerusalemme. Ma, agli imperatori doveva stare proprio antipatico, tanto è vero che Valente, nel 367, lo condannò anche lui all’esilio. Tornerà nel 378, dopo la morte di costui nella guerra contro i Goti. Nel 381, prese parte al secondo concilio ecumenico di Costantinopoli, che riconobbe la validità, da qualcuno contestata, della sua consacrazione a vescovo. Morì nella Città Santa il 18 marzo del 386. Cirillo fu il fortunato autore delle Catechesi, una serie di lezioni introduttorie sulla fede cristiana e sui sacramenti, destinate a quanti, durante la Quaresima, dovevano prepararsi a ricevere il battesimo nella grande Veglia pasquale.

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.1, 10.16-20; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap.23, 1-12.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente Nero.

Ed anche per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di un brano della “Seconda Catechesi mistagogica” di Cirillo di Gerusalemme. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nessuno creda che il battesimo conferisca solo la remissione dei peccati e la grazia dell’adozione di figlio, come il battesimo di Giovanni che procura soltanto la remissione dei peccati. Ma noi sappiamo esattamente che come è la purificazione dei peccati e l’intermediario del dono dello Spirito Santo, così è il simbolo della passione di Cristo. Per questo Paolo ha proclamato altamente: “Ignorate che quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo”. Questo diceva forse per alcuni che ammettevano il battesimo come intermediario della remissione dei peccati e della figliolanza dell’adozione e non la partecipazione in figura della vera passione di Cristo. Sappiamo dunque che quanto Cristo sopportò, l’ha sofferto in realtà e non in apparenza per noi e per la nostra salvezza, e noi diveniamo partecipi della sua passione. Paolo lo proclama con tutta franchezza: “Se siamo divenuti una stessa pianta con lui per la somiglianza nella sua morte, lo saremo anche per la resurrezione”. Ben detto: “una stessa pianta”. Qui fu piantata la vera vigna e noi, per la partecipazione al battesimo della morte, siamo divenuti una stessa pianta con lui. Approfondisci con molta attenzione le parole dell’Apostolo. Non dice: se siamo divenuti una medesima pianta con lui per la morte, ma per la somiglianza alla sua morte. In realtà in Cristo c’è stata la morte vera, l’anima si è separata dal corpo, la sua sepoltura fu vera e il suo santo corpo fu avvolto in un lenzuolo puro. In lui tutto è veramente avvenuto. Per noi è solo una somiglianza di morte e di sofferenze, ma per la salvezza non è somiglianza, ma verità. (Cirillo di Gerusalemme, Seconda Catechesi Mistagogica, 6-7).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Marzo 2014ultima modifica: 2014-03-18T22:32:42+01:00da fraternidade
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