Giorno per giorno – 23 Settembre 2012

Carissimi,

“Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, [Gesù] chiese ai discepoli: Di che cosa stavate discutendo per la strada? Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande”  (Mc 9, 33-34). Lui aveva appena finito di annunciare che sarebbe stato ucciso e loro si erano perduti a discutere su chi tra loro fosse più importante. Questo ci dice la distanza abissale che regnava tra Gesù e i suoi discepoli. Ma dice anche la nostra nei confronti del suo progetto. Giovedì sera, a casa di seu Bernardino, reduce da una crisi di diabete che ci ha fatto temere di perderlo, ci chiedevamo: già, ma, noi, di cosa discutiamo per strada? E intendevamo la strada della vita, naturalmente. Cosa c’è al centro dei nostri interessi, attenzioni, preoccupazioni? Come c’entra il messaggio di Gesù? Il quale da duemila anni ormai insegna che nella sua comunità chi proprio volesse essere il primo “deve essere l’ultimo e il servo di tutti” (v.35). E quando noi, nel Credo, diciamo di credere la santa Chiesa cattolica, dovremmo ricordarci che, per essere davvero tale, essa deve registrare questa inversione di gerarchia che fa sì che  “primi” siano considerati coloro che si pongono al servizio degli ultimi. Divenendo così gli ultimi degli ultimi. E perché questo ci fosse sufficientemente chiaro, senza possibilità di equivoci, Gesù prese un bambino, come simbolo dei più fragili, deboli e indifesi  della società, e lo “pose in mezzo a loro” – a significare chi deve stare al centro delle nostre preoccupazioni; poi, “abbracciandolo” – si tratta, dunque, di un’accoglienza sotto il segno della tenerezza –, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Il che significa che, per i seguaci di Gesù, non c’è altra via, per incontrare Lui e il Padre, che la persona degli ultimi e dei poveri.

 

I testi che la liturgia di questa XXV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Sapienza, cap.2, 12. 17-20; Salmo 54; Lettera di Giacomo, cap.3, 16 – 4, 3; Vangelo di Marco, cap.9, 30-37.

 

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Il nostro calendario ci porta la memoria di Francisco de Paula Victor, prete afrobrasiliano al servizio della carità.

 

23 Francisco de Paula Victor.jpgFrancisco de Paula Victor venne al mondo in un fienile della “senzala”,  (l’abitazione riservata agli schiavi del tempo), di una piantagione nel municipio di Campanha (Minas Gerais). Era figlio della schiava Lourença Maria de Jesus e di padre ignoto. Il piccolo fu presto preso a benvolere dalla padrona della fazenda, dona Mariana Bárbara Ferreira, che si preoccupò di alfabetizzarlo e istruirlo. Ammirata per le qualità morali del ragazzo e per la sua disposizione allo studio, la donna chiese che gli fosse consentito entrare in seminario a Mariana, offrendo per lui in dote metà della fazenda Conquista, di sua proprietà. È facile imaginare quali e quante, in un ambiente esclusivamente di bianchi, fossere le umiliazioni e soperchierie a cui il giovane fu sottoposto durante tutto il periodo degli studi. I suoi biografi attestano che, però, egli “seppe sempre comprendere, perdonare e amare coloro che l’offendevano”. Sapendo, poi, col tempo, conquistare tutti con la sua mitezza e docilità. Ordinato prete, esercitò per 53 anni il suo ministero nella parrocchia di Três Pontas, dove gli toccò subire le stesse difficoltà del seminario, riuscendo tuttavia anche in questo caso a superare le barriere del pregiudizio razziale e attirando ben presto a sé gli abitanti, non solo della parrocchia, ma dell’intera regione. La sua azione pastorale si caratterizzò soprattutto per l’attenzione nei confronti degli ultimi, visitando gli ammalati, ospitando gli invalidi, occupandosi, benché lui stesso fosse poverissimo, dei più poveri. Morì il 23 settembre 1905. La sua salma restò esposta per tre giorni, per ricevere il pellegrinaggio devoto e riconoscente della sua gente.

 

Noi, da qualche tempo, si riceve, due o tre volte la settimana, dagli amici dell’Arca un pensiero del loro fondatore, Jean Vanier. Stasera, nel congedarci, scegliamo di condividerne uno con voi, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il Creato è così bello – il sole, la luna, i venti, gli uomini, le donne sono così belli se visti con fiducia e tenerezza!  E se il creato è così eccezionale, il concepimento dei bambini, la loro nascita, il loro sviluppo e persino la loro morte sono altrettanto belli. Ma non crediate che io viva in un’utopia, dove tutto è meraviglioso. Le persone possono essere difficili, possono essere sgradevoli, possono lasciarsi guidare da pensieri e azioni cattive; possono uccidere, violentare e così via. So tutto questo. Ma credo anche che in ogni persona, sotto tutta la durezza, l’odio, la paura, l’angoscia, c’è un bambino in attesa dell’amore che non ha mai avuto. Gli esseri umani sono davvero belli, ma molti non sanno di esserlo. (Jean Vanier).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Settembre 2012ultima modifica: 2012-09-23T23:45:00+02:00da fraternidade
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