Giorno per giorno – 18 Giugno 2011

Carissimi,

“Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6, 24). Gesù è categorico nel tracciare limiti e requisiti per appartenere al Regno. Tanto quanto noi siamo maestri per annacquare, moderare, scendere a facili compromessi, far convivere, nei nostri comportamenti, i contrari. Convinti, magari, di servire Dio, giusto perché ci si ritrova in chiesa una volta la settimana, o anche meno. La nostra scelta più vera, tuttavia, non si rivela nel sacramento che celebriamo, ma nel sacramento che siamo chiamati ad essere, subito dopo quella celebrazione, nei gesti quotidiani e nelle funzioni che rivestiamo nelle liturgie laiche che scandiscono la nostra vita, in famiglia, a scuola, sul lavoro, nei nostri passatempi, nei rapporti coi vicini. È la nostra maniera di essere che rivela di che Dio siamo, qual è il Dio (o il dio) che serviamo e amiamo. È proprio di oggi la notizia, che leggiamo sui vostri giornali, di una giovane immigrata incinta, che, messa sulla strada dalla struttura alberghiera della Curia diocesana di una vostra città, ha finito col perdere il figlio. Non sappiamo bene se ci sia un nesso diretto tra lo sfratto e l’aborto, prendiamo comunque il fatto come una parabola del nostro tempo: di quale dio sarà stata sacramento questa chiesa, chiamata per vocazione ad essere sempre e solo samaritana? Che dio serviva, sfrattando quella donna: quello delle regole del mercato, della propria sicurezza economica, della necessità di quadrare il bilancio, o Quello che invita ad abbandonare ogni sicurezza e ogni sensatezza, per affermare la logica del dono, dell’accoglienza, della cura e preoccupazione per l’altro? E, scendendo dalla parabola al nostro vissuto, chi è che determina le nostre scelte, le nostre azioni?

 

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi le memorie di Bernardo Mizeki, martire nel Mashonaland;  di P. Giovanni Vannucci, maestro spirituale del nostro tempo; di Maria Teresa Porcile Santiso, teologa al femminile.

 

18_BERNARD_MIZEKI.JPGNato nel 1861 nella regione dell’attuale Mozambico, Bernardo Mizeki si trasferì, a dodici anni, a Città del Capo (Africa del Sud), dove per dieci anni lavorò come operaio, abitando in una baraccopoli. Divenuto cristiano, quando completò gli studi, fu inviato a lavorare come agente di pastorale laico nel Mashonaland, nell’attuale Zimbabwe.  Ogni giorno, pregava l’Ufficio Divino, coltivava il suo orticello, per trarne i mezzi di sussistenza, studiava la lingua locale e creava relazioni d’amicizia con la gente del villaggio. Attento alle caratteristiche  della religione dei Shona, seppe inculturare l’annuncio cristiano nella fede monoteistica nel Dio unico, Mwari, e nella sensibilità alla vita dello spirito. Minacciato più volte e poi rapito da un gruppo di estremisti, fu ucciso per la sua fedeltà a Cristo, il 18 giugno 1896. Il luogo della sua morte divenne centro di grande devozione per gli anglicani e altri cristiani.

 

18 GIOVANNI VANNUCCI.jpgNato a Pistoia il 26 dicembre 1913, Giovanni Vannucci fece la sua professione religiosa nell’ordine dei Servi di santa Maria.  Nei primi mesi del 1951, con alcuni confratelli si associò per qualche mese alla nascente e allora contestata comunità cristiana creata a Nomadelfia (Grosseto) da don Zeno Saltini. Aveva affermato in quei mesi: “C’è troppa separazione tra monaci e popolo, non ci sono ponti di comunicazione, siamo nettamente separati, non c’è comunione. Noi portiamo l’eredità di un inquinamento del quale dobbiamo cercare generosamente, con una decisione coraggiosa e ferma, di liberarci […] perché possiamo tradire il Vangelo anche non ascoltando la voce della storia”.  I provvedimenti disciplinari che, nel clima dell’epoca, seguirono, trovarono il frate consenziente e docile, convinto che una tale prova rappresentasse la necessaria potatura operata da Dio in vista di un suo cambiamento radicale. Restò per una anno nel convento di Sansepolcro, interessandosi vivamente ai problemi dei più poveri ed emarginati e, successivamente a Firenze, dove, negli anni che seguirono, fu l’animatore di iniziative culturali e caritative, che suscitarono un forte risveglio religioso della città. Nel 1967, potè finalmente dar vita a un suo antico sogno: quello di avviare una comunità dedita alla preghiera, al lavoro e all’accoglienza, nella povertà e nell’allegria, dove a tutti “fosse concesso di portare a maturazione i propri doni e servire l’uomo con essi”. Fu ciò che egli fece fino alla morte, avvenuta il 18 giugno 1984,  nell’Eremo di san Pietro a Le Stinche, nel Chianti.      

 

18 Maria Teresa Porcile Santiso.jpgDi Maria Teresa Porcile  Santiso, teologa cattolica, nata in Uruguay nel 1943, non disponiamo di dettagli biografici. La ricordiamo con un profilo, probabilmente da lei stessa ispirato, per la presentazione di un’opera collettanea, che suona così: “Come Teresa di Lisieux, la sua patrona, vuole imparare l’ebraico per leggere la Bibbia. Studia all’Istituto di cultura ebraica di Montevideo, dove incontra altri cristiani e vive l’apprendistato della tradizione religiosa in un ambito giudeo-cristiano. Molto importante è stato, per lei, un soggiorno in kibbutz in Israele. Attratta dalla vita contemplativa, ha fatto per sei anni un’esperienza di formazione in questo senso. Ma ha deciso di vivere la sua vocazione al di fuori di ogni ordine religioso, consacrandola allo studio e al dialogo. Studi di pedagogia e di filosofia all’Università cattolica di Montevideo. Prosegue la sua formazione ecumenica all’Istituto del Consiglio ecumenico di Ginevra, dove insegna per diversi anni. Dottorato di teologia a Friburgo. Viaggia molto per congressi, sessioni, ritiri. Definisce la sua teologia come “teologia nomade in cerca d’identità”. Alcuni mesi all’anno, insegna la Bibbia e l’ecumenismo all’Istituto di formazione dei preti di Montevideo”. Muore, aggiungiamo noi, il 18 giugno 2001. Aruna Gnanadason, incaricata del Programma Donna al Consiglio Mondiale delle Chiese, ricordandone la figura, ha detto: “Lei stessa era un’espressione della sua teologia: profondamente spirituale, era totalmente coinvolta nelle lotte dei poveri, delle donne e di tutti gli esclusi”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 1-10; Salmo 34; Vangelo di Matteo, cap.6, 24-34.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Maria Teresa Porcile Santiso, tratta da “Ricerca di un’identità femminile”, un suo contributo all’opera collettanea “Il respiro delle donne. Luce Irigaray presenta i credo al femminile” (Il Saggiatore). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La Chiesa è madre: nutre e alimenta. Come svolgere tale compito senza le donne, che detengono il segreto per farlo? La partecipazione della donna all’insieme del lavoro della Chiesa contribuisce all’epifania della Chiesa stessa; senza di lei, l’immagine della Chiesa può essere deforme. Come vivere in comunione, e in comunione con Dio, se a livello umano non sono presenti l’aspetto maschile e l’aspetto femminile? Chi non unisce l’aspetto maschile e l’aspetto femminile, come potrà unire ciò che è umano e ciò che è divino? I santi di ogni tempo, dai carismi più diversi, dai monaci fino alle madri di famiglia, hanno fatto tale esperienza. L’integrazione del femminile e del maschile elabora una comunità umana relazionale, senza piramide, senza gerarchia, che evoca la circolarità esistente nella Trinità. I latini parlano a questo proposito  di circum in cessio e i greci di peri-choresis: una danza dell’essere in relazione. Sta nascendo un nuovo modello di società. La donna prende coscienza a poco a poco della propria identità, della propria storia, come mai era successo prima – in tutte le epoche, in tutte  le etnie, razze, classi sociali, culture, Chiese e religioni. Stanno cambiando ruoli sessuati, che furono statici durante secoli, e ora si compenetrano. Le scienze, la storia, la sociologia contribuiscono nello stesso tempo alla scoperta di differenze identitarie. Sarà possibile un’altra alleanza con questa nuova umanità? Quali sfide essa rappresenta per la ricerca, l’educazione, l’ordine sociale, le decisioni civili e religiose? Sta nascendo qualcosa di veramente nuovo, nuovo come le origini: un’unione tra l’Alfa e l’Omega (Genesi 1-3, Apocalisse 21). Ed è sempre lo stesso soffio di vita, che può fare del caos un cosmo (Genesi 1, 1-2).  (Maria Teresa Porcile Santiso, Ricerca di un’identità femminile).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Giugno 2011ultima modifica: 2011-06-18T22:31:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo