Giorno per giorno – 10 Dicembre 2010

Carissimi,

“Io sono il Signore tuo Dio che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare. Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare. Non sarebbe mai radiato né cancellato il tuo nome davanti a me” (Is 48, 17-19). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, quando ci siamo messi a riflettere sulle letture del giorno, la prima cosa che ci siamo detti è la preoccupazione di Dio per noi, per il nostro “benessere”, per la “giustizia” che deve regnare nella società, come dice Isaia. Prima e assai più che per la pratica religiosa dei suoi figli. E questo è un tasto delicato, ce ne rendiamo conto, perché quando viene fuori il discorso (e in un manuale sovversivo come la Bibbia capita spesso), c’è sempre una o l’altra che, visibilmente, si irrigidisce, o scuote la testa, o anche solo abbassa gli occhi. Un Dio così materialista è proprio inconcepibile. Ma, noi non ci possiamo fare proprio nulla, non possiamo cambiare la parola di Dio. Quindi, riprendendo il testo di Isaia di oggi, se benessere e giustizia non sono così diffusi come sarebbe desiderabile, dipende solo da noi, che non abbiamo prestato attenzione alle sue indicazioni. Magari non proprio per cattiveria, solo per indifferenza. Quella che Gesù rimprovera alla sua generazione, incapace di scegliere tra la proposta di Giovanni Battista e la sua. Perché fa più comodo starsene seduti al bar, o davanti alla televisione, a far le pulci a questo o a quello. Chiamandosi fuori:  “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!” (Mt 11, 17). E il Regno così non accade. Ma il suo contrario, sì.

 

Le memorie di oggi sono quelle di: Karl Barth, teologo e “gioioso partigiano di Dio”; Thomas Merton, monaco e profeta del dialogo interreligioso; Franz Rosenzweig, ebreo fedele e fautore del dialogo ebraico-cristiano; e Caspar Schwenckfeld, mistico e riformatore.

 

10 Karl Barth.jpg“Gioioso partigiano di Dio” era la definizione che a Karl Barth píaceva dare di sé. Era nato il 10 maggio 1886, a Basilea, in Svizzera, dove il padre Fritz era professore di Nuovo Testamento. Dal 1904 al 1909, il giovane Karl studiò teologia alle Università di Berna, Berlino, Tubinga, e Marburgo. Nel 1913 sposò Nelly Hoffman, da cui ebbe cinque figli. Barth si fece presto conoscere per la critica radicale sia della teologia liberale, allora dominante, quanto dell’ ordine sociale allora vigente. Nel suo commento famoso alla Lettera ai Romani (1919), Barth sottolineò la discontinuità tra messaggio cristiano e mondo. Dal 1921 al 1930, egli fu professore di teologia riformata a Gottinga e poi a Münster, e dal 1930 al 1935 a Bonn. È questo il periodo del suo scontro decisivo con il nazismo. Hitler salì al potere il 30 gennaio 1933. Il 25 aprile dello stesso anno venne firmato l’osceno manifesto dei cristiani tedeschi, che intendevano sopprimere l’Antico Testamento, degiudaizzare Gesù e trasformare il Crocifisso in un eroe del cristianesimo positivo. Barth rispose con durezza che compito della Chiesa è di annunciare  il Vangelo “anche nel Terzo Reich, ma non sotto di esso e nel suo spirito”. E, poco dopo, stilò le sei tesi del Sinodo di Barmen (29-31 maggio 1934), che diedero origine alla Chiesa Confessante tedesca, che sarà di esempio per tutte le Chiese cristiane alle prese con il totalitarismo dell’ ideologia e dello Stato. Il 7 novembre 1934, Karl Barth rifiutò di prestare giuramento al Führer. Il 26 novembre dello stesso anno venne sospeso dall’ insegnamento e in seguito privato della facoltà di parlare. Il 2 luglio 1935 ritornò in Svizzera, a Basilea, dove, insegnerà nella locale Università fino al 1962 e dove abiterà fino alla sua morte, avvenuta il 10 dicembre 1968. 

 

10 Merton.jpgThomas Merton era nato in Francia il 31 gennaio 1915 da padre neozelandese e da madre americana, entrambi pittori. Studiò in Francia, poi in Inghilterra e successivamente negli Stati Uniti, dove si laureò in Lettere alla Columbia University de New York. Dopo molte esperienze culturali e politiche, nel 1939 si convertì al cristianesimo, entrando nella Chiesa cattolica e, nel 1941, divenne monaco trappista nell’Abbazia di Gethsemani, nei pressi di Louisville, nel Kentucky. Verso la fine della vita, maturò un crescente interesse per le vie spirituali alla contemplazione proprie delle religioni orientali, soprattutto del Buddhismo, interessandosi alla loro relazione con l’approccio cristiano. Mentre si trovava a Bangkok, in Thailandia, per partecipare alla prima Conferenza inter-monastica internazionale, morì fulminato da un elettrodomestico, il 10 dicembre 1968. Nel suo ultimo intervento ebbe a dichiarare: “Il monaco appartiene al mondo ma, in quanto egli si è dedicato completamente a liberarsi da esso per liberarlo, il mondo appartiene al monaco. Non possiamo immergerci nel mondo e lasciarci trasportare dalle cose. Questa non è salvezza. Se vogliamo tirare su dall’acqua uno che sta annegando, dobbiamo avere un punto d’appoggio. Se uno sta annegando e noi siamo su uno scoglio, possiamo farlo, oppure possiamo tenerci a galla nuotando. Ma non c’è niente da guadagnare a saltare semplicemente in acqua e affogare con l’altro”.

 

10 -franz_rosenzweig.jpgFranz Rosenzweig  era nato il 25 dicembre 1886 a Cassel, in Germania, da Georg Rosenzweig e Adele Alsberg, una coppia ebraica non praticante. La sua educazione fu perciò essenzialmente di carattere secolare e agnostico. Nel 1913, deciso a convertirsi  al cristianesimo, sull’esempio del cugino, Eugen Rosenstock,  volle almeno per una volta (che doveva nelle sue intenzioni essere la prima e l’ultima), vivere l’esperienza dello Yom Kippur (la grande festa ebraica del Perdono). Tale esperienza fu decisiva per il suo “ritorno” alla religione dei Padri. Discepolo di Hermann Cohen e grande amico di Martin Buber, scrisse La Stella della Redenzione, in cui illustra la sua visione filosofica circa i modi in cui si esprime la relazione tra Dio, essere umano e mondo: creazione, rivelazione e redenzione. Rosenzweig fondò anche la Lerhaus, un istituto che si proponeva di permettere il recupero dell’eredità ebraica a quegli ebrei che avevano perduto la loro identità religiosa e culturale. L’istituzione produsse numerosi eminenti esponenti dell’intellettualità ebraica. Nel 1922 Rosenzweig venne colpito da una paralisi che, lasciandogli intatta la lucidità della mente, lo immerse nella più dura sofferenza, privandolo progressivamente dell’uso dei muscoli, degli arti, del corpo intero e della parola, ma che non gli impedì di continuare a riflettere e approfondire le tematiche più stimolanti del pensiero ebraico.  Benché il medico gli avesse diagnosticato al massimo un anno di agonia, egli sopravvisse sette anni, ridotto a comunicare con la moglie solo attraverso il battito delle ciglia che essa aveva imparato a interpretare e tradurre in parola. La morte lo colse il 10 dicembre 1929.

 

10 Caspar Schwenkfelders.jpgCaspar Schwenckfeld nacque ad Ossig (Osiek), nella regione tedesca (ora polacca) della Slesia nel 1489, da una famiglia nobile di devoti cattolici. Dopo gli studi all’università di Francoforte, fu avviato alla carriera diplomatica, svolgendo funzioni di consigliere a diversi nobili dell’epoca. Nel 1518 sperimentò quella che egli chiamò una “visita del Divino” e decise di dedicarsi allo studio approfondito delle Sacre Scritture, dei primi scritti della Chiesa e delle lingue ebraica e greca. Nel 1521 aderì alla Riforma, ma già negli anni immediatamente successivi sorsero i primi dissapori con Lutero, soprattutto circa l’interpretazione della Santa Cena, la natura della Chiesa, e le commistioni di questa con lo Stato. Tutto ciò gli costò persecuzioni, una vita raminga e continui spostamenti, spesso in condizioni assai penose. Nel 1541, nella biblioteca del monastero benedettino di Kempten, nella Baviera meridionale, scrisse la sua opera più famosa La grande confessione sulla gloria di Cristo, che costituisce la sintesi del suo pensiero. Egli credeva che il vero cristiano, partecipando alla Cena del Signore, si ciba del corpo spirituale di Cristo, che cresce poi come un seme piantato in lui, trasformandolo a immagine di Dio e della persona di Cristo. Il suo maggior desiderio era di adorare, lodare e glorificare Cristo. Lo scopo della sua azione evangelizzatrice era di insegnare l’unità con il Cristo reale, vivente, spirituale, al fine di vivere una vita radicalmente trasformata. Continuamente minacciato dai suoi nemici, proseguì nella sua instancabile opera d’evangelizzazione attraverso tutta la Germania meridionale. Ospite di una famiglia amica, nella città di Ulm, il 10 Dicembre 1561,  morì, ammalato e stremato dalle persecuzioni. Oggi la Chiesa Schwenckfeldiana, autonoma da altre denominazioni e organizzata in cinque comunità, tutte in Pennsylvania,  conta circa tremila fedeli.

 

I testi che la liturgia odierna propone  alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap. 48, 17-19; Salmo 1; Vangelo di Matteo, cap.11, 16-19.

 

La preghiera del venerdì è in comunione con le comunità islamiche che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a una preghiera di Karl Barth, che possiamo far nostra e che, per oggi, è il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Signore, nostro Dio! Tu sai chi siamo noi: uomini con buona e cattiva coscienza, gente contenta e scontenta, sicura e insicura, cristiani per convinzione e cristiani per abitudine, credenti e semi-credenti e non credenti. E Tu sai da dove veniamo: dalla cerchia di parenti, conoscenti e amici o da grande solitudine, dal quieto benessere o da ogni sorta di difficoltà e di ristrettezze, da situazioni familiari normali o tese o addirittura distrutte, dalla cerchia più ristretta della comunità cristiana o dal suo margine. Nondimeno stiamo tutti davanti a Te; in ogni disuguaglianza uguali in questo: che siamo tutti nel torto dinanzi a Te ed è anche tra noi; che tutti dobbiamo morire; che tutti saremmo perduti senza la tua grazia; ma anche in questo: che la tua grazia è promessa e rivolta a tutti noi nel tuo amato Figlio, nostro Signore Gesù Cristo.Noi ci troviamo qui insieme per lodarti facendo sì che la tua parola venga a noi. Affinché ciò accada in quest’ora, nella quale abbiamo la domenica alle nostre spalle e il lavoro della settimana davanti a noi, per questo ti preghiamo invocandoti nel nome e con le parole del tuo Figlio nostro Signore: “Padre nostro…” (Karl Barth, Preghiera durante il culto serale alla Bruderholzkapelle di Basilea, il 7 ottobre 1956).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Dicembre 2010ultima modifica: 2010-12-10T23:55:00+01:00da fraternidade
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