Giorno per giorno – 12 Novembre 2010

Carissimi,

“Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti” (Lc 17, 26-27). Avvenne così ai tempi di Noè, e, poi, ai tempi di Sodoma, e quando fu distrutta Gerusalemme una prima volta, nel 587 a.C., e una seconda volta, nel 70 d.C.,  e quando, lungo la nostra storia, segnata da una scia interminabile di sangue, vennero saccheggiate altre città, paesi e continenti, decimate le loro popolazioni, devastate le loro culture e coltivazioni, demolite le abitazioni, i palazzi, i templi, i luoghi di lavoro. E non è mai la fine. Il giorno del Figlio dell’uomo non viene a dire basta, come non successe con il diluvio, che è parabola di quanto continua ad accadere nella storia. È invece una possibilità diversa, che incombe non come minaccia, ma come una speranza concreta, su ogni generazione. L’arca di Noè è, infatti, un invito perenne, aperto a tutti. Il Midrash racconta che centoventi anni durò la costruzione dell’arca, perché altri uomini potessero prendere esempio da Noè e salvare il salvabile. E a Sodoma, sarebbero bastati dieci giusti per salvare la città. Il Giorno del Figlio dell’uomo è questa possibilità rinnovata ad ogni generazione. Basata sulla generosa disponibilità di alcuni a testimoniare altro, a dare la loro vita per amore, a perdere se stessi per salvare altri, a misura delle proprie possibilità. Dato che , come ci ricorda il Talmud: “Chi salva anche solo una vita, salva il mondo intero” (TB, Sanhedrin 37a). Dove accade questo?, chiedono i discepoli. Là dove c’è un cadavere, risponde Gesù. Là dove c’è una croce.      

 

Oggi la nostra comunità fa memoria di Nicolas Tum Quistan, martire in Guatemala, e don Michele Do, cercatore instancabile di Dio. Per entrambi non disponiamo di molti particolari biografici, ma è comunque quanto basta.

 

12_GUATEMALA.JPGIndigeno del villaggio di Chipaj, nel Quiché, Nicolas era catechista e ministro dell’Eucaristia. Nonostante il decreto delle autorità militari che proibiva le Celebrazioni della Parola, Nicolas ritenne importante continuare e ripeteva sempre: “In questo tempo di persecuzioni abbiamo bisogno più che mai di cibarci del Corpo di Cristo perché ci dia forza”. Per questo, ogni volta che poteva, raggiungeva la parrocchia più vicina per prendere e portare con sé il Pane eucaristico, nascosto tra il miglio e i fagioli. Un giorno l’esercito arrivò alla sua casupola per arrestarlo. Implorò: “Uccidetemi qui, non portatemi via”. I soldati gli spararono e se ne andarono. Ferito a morte, lasciò alla sposa e ai figli un ultimo messaggio: “Pregate Dio, perché avrete molto da soffrire. Non piangete per me, perché io muoio, ma risorgerò”. Era il 12 novembre 1980.

 

12 MICHELE DO.jpgMichele Do era nato a Canale, nei pressi di Alba (Cuneo), il 13 aprile 1918. Ordinato prete il 21 dicembre 1941, dopo gli studi di teologia nel seminario di Alba e nell’Università Gregoriana, lasciò l’insegnamento in seminario, per ritirarsi in montagna, nella frazione di St. Jacques di Champoluc (Aosta), dove visse come rettore della piccola chiesa locale, ma dando nel contempo conferenze, predicando ritiri, animando incontri, finché, vecchio di anni, ma non di spirito,  si trasferì nella piccola fraternità Casa Favre, che sorge sulle pendici del monte, sopra lo stesso villaggio, aperta all’accoglienza di quanti sono in ricerca. Fu, lungo la sua esistenza, compagno di cammino di David Maria Turoldo, Umberto Vivarelli, sorella Maria di Spello, Ernesto Balducci e di tanti altri, credenti e no, accomunati dalla sete di verità e di autenticità. “È stato una grande anima, uno spirito acceso dal fuoco vivo dello Spirito. Un cercatore instancabile di Dio”, come ha scritto Enrico Peyretti. Della chiesa aveva detto: “La Chiesa è cercare di avere una piccola luce dentro di noi e di metterla in comune per far nascere una ricchezza maggiore. Non è una soluzione ma una ricerca. […] Il primo ecumenismo non è la riconciliazione tra le chiese, ma con la Chiesa. Perché oggi il problema tocca la Chiesa in se stessa, come istituzione, e non solo le sue sbavature ed errori. Non discutiamo. Ne ho abbastanza delle discussioni. Invece conversiamo, mettiamo insieme le esperienze più vere, esprimiamo le cose profonde che ognuno sente. Nel discorso amico e nella preghiera emerge lo Spirito di Dio”. È morto sabato 12 novembre 2005 ad Aosta.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera di Giovanni, 4-9; Salmo 119; Vangelo di Luca, cap.17, 26-37.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

È tutto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura il brano di un’omelia di Michele Do, tenuta nella chiesa di Saint Jacques in occasione della festa di tutti i santi, il 1º Novembre 1993. La troviamo in “Notam” (gruppo amici del Gallo di Milano) n. 299 del 7 gennaio 2008. Ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Amo molto la preghiera dell’Angelo: “Donaci o Signore, un angelo amico. Che ci riveli e ci faccia sentire la tua bontà ed il tuo amore e ci renda capaci di pietà verso ogni creatura. Donaci un angelo di comunione con cui poter condividere i doni della vita. Donaci, o Signore, un angelo buono che custodisca la nostra anima. che vegli sulla nostra vita, che guidi il nostro cammino. Ci sia egli sempre vicino col il suo volto luminoso e ci conduca a Te, ai tuoi santi, a coloro che amiamo e ci amano ed anche a coloro che non ci amano e facciamo fatica ad amare, perché l’amore deve vincere tutte le barriere”. Ecco, è questa comunione alta che diventa il pane per tutti i pellegrini. Quando un uomo tenta di vivere il vangelo, diventa come Gesù, pane: “il tuo pane, o Signore, sostiene i poveri in cammino”. Questa è amicizia, questa è alta comunione, che diventa pane dell’angelo. Come il profeta Elia, che nel deserto mangiando di quel pane e bevendo di quell’acqua, camminò 40 giorni e 40 notti, fino al monte santo di Dio, al monte Horeb, anche noi possiamo incontrare angeli che sostengono il nostro cammino e sappiamo diventare a nostra volta pane per l’altro, pane e luce. Quando l’amore diventa amicizia, pura trasparenza e pura presenza interiorizzata, di uno e nell’altro, siamo abitati da presenze illuminanti, trasfiguranti, ispiratrici. […] La vita eterna sarà una comunione di spiriti – carne e sangue non bastano; la carne ed il sangue possono dividere, non unire. Sarà una comunione di spiriti estremamente deliziosa, perché ognuno godrà di tutti i beni, di tutti gli altri. Ognuno amerà l’altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come di un bene proprio. Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore, quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati. Ognuno potrà cantare: La tua gioia è la mia gioia, la tua ricchezza è la mia ricchezza, il tuo bene è il mio bene. Questo è l’ in-esse: gli uni negli altri in pieno compimento di presenza. (Michele Do, Festa di Tutti i Santi).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-12T23:53:00+01:00da fraternidade
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