Giorno per giorno – 10 Novembre 2010

Carissimi,

“Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: Gesù, maestro, abbi pietà di noi! Appena li vide, Gesù disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre essi andavano, furono purificati” (Lc 17, 12-14). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, proprio mentre si leggeva il Vangelo, è entrato, quatto quatto,  Alvaro, che molti conoscono come Fofão, un vecchio amico della chácara di recupero, che però non è mai riuscito a recuperarsi definitivamente. Si è messo seduto nell’ultima fila di banchi, poi, dev’essersi fatto coraggio, ed è venuto più avanti. Proprio mentre qualcuno stava dicendo che, per noi, i lebbrosi sono sempre gli altri. E quindi il discorso sulla gratitudine, dovuta e così spesso mancata, per l’avvenuta guarigione riguarda loro. E, invece, ancora una volta, quei dieci sono il nostro specchio. Dieci, infatti, rappresenta il minjan, il numero minimo e sufficiente per costituirsi come comunità orante. E se fossimo davvero consapevoli di noi stessi, del nostro stato, l’unica preghiera che potremmo elevare sarebbe, appunto, come la loro: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”.  Dove, “pietà” è assai più di ciò che suona nella parola italiana, è “amore”, quell’amore, che Paolo, nella sua lettera ai Corinzi, dice paziente, benigno, non invidioso, non orgoglioso, che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (cf 1Cor 13, 4 ss). E che, prima di essere possibile tra noi umani, è quello con cui Dio ci ama e di cui ci fa dono. Sempre che sappiamo percepirlo. Altro che “assemblea di giusti”, che non hanno bisogno di perdono e, perciò, di salvezza, come la pratica religiosa ci induce così spesso a credere di essere! Assemblea, invece, di lebbrosi, di peccatori, continuamente mondati e perdonati, per i quali l’eucaristia, il rendimento di grazie, diventa stile di vita, comprensione del mondo, relazionamento agli altri, prima ancora, o insieme, o conseguenza del nostro atto di culto. A cui siamo trascinati. Stasera dunque, chi ci rappresentava al meglio, era proprio Alvaro, che casca e si rialza, anzi, è rialzato, e accolto, e ci accoglie. Nel Suo nome.  

 

Oggi la comunità fa memoria di  Leone Magno, pastore e maestro della Chiesa, di Odette Prévost, contemplativa e martire in Algeria, e di Ken Saro-Wiwa, martire per i diritti del suo popolo.

 

10 LEONE MAGNO.jpgNato in Toscana, nell’anno 400 circa,  Leone fu consigliere dei papi Celestino I e Sisto III e dovette certo avere buone qualità diplomatiche se, semplice diacono,  fu inviato nelle Gallie, nel 440,  per sanare il conflitto – sfociato in guerra civile –  tra il generale Ezio e il prefetto del pretorio Albino. Durante questa missione fu raggiunto dalla notizia della morte del papa e della sua elezione a vescovo di Roma. Assunse la guida  della Chiesa in un’epoca di grandi difficoltà politiche e religiose. Di fatto, nei ventuno anni del suo pontificato si succedettero quattro imperatori, uno cacciato appena eletto e gli altri assassinati. La giovane Chiesa era attraversata da diatribe e discordie. E Leone si diede da fare, con azione energica e capacità di persuasione, per preservare l’integrità della fede, difendendo l’unità della Chiesa. Teologo eccellente, approfondì soprattutto il mistero dell’incarnazione di Cristo e difese la funzione primaziale del pontefice romano. Di lui ci restano 96 discorsi e 173 lettere, oltre a numerose omelie. Per salvare la città di Roma dai saccheggi dei barbari, non esitò ad affrontare Attila e Genserico, allontanando così un pericolo che sembrava irriversibile. Morì il 10 novembre del 461. 

 

10 ODETTE PRÉVOST.jpgOdette Prévost, era nata il 17 luglio 1932 a Oger, Marne (Francia), ed era Piccola Sorella del Sacro Cuore, una delle congregazioni della famiglia di Charles de Foucauld. Con altre due religiose, Chantal e Anne-Marie,  viveva a Apreval, in una povera casa, uguale a tutte le altre, alla periferia di Algeri. La mattina del 10 novembre 1995, mentre Odette e Chantal si recavano alla chiesa parrocchiale per partecipare alla messa, un uomo, sceso da un’automobile, sparò ripetutamente su di loro. Colpita in piena fronte, Odette morì sul colpo, mentre Chantal, pur gravemente ferità, sopravviverà.  Su un foglietto che si portava addosso, al momento della morte, c’era scritto: Vivi il giorno d’oggi, / Dio te lo dona, è tuo, / Vivilo in Lui. // Il giorno di domani è in mano a  Dio, / non t’appartiene ancora. / Affidalo a Lui. // Il momento presente è una fragile passerella, / se tu la carichi dei rimpianti di ieri, / dell’inquietudine del domani, / la passerella cede  e tu precipiti. // Il passato? Dio lo perdona. /L’avvenire ? Dio te lo dona. /Vivi, dunque, il giorno d’oggi / in comunione con Lui.

 

10 Ken Saro-Wiwa.jpg Ken Saro-Wiwa, il cui vero nome era  Kenule Benson Tsaro-Wiwa, era nato a Boré (Nigeria), il 10 ottobre 1941). Già negli anni degli studi universitari si scoprì drammaturgo e scrittore. In seguito affiancò alla produzione artistica l’impegno attivo nella vita pubblica. A partire dagli anni ottanta si fece portavoce delle denunce e delle rivendicazioni delle popolazioni del delta del Niger nei confronti delle multinazionali petrolifere, responsabili del massiccio inquinamento che poneva in serio pericolo le culture di sussistenza e l’intero ecosistema della regione. Nel 1990 fondò il MOSOP (Movement for the Survival of the Ogoni People). Tale movimento ottenne risonanza internazionale con una manifestazione di 300.000 persone che lo stesso Saro-Wiwa guidò dopo essere stato rilasciato da una detenzione di alcuni mesi comminata senza processo. Il 21 maggio 1994 venne nuovamente arrestato nel 1994, con l’accusa di aver incitato all’omicidio di quattro presunti oppositori del MOSOP. Nel febbraio 1995, dopo averlo sottoposto a dieci mesi di regime carcerario duro e a ripetute torture, il regime militare decise di processarlo. Scrivendo, nel maggio 1995 all’Associazione mondiale degli scrittori, affermò: “Che io viva o muoia è insignificante. È sufficiente sapere che ci sono persone che impiegano tempo, denaro ed energia per combattere questo male tra i tanti che predominano nel mondo. Se non hanno successo oggi, avranno successo domani. Dobbiamo continuare a lottare per rendere il mondo un luogo migliore per tutta l’umanità. Ognuno con il suo piccolo contributo, a modo suo. Vi saluto tutti”. Il 31 ottobre, al termine di un processo-farsa che suscitò le più vive rimostranze da parte dell’opinione pubblica internazionale e le proteste di numerose organizzazioni per i diritti umani, Ken Saro-Wiwa, con altri otto imputati fu condannato a morte. L’impiccagione venne eseguita il 10 novembre 1995, a Port Harcourt. Nel 2009, la Shell accettò di patteggiare il pagamento di 15 milioni e mezzo di dollari, per evitare di essere trascinata nel processo intentato contro di essa  per complicità con l’ex regime militare nigeriano in tali condanne a morte.

 

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera a Tito, cap.3, 1-7; Salmo 23; Vangelo di Luca, cap.17, 11-19.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia. 

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura la dichiarazione resa da Ken Saro-Wiwa durante il processo che lo condannò a morte. La troviamo nel sito di Peacelink ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO 

Signor Presidente, tutti noi siamo di fronte alla Storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale. Non siamo sotto processo solo io e i miei compagni. Qui è sotto processo la Shell. Ma questa compagnia non è oggi sul banco degli imputati. Verrà però certamente quel giorno e le lezioni che emergono da questo processo potranno essere usate come prove contro di essa, perché io vi dico senza alcun dubbio che la guerra che la compagnia ha scatenato contro l’ecosistema della regione del delta sarà prima o poi giudicata e che i crimini di questa guerra saranno debitamente puniti. Così come saranno puniti i crimini compiuti dalla compagnia nella guerra diretta contro il popolo Ogoni.  (Ken Saro-Wiwa, Dichiarazione al processo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-10T23:22:00+01:00da fraternidade
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