Giorno per giorno – 28 Luglio 2010

Carissimi,

“Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra” (Mt 13, 45-46).  Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che potrebbe apparire contradditoria l’immagine della perla e del tesoro, applicata alla proposta del Regno, di cui solo l’altro ieri, commentando le parabole del granello di senapa e del lievito, affermavamo l’ordinarietà e la pochezza, ai limiti dell’insignificanza. Eppure, per quanto paradossale, anzi, proprio perché paradossale, questa è la verità di Gesù, cioè, per noi, di Dio: il significato più grande sta nel più piccolo, regnare consiste nel servire, il maggior potere si raggiunge rinunciando liberamente ad esso, perdersi  vuol dire salvarsi, amarsi davvero è dimenticarsi di sé, e così via. Arcelina, stamattina, aveva ricordato che ciò che Gesù insegna con il linguaggio enigmatico di queste due parabole, l’avrebbe detto esplicitamente, in seguito, in un’altra occasione. Quando al giovane ricco che gli chiedeva che cosa dovesse fare per ottenere la vita eterna, rispose: “Se vuoi essere pefetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). Noi, sul rinunciare a tutto, per assumere la proposta del Regno, ci sappiamo fare, quando va bene, dei bei discorsi. Poi, però, com’è umanamente giusto, scendiamo subito al pratico. Cioè, li dimentichiamo.      

 

Oggi il nostro calendario ci porta le memorie di Johann Sebastian Bach, musicista di Dio, Stanley Francisco Rother, martire in Guatemala, e Alfonsa dell’Immacolata Concezione, contemplativa in India.

 

28 Johann_Sebastian_Bach.jpgJohann Sebastian Bach era nato il 21 marzo 1685 a Eisenach, in Turingia. Dopo la morte dei genitori, avvenuta in rapida successione, nel 1694-95, si trasferì presso il fratello Johann Christoph, che gli diede  le prime lezioni di organo e clavicembalo. Nel 1707 divenne organista della chiesa di S. Biagio a Muhlhausen. Lì compose un gran numero di pezzi per organo e le sue prime cantate e sposò la cugina Maria Barbara, che gli darà sette figli. In seguito, fu organista alla corte di Sassonia-Weimar, poi maestro di cappella alla corte riformata del principe Leopoldo, a Kothen. Nel 1721, dopo la morte di Maria Barbara, Bach sposò in seconde nozze la giovane soprano Anna Magdalena Wulcken, che gli sarà preziosa collaboratrice e gli darà tredici figli.  Trasferitosi nel 1723 a Lipsia, vi compose numerose cantate sacre e le grandi Passioni. Tra il 1730 e il 1750 si occupò della composizione della Messa in si minore e della rielaborazione di molte musiche precedenti. Verso il 1749 la salute di Bach cominciò a deteriorarsi rapidamente. Giá completamente cieco, dettò L’arte della Fuga, l’ultima sua composizione, che rimase però incompiuta. Morì il 28 luglio 1750.

 

28_STANLEY_ROTHER.JPGStanley Francisco Rother nacque nel 1935 a Okarche, in Oklahoma. Dopo gli studi in seminario, fu ordinato sacerdote e partì nel 1968 come missionario per Santiago Atitlán, in Guatemala.  Il giovane prete fu guardato subito con simpatia dagli indigeni Tzutuhil e sentito come uno di loro, tanto che gli cambiarono il nome e lui divenne padre A’plas.  Senza nulla di ideologico, il prete si limitava a vivere con i suoi poveri e a volergli bene, dedicando loro tutta la sua giornata. Distribuiva cibo e medicine a chi non riusciva ad averle altrimenti, celebrava l’eucaristia (la domenica riuniva oltre tremila persone), amministrava i sacramenti, faceva catechismo, visitava i malati, accompagnava i morenti e, nei momenti liberi, andava a zappare nel campo di qualche contadino o organizzava con loro cooperative alimentari o tessili.  Con l’andare del tempo, si sentì così toccato dalla fede, dalla forza e dalla semplicità degli indigeni, che non riuscì più ad immaginare la sua vita lontano da loro. Dopo che la violenza della repressione governativa  raggiunse Santiago Atitlán e anche lui cominciò ad essere minacciato di morte, nel gennaio 1981, cedendo alle pressioni, fece ritorno negli Stati Uniti. Ma fu solo per poco. La Settimana Santa di quell’anno, era infatti già di ritorno tra i suoi. La situazione parve per un certo tempo tranquilla. Fino alla notte del 28 luglio, quando tre uomini mascherati entrarono nella canonica per rapirlo. Fu udito gridare: No, uccidetemi qui.  E gli spararono due colpi alla testa.  Dopo i funerali, la salma fece ritorno in patria, ma la famiglia accettò la richiesta che il cuore fosse sepolto nella chiesa di Santiago Atitlán.

 

28 Santa Alfonsa.jpgAnna Muttathupadam  era nata  il 19 agosto 1910  nel villaggio di Kudamalur, nei pressi di Kottayam (Kerala, India), da Joseph e Mariam Muttathupadam. Rimasta presto orfana di madre, fu allevata da una zia materna e da un prozio prete. Sentendosi chiamata alla vita contemplativa, chiese ed ottenne di entrare tra le Clarisse del monastero di Bharnanganam, dove assumendo il nome di Alfonsa dell’Immacolata Concezione, ricevette il velo il 12 agosto 1928 e, dove, il 1° agosto 1936, fece la sua professione solenne. Purtroppo, assai presto cominciarono a manifestarsi i segni di una dolorosa malattia, che nel giro di pochi anni l’avrebbe portata alla morte. Confinata a letto, visse le sue sofferenze nel segno di un abbandono fiducioso nelle mani del Padre, certa che anche ciò che appare assurdo e intollerabile all’occhio e alla ragione umana, ha un suo senso profondo e una sua ricchezza nascosta, nella luce di Dio.  Senza che mai venisse meno in lei il sorriso, si spense il 28 luglio 1946. Da allora, ogni anno, pellegrini cristiani, ma anche musulmani e induisti, continuano a recarsi alla sua tomba. È stata la prima donna indiana ad essere beatificata.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.15, 10.16-21; Salmo 146; Vangelo di Matteo, cap.13, 44-46.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la fede, la religione, o la scelta ideale.

 

Il Vangelo di oggi, con la radicalità che lo caratterizza, come del resto ogni sua pagina, ci ha portato a rileggerci una pagina del Diario (Rizzoli)  di Soeren Kiekegaard. Pagina che, nel congedarci, vi proponiamo come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Mettersi in rapporto con Dio, essere davvero religiosi senza portare una ferita, confesso che mi è inesplicabile. Poter dire in rapporto a Dio: voglio entrare in rapporto con Te “fino a un certo punto”; io ti posso concedere un posto di sentimento, ma poi basta! Non voglio essere uno “spettacolo per il mondo” (1 Cor 3,9), come dovrebbe essere il vero religioso, perché il rapporto a Te lo ha reso eterogeneo con questa vita. Io voglio invece vivere sano e forte in questo mondo, voglio essere un uomo completo in senso mondano , e poi nel mio intimo conservare tuttavia un sentimento per Te. – Perché colui che si mette veramente in rapporto con Dio è subito marcato, egli zoppica, come si dice, ed ha in ogni modo la eterogeneità di sofferenza in questa vita. Ma mettersi in relazione con Dio in altro modo, è anche impossibile; perché Dio stesso è per noi proprio questo “come” noi ci mettiamo in rapporto con Lui. Nell’àmbito delle realtà sensibili e esteriori, l’oggetto è qualcos’altro dal modo: ci son parecchi modi… ed un uomo forse riesce a trovare un modo più indovinato, ecc. In rapporto a Dio il “come” è il “che cosa”. Colui che non si mette in rapporto nel modo dell’abbandono assoluto, non si mette in rapporto con Dio. – Rispetto a Dio non ci si può mettere “fino a un certo punto”, perché Dio è proprio la negazione di tutto ciò ch’è “fino a un certo punto”. (Soeren Kierkegaard, Diario, 2234).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Luglio 2010ultima modifica: 2010-07-28T23:07:00+02:00da fraternidade
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