Giorno per giorno – 30 Aprile 2010

Carissimi,

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.  E del luogo dove io vado, voi conoscete la via” (Gv 14, 1-4). Ci sono certi momenti in cui Lui sembra assente. Sparito, non c’è più. Neanche il suo Spirito. E la Chiesa che dovrebbe essere la sua casa, dove risuona la sua Parola, e in cui si vive il suo esempio, sembra muta e dimentica di Lui. Beh, Lui, dice Giovanni alla sua comunità – e cioè anche a noi, – prevedeva tutto questo, soprattutto in relazione ai suoi, naturalmente, ma anche ai discepoli che si sarebbero susseguiti lungo i secoli. “Non sia turbato il vostro cuore”. Il verbo che l’evangelista usa qui è lo stesso che usa per Gesù davanti alla tomba di Lazzaro (Gv 11, 38), e, durante la cena, mentre parla del tradimento di Giuda  (Gv 13, 21). Cioè, nell’uno e nell’altro caso, davanti alla perdita di due amici. Ed ora è Lui che si sta allontanando e può immaginare bene il turbamento e l’agitazione che questo scatenerà nei suoi. Lui è ben più di un qualunque Lazzaro, che ci possa lasciare, e più di un qualunque Giuda, che pure arrivi a tradirci. Lui è la ragione del nostro stare insieme, del nostro volerci bene, del nostro spenderci senza stancarci, quando ci riusciamo. Se viene meno Lui, – e sta per venir meno – siamo perduti. L’Evangelo e la liturgia vogliono riportarci a quell’atmosfera di pericolo imminente e a quella Parola tranquillizzante, per permettere anche a noi, alle comunità di due millenni dopo, di superare, quando il caso, lo stordimento e l’angoscia. Lui va e ritorna sempre per portarci con sé. “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”: noi, stamattina, ci dicevamo che non sta parlando del Paradiso, sta parlando di qui ed ora. Come ci spiegherà poche righe più avanti: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e dimoreremo presso di lui” (Gv 14, 23). Il segreto è lì, riprendere ad amarlo, fare nostro davvero il Suo significato, la sua maniera di agire (ce l’ha appena mostrato: lavare i piedi): Lui, allora, ci porta dal Padre che, però, è detto,  viene a stabilire le sue dimore – presumibilmente tante quante sono le comunità umane – da noi.  Non sminuiamo la fantasia di Dio: Lui ama le molte e diverse dimore, le molte e diverse culture, le molte e diverse religioni, i molti e diversi popoli, le molte e diverse vocazioni, le molte e diverse maniere d’essere e le serve e le fa vivere tutte.   Ha-mokom, il Luogo, è uno dei nomi di Dio. “Voi, dice Gesù, ne conoscete la via”. La via per noi è Gesù, che ci rivela che sì, il nostro Luogo è Dio, ma anche e soprattutto che l’umanità è il Luogo di Dio. Dio è il nostro Paradiso, così come noi siamo il paradiso di Dio. Beh, non contribuiamo a trasformarglielo in un inferno. Per favore!

 

Oggi facciamo memoria di Giuseppe Benedetto Cottolengo, amico degli ultimi.

 

30_JOS__BENTO_COTTOLENGO.JPGGiuseppe Benedetto Cottolengo era nato a Bra, in provincia di Cuneo, il 3 maggio 1786, primo di una famiglia di dodici figli. Nel 1811 fu ordinato prete a Torino. Il 17 gennaio 1828 inaugurò, con l’aiuto di un gruppo di volontari, il Deposito della Volta Rossa, una sorta di pronto soccorso per accogliere quanti erano rifiutati dagli altri ospedali e vivevano in uno stato di abbandono. Tra i volontari spiccava la figura di una vedova, Marianna Nasi, a cui il prete decise di affidare alcune ragazze che accettarono di giocare la loro vita amando Dio, nel servizio gratuito ai poveri. Nacquero così le Figlie di san Vincenzo (o Cottolenghine).  Nel 1832, chiusa la Volta Rossa, inaugurò a Valdocco, nella periferia degradata di Torino, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, in un rustico semiabbandonato che il prete aveva preso in affitto. Dopo pochi mesi affittò un altra casa nelle vicinanze. Entrambe per occuparsi  di coloro che erano considerati pesi morti dalla società e spesso anche dalle loro [cristiane] famiglie. Ed erano solo figli e figlie di Dio. Tra il 1833 e il 1836 portò a termine la costruzione di un grandioso ospedale; poi si diede ad aprire scuole popolari e asili infantili. Non mancarono ovviamente crisi e difficoltà, ma la fede nella provvidenza ebbe sempre la meglio. Nel 1842 un’epidemia di tifo investì Torino, soprattutto le zone più povere. Cottolengo si ammalò, ma continuò a lavorare e a pregare instancabilmente, fino a quando le forze vennero meno. Il 29 aprile dello stesso anno,  nella casa del fratello sacerdote, a Chieri, ricevette l’estrema unzione e, la sera successiva, morì.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.13, 26-33; Salmo 2; Vangelo di Giovanni, cap.14, 1-6.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Ieri pomeriggio, alla chácara di recupero, Maltone ci diceva che sta scoprendo ora il significato dei santi: loro sono quelli che non esitano a perdersi per far vivere gli altri, e ce ne citava alcuni nomi, lungo i secoli. Già, questo è ciò che dovrebbero essere tutti i cristiani. “Farsi prossimo” è il titolo di una giustamente famosa lettera pastorale del Card. Carlo Maria Martini, figura che noi consideriamo tra le più belle e significative nel panorama ecclesiale dell’ultimo secolo. Quella lettera cominciava con una preghiera, che, chissà, potrebbe insegnarci a diventare ciò che Maltone designa come santi,  o a seguire la via che è Gesù e fare della nostra vita il luogo del Padre, e la dimora dei Tre. Eccovela qui di seguito. È, per oggi, il nostro     

 

PENSIERO DEL GIORNO

Vieni, Spirito del Padre e di Gesù, / guidaci verso tutta la verità, / aiutaci a dimorare nell’amore di Gesù, / a ricordare e a compiere / tutto quello che Gesù ci ha insegnato. / Signore Gesù, sotto la guida del tuo Spirito, / cerchiamo di ricordare le parole / che ci dicevi quando eri tra noi. / Avevamo lasciato tutto / e ti avevamo seguito. // Eravamo conquistati dalla tua parola / e dai gesti prodigiosi, / con cui sanavi le debolezze umane. / Aspettavamo con ansia il gesto definitivo, / che avrebbe inaugurato / il tuo regno sulla terra. / Ma tu guardavi sempre oltre, / verso un centro misterioso della tua vita, / che sfuggiva continuamente  / alla nostra comprensione. // Parlavi di un cibo sconosciuto, / che la volontà del Padre ti andava preparando. / Parlavi di un’ “ora”,  / che avrebbe rivelato pienamente  / la gloria del Padre. // Quando l’ora è giunta  / – e fu l’ora della croce e della morte – / noi siamo fuggiti. / Ti chiediamo perdono ancora una volta / della nostra viltà:  / noi abbiamo paura / di un amore che si concede / fino alla morte. // Ti chiediamo perdono / della nostra poca fede: / volevamo che tu salvassi gli uomini, / misurandoti coi progetti degli uomini, / non credevamo all’energia prodigiosa / che sarebbe scaturita dalla tua obbedienza filiale; / non credevamo all’amore sconfinato, / con cui il Padre crea, protegge, / salva e rinnova la vita di ogni uomo. / Signore, accresci in noi la fede,  / come radice di ogni vero amore per l’uomo. / Come possiamo testimoniare il tuo amore?  / Tu un giorno ci hai raccontato di un uomo,  / che scendeva da Gerusalemme a Gerico / e fu assalito dai briganti. // Signore, quell’uomo ci chiama. // Aiutaci a non restare tra le mura del cenacolo. // Gerusalemme è la città della Cena, / della Pasqua, della Pentecoste. // Per questo ci spinge fuori  / per diventare il prossimo di ogni uomo / sulla strada di Gerico. // (Carlo Maria Martini, Farsi prossimo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-30T23:18:00+02:00da fraternidade
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