Giorno per giorno – 21 gennaio 2010

Carissimi,

“Gesù disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo” (Mc 3, 9-10). Che bello se la Chiesa fosse sempre quella barca, da cui Gesù (e solo Lui) è messo in condizione di ammaestrarci, svelandoci il senso delle cose che fa, delle guarigioni che opera, della cura che manifesta nei confronti di tutti. Vengano “dalla Galilea, dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne” (Mc 3, 7-8), ebrei o pagani che siano, poco importa, perché Dio, il suo Dio e il nostro, è lo stesso Dio, lo stesso Padre per tutti. Un Dio a cui, non a caso, non interessano le professioni di fede troppo facilmente esibite, tanto che non esista a censurarle e a zittirle (v.12), importa invece che sia proclamata e inverata la buona notizia ai poveri. Soprattutto quando e dove, come abbiamo visto ieri, il potere e i suoi inconsueti (?) alleati religiosi – o, se preferiamo, ecclesiastici – tramano contro Gesù, contro la presenza del suo significato e della sua azione nel mondo. 

 

Oggi il calendario ci porta le memorie di Agnese, martire a Roma,  e di  Massimo il Confessore.

 

21 Agnese.jpgDodicenne romana del III secolo, allo scoppio di una delle numerose persecuzioni contro i cristiani, nonostante la defezione di molti fedeli, Agnese seppe restare fedele a Cristo, rifiutandosi di sacrificare agli idoli e di cedere alle voglie del potente di turno. La memoria del suo martirio è molto antica: già nel 354 se ne celebrava l’anniversario presso la sua tomba, sulla Via Nomentana.

 

21 MASSIMO IL CONFESSORE.jpgMassimo era nato a Costantinopoli da una ricca famiglia, verso il 580. Per qualche anno fu segretario dell’Imperatore Eraclio ma, assai presto, nel 613, lasciò la vita di corte per farsi monaco nel monastero di Crisopoli (Scutari). Nel 624 la minaccia persiana che incombeva sui territori imperiali lo costrinse ad abbandonare il monastero e a trasferirsi a Creta, poi a Cipro e, in seguito, nei pressi di Cartagine, in Africa.  Scrisse numerose opere sulla preghiera, la carità e l’ascesi e, a partire dal 634, s’impegnò nella lotta contro le eresie monofisite e monotelite. Dopo la conquista araba dell’Africa, Massimo si spostò in Magna Grecia e, nel 646, a Roma. In quest’epoca entrò in polemica con il giovanissimo imperatore Costante II che, per risolvere le annose diatribe teologiche, che dividevano la cristianità e minacciavano l’unità dell’impero, aveva emesso un editto, Typos – Regola di Fede,  con cui proibiva ai cristiani di parlare dell’unica o della duplice volontà di Cristo. Che, a dire il vero, la maggior parte dei cristiani, neppure sapeva di cosa si trattasse. Ma, era comunque roba seria. Fu convocato in Laterano un sinodo, che fece sue le posizioni espresse in materia da Massimo e dal papa Martino, e non mancò di criticare le disposizioni dell’ Imperatore. Mal gliene colse a tutti e due. Costante II li fece infatti arrestare e deportare entrambi. Non solo, ma, in un successivo processo, a Massimo e a due suoi discepoli, Anastasio monaco e Anastasio apocrisario, per lo stesso motivo, fu tagliata la lingua e amputata la mano destra. Massimo morì in esilio, sul mar Nero, nel 662.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro di Samuele, cap.18, 6-9; 19, 1-7. Salmo 56; Vangelo di Marco, cap. 3, 7-12.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una bella citazione di Massimo il Confessore, tratta dai suoi “Capitoli vari sulla teologia e l’economia, sulla virtù e il vizio”, che troviamo nella “Filocalia” (Gribaudi) e che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Termine di tutti i beni è l’amore, in quanto guida, avvicina e unisce le anime che in esso camminano a Dio, bene supremo e causa di ogni bene: poiché l’amore è fedele e non viene meno. La fede infatti è il fondamento di ciò che viene dopo di lei, cioè la speranza e la carità, e dà salda conferma alla verità; la speranza è forza dei sommi beni, cioè della carità e della fede, perché ci manifesta in se stesa ciò che è credibile e ciò che è amabile in entrambe, e insegna a compiere per suo mezzo la corsa verso questo scopo. La carità è il compimento delle altre due virtù, che tutta interamente abbraccia ciò che è sommamente desiderabile e nella quale trovano riposo fede e speranza nel loro movimento verso quel termine; e in forza di se stessa, essa offre già il godimento di ciò che al presente crediamo es sere e che speriamo sarà. L’opera più perfetta dell’amore e il compimento dell’operazione che gli è propria, consiste nell’effettuare uno scambio relazionale fra coloro che esso unisce in modo che giungano a convenire ad entrambi le rispettive proprietà e denominazioni. Così esso fa dio l’uomo e fa sì che Dio si manifesti come uomo e sia indicato con questo nome, in forza dell’unico e immutabile intento e movimento propri alla volontà di entrambi. Se noi siamo davvero a immagine di Dio, diventiamo dunque immagine di noi stessi e di Dio, o piuttosto, immagine di Dio solo, di tutto Dio, affinché noi tutti interi, senza portare in noi stessi alcunché di terreno, ci rendiamo intimi di Dio e diveniamo dèi, prendendo da Dio il nostro essere dèi. In questo modo sono onorati i doni divini ed è accolto con amore l’avvento della pace divina. Grande bene è l’amore e bene è l’amore e bene primo e eletto fra i beni, in quanto congiunge, mediante se stesso, Dio e gli uomini intorno a chi possiede l’amore. Ed esso fa sì che il Creatore degli uomini si manifesti come uomo mediante la perfetta somiglianza, nel bene, con Dio – per quanto possibile all’uomo – dell’uomo deificato. E questo è, io penso, la realizzazione del comandamento di amare il Signore Dio con tutto il cuore, l’anima e la forza, e il prossimo come se stessi. (Massimo il Confessore, Capitoli vari sulla teologia e l’economia, sulla virtù e il vizio, I Centuria, 26-29).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro. 

Giorno per giorno – 21 gennaio 2010ultima modifica: 2010-01-21T22:10:00+01:00da fraternidade
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