Giorno per giorno – 18 Gennaio 2010

Carissimi,

“Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno” (Mc2, 19-20). Ancora una polemica su certo ritualismo slegato dalla vita, o che prende comunque il sopravvento sulla vita. Mentre dovrebbe essere sempre questa, nel suo alternarsi di eventi gioiosi e tristi, a determinare e caratterizzare i riti da celebrare. Gesù ci ricorda qui che, dove Lui è presente, dove cioè il Regno accade, sono i sacramenti dell’allegria che lo celebreranno. Dove, invece, si afferma la logica dell’antiregno, dovremo trovare il modo di esprimere il nostro lutto. E il Suo. Così, quando, o dove, il banchetto della vita – vita piena per tutti – che è anche il significato della Mensa eucaristica, fosse riservato solo a pochi e questa si rivelasse nel tempo incapace di trasformarci a nostra volta in pane che si dona per la vita del mondo, forse sarebbe meglio lasciar perdere. È tempo di digiuno eucaristico.   

 

Oggi, nell’emisfero Nord, si apre l’Ottavario di preghiere per l’unità dei Cristiani. Esso ebbe origine per iniziativa di due ministri anglicani: l’inglese Spencer Jones e l’americano Paul James Francis Wattson (che sarebbe poi divenuto cattolico). Nel 1907, Jones suggerì l’istituzione di una giornata di preghiera,  il 29 giugno di ogni anno, per il ritorno di tutti i cristiani all’unità con la chiesa di Roma. L’anno dopo, Wattson propose un’ottava di preghiere (dal 18 al 25 gennaio) col fine di ottenere da Dio “il ritorno di tutte le altre pecore all’ovile di Pietro, l’unico pastore”. Più rispettoso dell’identità delle singole chiese, il prete cattolico Paul-Irénée Couturier, nel 1935, trasformò questa manifestazione nella “Settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani”, che aveva come finalità quella di pregare per la santificazione di tutti i battezzati e per la realizzazione dell’unità  “con i mezzi che Dio vorrà e nel modo che Egli vorrà”. Dal 1966 il tema e i testi per la Settimana sono decisi e preparati insieme da una speciale commissione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Segretariato (in seguito, Pontificio Consiglio) per l’unità dei cristiani.

 

Oggi, il nostro calendario ci porta anche la memoria di Sergio Berten e compagni, martiri della solidarietà in Guatemala, e di Mahmoud Mohamed Taha, il Gandhi sudanese.

 

18 SERGIO BERTEN.jpgSergio Berten era nato nel 1953 in Belgio ed era entrato ancor giovane nella Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Ventiduenne chiese ed ottenne di recarsi come missionario in Guatemala. Lavorava nella costa meridionale, animando le comunità di Puerto San José,  Santa Lucía Cotzumalguapa e Tiquisate. La sua opzione per i poveri fu subito chiara. Nella realtà di miseria e ingiustizia in cui vivevano i contadini, fu portato a scoprire sempre più nitidamente in ciascuno di loro il volto sofferente di Cristo. La Parola di Dio nella Bibbia divenne per lui sempre più trasparente, illuminandolo nel cammino e dandogli la forza per seguire ogni giorno più radicalmente Gesù. Condividendo la vita dei poveri, approfondì nel dialogo con essi la riflessione sui passi che la situazione di miseria e di oppressione esigeva in vista di un cambiamento reale. Cosciente del pericolo di morte che correva a causa del suo impegno, al fine anche di proteggere i suoi compagni di congregazione religiosa e i contadini più impegnati, Sergio decise continuare il suo lavoro in clandestinità. Questo non impedì che, il 18 gennaio 1982, fosse sequestrato con altri otto giovani contadini in una strada di Città del Guatemala. Sparendo con loro nel nulla, martiri tutti della giustizia e della solidarietà.

 

18 Mahmoud Mohamed Taha bis.jpgMahmoud Taha era nato verso il 1911 a Rufa‘a, una cittadina sulla riva orientale del Nilo Azzurro, nel Sudan centrale. Rimasto orfano, aveva comunque potuto continuare gli studi, fino a laurearsi in Ingegneria nel 1936, dedicandosi successivamente alla libera professione. Fin da giovanissimo aveva partecipato alla lotta per l’indipendenza nazionale e nel 1945 fu tra i fondatori del Partito Repubblicano, una formazione islamica di orientamento modernista, che, negli anni successivi, si propose di rendere possibile nella società islamica, a partire dalla rivelazione coranica, l’effettiva partecipazione popolare alla vita politica, una completa libertà religiosa, la reale eguaglianza di diritti tra uomo e donna. Fedele alla sua coscienza religiosa, contrario ad ogni violenza, Taha fu ripetutamente arrestato e torturato, prima di essere impiccato a Khartoum, il 18 Gennaio 1985, in seguito alle pressioni dei “Fratelli musulmani” che giudicavano eretiche le sue tesi a favore di un Islam non-violento. Affrontò la morte con grande serenità, sorridendo alla folla che, venuta per assistere all’esecuzione,  circondava il patibolo, cantando canti religiosi. Subito dopo l’impiccagione, il corpo fu portato in elicottero nel deserto, dove venne sepolto in una località rimasta sconosciuta. Dopo la caduta del dittatore Nimery, nell’ottobre 1985, fu richiesta la revisione del processo. Con sentenza datata 18 novembre 1986, la Suprema Corte definì nulli il processo, i procedimenti di ratifica e l’esecuzione di Mahmoud Taha. Piuttosto tardivamente.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro di Samuele, cap.15, 16-23; Salmo 50; Vangelo di Marco, cap. 2, 18-22.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddista.

 

Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di un testo di Mahmoud Mohamed Taha, tratto dal suo libro “Il secondo messaggio dell’Islam” (EMI). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

L’Islam è come una scala a chiocciole, che inizia presso di noi e termina presso Dio, oltre il tempo e lo spazio. E chi sale queste scale continua a salire verso Dio “Signore delle scale” (Corano 70, 3); ad ogni istante acquisisce una maggior conoscenza e di conseguenza rende più perfetta la sua sottomissione a Dio (islâm). In queste persone la vita dell’intelletto e del cuore è rinnovata continuamente. E chi sale queste scale entrerà necessariamente nella categoria della legge dell’individuo; ma l’ultimo gradino non è questo. La vera prova della perfezione, che è estremamente difficile da realizzare poiché è un processo infinito, è che la tua vera identità dev’essere in Dio e la tua legge individuale deve esserne parte. È proprio tutta un’altra cosa: si tratta di un autentico viaggio nell’Asssoluto. Questo non è un discorso idealistico, perché ha un inizio pratico fermamente situato sulla terra, allo scopo di portare ognuno verso l’alto dell’Assoluto, a vari gradi di realizzazione, ognuno secondo il proprio livello di conoscenza. Tutti salgono questa scala: “E Noi innalziamo per gradi chi vogliamo, e sopra ogni sapiente v’è un Sapiente Supremo” (Corano 12, 76), finché la conoscenza stessa culmina con Dio che è il conoscitore degli arcani” (Corano 9, 78). Questo significa che non c’è limite alla perfezione che l’uomo può raggiungere nell’Assoluto. Il destino dell’uomo è innalzarsi al livello del suo Signore, e i mezzi per raggiungerlo sono basati realisticamente sulle pratiche del culto e sulle relazioni sociali con gli altri… Basti all’uomo che Dio ha tesaurizzato per lui la perfezione della vita dell’intelletto e del cuore, quel che nessun occhio ha mai visto, nessun orecchio ha mai sentito, nessun essere umano ha mai immaginato. A te, mio Signore, pago ogni lode. (Mahmoud Mohamed Taha, Il secondo messaggio dell’Islam).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Gennaio 2010ultima modifica: 2010-01-18T22:36:00+01:00da fraternidade
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