Giorno per giorno – 13 Novembre 2009

Carissimi,

“Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà” (Lc 17, 26-30). Ogni giorno noi si mangia, si beve, si lavora, ci si diverte, si dorme, qualcuno si sposa e altri no e, una volta o l’altra, inevitabilmente, si muore. Come da sempre, ovunque nel mondo. E spesso accadono catastrofi, come ai tempi di Noè o a quelli di Lot, un terremoto qui, uno tsunami là,  una carestia, una epidemia, una guerra. I “giorni del Figlio dell’uomo” non sono queste cose qui, sono ciò che permette di uscirne, di salvarsi. Di cui l’arca del mitico Noè, o la fuga di Lot e dei suoi famigliari da Sodoma sono in qualche modo l’anticipazione simbolica. L’importante, allora, non è stare lì a domandarci: Gesú sta tornando, non sta? , ma chiederci: che cosa possiamo fare, in tempi di egoismo e di disgrazia? Che tipo di arca possiamo costruire? Quanti potremo accogliere, proteggere, salvare? Come sottrarci e fuggire dalla logica imperante del sistema, la Sòdoma del nostro tempo, la cui iniquità consiste nella “superbia, ingordigia, ozio indolente” e nel fatto di “non stendere la mano al povero e all’indigente” (Ez 16, 49)? Il Figlio dell’uomo si rivelerà nei gesti di chi non si attacca alle cose (v.31) e di chi è disposto a perdersi per la causa del Regno (v.33), le relazioni nuove di fraternità tra tutti gli uomini, che Gesù è venuto ad inaugurare. In queste iniziano a manifestarsi i giorni del Figlio dell’uomo.  “Dove sarà il cadavere, la si raduneranno anche gli avvoltoi” (v.37). Che, come paragone, è piuttosto macabro, ma vuole solo ricordarci la relazione causa-effetto. Come da noi, quando si vede fumo sui monti circostanti: anche se non vediamo le fiamme, sappiamo che incendio ci cova. Noi, allora, sapremo mandare segnali di fumo del regno che è all’opera tra di noi?

 

Oggi è memoria del card. Joseph Luis Bernardin, testimone di pace e riconciliazione.

 

13 joseph BERNARDIN.jpgJoseph Bernardin era nato il 2 aprile 1928 a Columbia, nella Carolina del Sud, da una famiglia di immigrati italiani. Ordinato prete nel 1952, all’età di trentotto anni, venne consacrato vescovo e inviato come ausiliare alla diocesi di Atlanta, in Georgia. Arcivescovo di Cincinnati, nell’Ohio, nel 1972, nella sua prima omelia di Natale espresse una dura presa di posizione sulla guerra nel Vietnam. Fu presidente della Conferenza episcopale Usa nel triennio 1974-1977, in un periodo di relazioni tese e difficili tra l’istituzione ecclesiastica e la comunità dei fedeli, caratterizzandosi sempre per un atteggiamento di ascolto e di dialogo, profondamente radicato nella preghiera. Chiamato nel 1982 a succedere al chiacchierato card. Cody, come arcivescovo di Chicago, per la sua indiscussa integrità morale e l’eccezionale prestigio, assunse come priorità del suo magistero la proposta di una “coerente etica della vita”:  guerra, fame, diritti umani, aborto, eutanasia e pena di morte furono temi che egli seppe portare coraggiosamente nel pubblico dibattito, affrontandoli sempre alla luce del Vangelo, pur rispettoso della rigorosa separazione che negli Usa esiste tra la sfera politica e quella religiosa. Risale al  novembre del 1993 l’evento “spaventoso e devastante” che cambiò la vita di Bernardin: l’accusa, poi ritirata,  rivoltagli da un ex-seminarista  aidetico, di aver abusato di lui, quando era arcivescovo di Cincinnati. L’accusatore confessò poi di essere stato istigato a coinvolgere il cardinale dal prete che aveva realmente abusato di lui. Risollevatosi da questa terribile esperienza, il Cardinale riprese con impegno e rinnovato entusiasmo il suo ministero, fino a che, nel giugno 1995, gli fu riscontrato un tumore maligno al pancreas e l’anno successivo una metastasi diffusa. In un’affollatissima conferenza stampa il 30 agosto 1996 il cardinale diede personalmente l’annuncio, commentando: “Possiamo vedere la morte come un nemico o come un amico. Come persona di fede vedo la morte come un amico, come passaggio dalla vita terrena alla vita eterna”. Il vescovo Bernardin si spense   all’una e trenta della notte tra il 13 e il 14 novembre 1996.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Sapienza, cap.13,1-9; Salmo 19A; Vangelo di Luca, cap.17,26-37.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

 

“È un libro che tratta di temi commoventi con le parole più semplici, senza mai un’ombra di retorica: ogni parola ha il sigillo dell’onestà e della verità. Mi ha dato la gioia di scrutare nelle profondità interiori di un uomo e di un vescovo che ho sempre molto stimato e ammirato”. Lo scrive il Card. Carlo Maria Martini nella prefazione all’edizione italiana del libro di Joseph Bernardin, “Il dono della pace” (Queriniana), che raccoglie le sue ultime riflessioni prima della morte.  Da esso prendiamo questo brano che, nel congedarci, vi offriamo come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il 7 ottobre, circa 800 sacerdoti e religiosi archidiocesani si unirono a me in preghiera nella Holy Name Cathedral. Anche se nessuno lo disse esplicitamente, potei avvertire dalle molte lacrime che vidi che era l’ultima volta che ci riunivamo assieme mentre io ero vivo. Non potei non pensare alla prima sera che ci riunimmo in preghiera nella cattedrale – per il mio insediamento canonico il 24 agosto 1982 – e supposi che anche molti di loro richiamarono alla mente quella bella occasione. Decisi così di ripetere la conclusione della mia omelia di quell’occasione: “Come le nostre vite e i nostri ministeri si uniscono assieme spezzando il pane e benedicendo il calice, spero che molto prima che il mio nome cada dalla preghiera eucaristica nel silenzio della morte, voi sappiate bene chi sono io. Voi lo saprete perché noi lavoreremo e ci divertiremo assieme, saremo in lutto e ci rallegreremo assieme, ci dispereremo e spereremo assieme, discuteremo e ci riconcilieremo assieme. Voi mi conoscerete come un amico, confratello sacerdote e vescovo. Voi saprete che vi amo. Perché sono Joseph, vostro fratello!”. Verso la fine della cerimonia, prima che li benedicessi, tutti i sacerdoti alzarono lo loro mani e mi benedirono. Dubito che ci fossero occhi senza lacrime in quel momento. I miei erano pieni fino all’orlo. (Card. Joseph Bernardin, Il dono della pace).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Novembre 2009ultima modifica: 2009-11-13T23:56:00+01:00da fraternidade
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