Giorno per giorno – 01 Ottobre 2009

Carissimi,

“Quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino” (Lc 10, 10-11). L’istruzione fa parte del discorso di invio dei settantadue discepoli, un numero equivalente, così si pensava allora, a quello delle nazioni pagane (come ancora pagane sono le nostre nazioni). Non diverse erano state le consegne date ai Dodici, inviati in missione alle tribù d’Israele (Lc 9, 1-5).  Gesù, dunque, pensa in grande. Pensa a tutti. La proposta del Regno riguarda tutti. “Quando entrerete in una città, […] curate i malati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato il Regno di Dio” (Lc 10, 8-9). Ma può essere che non tutto corra liscio, può essere che non vi vogliano, che vi respingano. Pazienza. Voi, che avrete appreso da me, non ripagate mai con la moneta che vi riserveranno: disprezzo, indifferenza, rifiuto, odio. Questo significa lo scuotere della polvere attaccata ai piedi. Martin Luther King traduceva il concetto con queste parole: “Ai nostri più accaniti oppositori noi diciamo: Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenza con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d’animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché la non-cooperazione con il male è un obbligo morale non meno della cooperazione con il bene. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell’ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al vostro cuore e alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria”. Sì, il Regno di Dio, in qualunque circostanza, anche in questo nostro tempo che sembra – ma sembra soltanto – così povero di bene, è sempre e già presente. Anche se clandestino.

 

Oggi facciamo memoria di Teresa del Bambino Gesù, “piccola” sulla strada dell’Evangelo, e Jacques Fesch, convertito, contemplativo.

 

01_Teresina.jpgTeresa Martin, nacque ad Alençon, in Francia, il 2 gennaio 1873, in una famiglia profondamente religiosa. A 14 anni, manifestò l’intenzione di seguire le sue due sorelle, Paolina e Maria, nella vita del Carmelo. Superando tutti gli ostacoli che si opponevano alla sua precoce vocazione, riuscì ad entrare nel Carmelo di Lisieux l’anno seguente (1888), dove prese il nome di Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo.  Come spesso, tuttavia, accade, la realtà che incontrò era lontana da essere quella idealizzata. Vi circolavano meschinità, tiepidezza, sgarbi e storture, ma la giovanissima monaca riescì a tenersi fuori dal gioco del risentimento e della sterile polemica. Intuì che non è criticando le consorelle che sarebbe riuscita  a migliorare l’atmosfera del  monastero, ma accettando la scommessa di farsi santa, esigendo da sé niente meno che tutto. Con semplicità e una buona carica di auto-ironia. La “via” è quella dell’infanzia spirituale: riconoscere la propria piccolezza, abbandonandosi con fiducia alla bontà di Dio, come un bambino tra le braccia della madre.  Le prove spirituali che Teresa affrontò durante la sua vita nascosta – la “notte della fede”, il vuoto spirituale, la tentazione dell’incredulità – la rendono vicina a quanti conoscono l’angoscia del dubbio e della mancanza di fede. La sua fragile salute non gli permise di resistere ai rigori della vita di clausura. La sera del 30 settembre 1897, a 24 anni, Teresa morì di tubercolosi, unendo le sue sofferenze a quelle di Cristo sulla croce.

 

01. JACQUES FESCH.jpgJacques Fesch era nato a Saint-Germain-en-Laye, il 6 aprile 1930, figlio, come si dice, di buona famiglia. Ma, anche, una testa calda. Irrequieto, indisciplinato, ribelle, finì con l’essere espulso da scuola. A diciassette anni incontrò Pierrette Polack, dalla relazione con la quale nascerà una figlia, Veronica, e che, raggiunta la maggior età, deciderà, piuttosto riluttante, di sposare, nel giugno del 1951. Terminato il servizio militare, Fesch scoprì che lavorare  non era proprio la sua vocazione. In compenso amava spendere. Un giorno, un amico gli prospettò l’idea di un’avventura per mare, in una vita libera da impegni, doveri, convenzioni. Ma, ci voleva una barca e la barca costava tanto. Si poteva comunque rimediare con una rapina. Fu così che il 18 febbraio 1954, a Parigi, prese quella che gli sembrava la decisione giusta: assaltare l’agenzia di cambio di un tale Sylberstein. Senza troppo successo, però, perché, questi fece a tempo a chiamare la polizia. Fesch fuggì, ma, per fermare l’agente che lo inseguiva, gli sparò e lo uccise. Senza che questo gli evitasse di essere arrestato, subito dopo. Il carcere fu, in ogni caso, la sua via di Damasco. Fu lì, infatti, che incontrò, improvvisamente e imprevistamente, Dio. Della ricchezza di questo incontro ci lasciò testimonianza nel diario steso negli ultimi mesi di vita. Condannato a morte il 6 aprile 1957, il ventisettenne Jacques Fesch fu ghigliottinato il 1° ottobre dello stesso anno, a Parigi. Nel dicembre 1993, il cardinal Lustiger aprì l’inchiesta preliminare per la sua beatificazione, dichiarando: “Spero davvero  che un giorno possa essere venerato come santo”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Neemia, cap.8, 1-4a. 5-6. 7b-12; Salmo 19B; Vangelo di Luca, cap.10, 1-12.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

La preghiera di oggi è stata tutta per le centinaia o forse migliaia di vittime del terremoto che ha colpito l’isola di Sumatra, in Indonesia. Che si aggiungono alle decine di morti e agli sfollati, provocati l’altro ieri, dal tifone Ketsana nelle Filippine e in altri paesi del Sudest asiatico.

 

Oggi, se ci fosse il vecchio Pedro (ma, a suo modo, c’è), avremmo ricordato la sua professione monastica, sessantaquattro anni fa, il giorno della memoria della piccola Teresa (che a quel tempo era celebrata il 3 di ottobre): i due, nonostante le apparenze che li facevano così irrimediabilmente diversi,  avevano tutto a che vedere l’uno con l’altra. E soprattutto con Quello che li aveva sedotti. Complimenti, Pedro! Hai fatto una gran bella corsa.

 

Ora, dato che si è fatto tardi ed è giunta l’ora di congedarci, vi proponiamo un brano della lettera di Teresa di Lisieux a Suor Maria del Sacro Cuore (sua sorella, nonché madrina), che costituisce il manscritto B degli scritti autobiografici raccolti nel libro “Storia di un’anima”. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Gesù si compiace di mostrarmi l’unico cammino che porta a questa fornace divina. Questo cammino è l’abbandono del bambino che si addormenta senza timore tra le braccia di suo Padre. “Se qualcuno è molto piccolo venga a me”, ha detto lo Spirito Santo per bocca di Salomone; e questo medesimo Spirito d’amore ha detto anche che “ai piccoli è concessa la misericordia”. In nome suo, il profeta Isaia ci rivela che nell’ultimo giorno “il Signore come un pastore farà pascolare il gregge e con il suo braccio lo radunerà: porterà gli agnellini sul petto”. Come se tutte queste promesse non bastassero, lo stesso profeta, il cui sguardo ispirato si immergeva già nelle profondità eterne, esclama in nome del Signore: “Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò. I bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati”. O Madrina diletta, dopo un simile linguaggio, non resta altro che tacere e piangere di riconoscenza e di amore! Se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola tra tutte le anime, l’anima della sua piccola Teresa, non una sola di esse dispererebbe di giungere in cima alla montagna dell’amore! Infatti Gesù non chiede grandi azioni, ma soltanto l’abbandono e la riconoscenza, poiché ha detto nel Salmo 49: “Non prenderò giovenchi dalla tua casa, né capri dai tuoi recinti. Sono mie tutte le bestie delle foreste, animali a migliaia sui monti: Conosco tutti gli uccelli dei cieli, è mio ciò che si muove nella campagna. Se avessi fame, a te non lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri?… Immolate a Dio sacrifici di lode e di ringraziamento” (Teresa di Lisieux, Storia di un’anima).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-01T23:59:00+02:00da fraternidade
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