Giorno per giorno – 03 Agosto 2009

Carissimi,

“Udito ciò [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati” (Mt 14, 12-14). Il racconto prosegue poi con quella che è chiamata la prima “moltiplicazione dei pani”. Sulla cui portata non ci sentiremmo di risaltarne l’aspetto prodigioso del gesto di Gesù, né di banalizzarla, riducendola al fatto che ciascuno tirò fuori di sotto al mantello i pesciolini o le pagnotte che si era portato appresso, sicché tutti poterono mangiare e persino ne avanzò. Il che cápita abbastanza facilmente quando si legge il Vangelo come fosse un articolo di cronaca, e si cerca di decifrare “cosa” davvero sia avvenuto, e non invece quale sia la “buona notizia” che il racconto ci comunica. Ciò che viene sottolineato ci sembra essere la fame di una moltitudine senza alimento, colta dallo sguardo compassionevole di Dio (o che è Dio), e saziata dalla disponibilità di alcuni a rinunciare al “proprio” per metterlo in comune.   Oggi cinque pani e due pesci. Domani, se necessario, la vita. “Fate questo in memoria di me”: è il significato dell’Eucaristia.

 

Questo era il Vangelo che abbiamo letto stamattina. Poi ci hanno detto di Alerivaldo. Che noi non conoscevamo. Ma conosciamo Divina, Sônia, Judite e José. Alcune delle sue sorelle e l’ultimo dei suoi fratelli. Oggi poi abbiamo conosciuto anche la vecchia madre, dona Maria, ottantasei anni. Piegata sotto il dolore che l’ha raggiunta all’alba. Quando ha trovato il suo ragazzo – quarantuno anni, sposato, separato, padre di due figlie, ma sempre ragazzo – impiccato. E, a dirlo così, sembra – come dev’essere – una brutta parola. Ma, a vedercelo lì, disteso e sorridente, coperto di fiori bianchi, è un’altra cosa. Lei, la vecchia madre, se ne sta lì a fare i suoi pianti: Ahi, mio figlio, porta io con te.  Dice proprio così. E la zittiscono, come avesse bestemmiato. Ha tanti altri figli di cui occuparsi! E lei: no, gli altri – tredici ne ho fatti, non ne ho “sprecato” nessuno – gli altri sono tutti sistemati, lui abitava qui ed era lui che si occupava di me. Io preparavo la tavola e lui cucinava la sua “comidinha gostosa” per tutti e due. Era così affettuoso. Che sarà ora di me? Leva eu contigo, meu filho, leva eu contigo. José ogni tanto prende e va vicino alla bara, carezza la fronte al fratello, gli dice qualcosa sottovoce, gli fa un segno di saluto. Sônia chiede di fare una preghiera. Noi si dice allora il Vangelo della risurrezione di Lazzaro. Lo si racconta così come ce lo ricordiamo. Di come Marta e Maria mandano a dire a Gesù: Lazzaro, il tuo amico, sta male. Come anche Alerivaldo, Petê per gli amici, stava male da tempo. Male di vivere. Che è delle malattie peggiori. Quasi incurabile. E Gesù non si muove. E dice: questa malattia non è per la morte. Poi, dopo due giorni, fa ai suoi discepoli: andiamo a trovare Lazzaro che dorme. E arriva a Betania e Marta, quando le dicono che sta arrivando il Maestro, gli corre incontro e gli fa: Ah, Gesù, se tu fossi stato qui, Lazzaro non sarebbe morto. Né sarebbe morto Alerivaldo. Perché la gente muore quando Gesù è lontano e la compassione con lui. E Gesù a lei: tuo fratello risusciterà.  E Marta: so che risorgerà nell’ultimo giorno. E Gesù: io sono la risurrezione e la vita, chi vive e crede in me, anche se muore, vivrà. Poi, anche l’altra sorella, Maria, corre alla tomba, dov’è arrivato nel frattempo Gesù e pure lei lo rimprovera: se tu fossi stato qui. E piange. E piange anche lui. Gesù ordina allora di ritirare la pietra dalla tomba e gli dicono: il cadavere odora male, sono ormai quattro giorni. Lui neanche li sta ad ascoltare. Alza gli occhi al cielo, ringrazia il Padre e grida: Lazzaro, vieni fuori. E Lazzaro se ne esce saltellando, avvolto com’era tutto in bende. E Gesù dice: Scioglietelo. E molti di coloro che erano presenti credettero in lui. E Das Dores comincia il rosario. Alla fine José prende la parola e dice: io sono il fratello più piccolo, e additando la bara, aggiunge: la sua vita è la mia vita. Lui ora è in cielo. Adesso diamoci la mano e preghiamo insieme: Padre nostro. Tra le cui braccia Petê si è rifugiato. Forse un po’ prima del dovuto.  Ma Lui l’avrà già perdonato. Che perdoni anche noi.  

 

La data di oggi ci porta la memoria di Rashi (Shelomò ben Yitzchak), sapiente d’Israele.

 

03 RASHI.jpgEminente studioso ed esegeta del TaNaK (la Bibbia ebraica) e del Talmud, Shelomó ben Yitzchak  nacque a Troyes, in Champagne, il 22 Febbraio 1040, figlio (come dice il nome) di Yitzchak  e di Leah. Dopo essersi sposato all’età di diciassette anni, si recò a studiare dapprima a Worms, nella yeshivà di Rabbi Yaakov ben Yakar, e successivamente, alla morte di questi, a Magonza. A  venticinque anni fece ritorno nella città natale. Lì s’impiegò in un’azienda vinicola ebraica, ma continuò ad approfondire lo studio delle Scritture ed entrò a far parte del locale tribunale rabbinico, di cui assumerà in seguito la direzione.   Nel 1070 aprì una sua yeshivà, dove presto acorsero alunni da ogni parte della Francia.  I commentari che venne redigendo lungo gli anni ebbero tra l’altro il pregio di rendere accessibili ai laici la maggior parte dei testi sacri.  Fu uomo che seppe sempre coniugare l’amore e la devozione per la Parola, il gusto per il lavoro e le cose semplici della vita, il rigore morale della condotta, l’umiltà nelle relazioni con il prossimo e la misericordia con gli erranti. Circa l’interpretazione fornita nei suoi  commenti, Rashi affermava che non gli derivava dai suoi maestri né dalla tradizione ebraica, ma che gli era stata rivelata dal Cielo.  L’opera di Rashi fu continuata dai suoi discepoli, attraverso le glosse apportate al commento del Talmud del maestro, contribuendo così a sviluppare sempre nuovi principi e aggiornamenti. Nel 1096 le bande di fanatici organizzate nella Prima Crociata fecero irruzione nella Lorena, massacrando dodicimila ebrei e mettendo a ferro e fuoco numerose comunità. In quell’occasione Rashi compose numerosi salmi penitenziali per piangere quelle morti e distruzioni. Passò i suoi ultimi anni  nella città di Worms, collaborando alla ricostruzione della locale Comunità. Lì morì il 29 del mese di Tammuz dell’anno ebraico 4865 (corrispondente al 20 luglio del 1105).

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dei Numeri, cap.11,4b-15; Salmo 81; Vangelo di Matteo, cap.14, 13-21.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del sangha buddhista.

 

È tutto. Congedandoci, vi proponiamo qui di seguito quanto scrive Rashi nel suo “Commento alla Genesi” (Marietti), chiosando le parole dell’angelo inviato per impedire il sacrificio di Isacco “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli nulla! Perché ora io so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito” (Gen 22, 12). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Non stendere la mano contro il ragazzo. – Per immolarlo. Allora Abramo disse a Dio: “Se è così, io sono venuto qui per niente! Io voglio fargli almeno una ferita, per fargli uscire un po’ di sangue”. Dio gli rispose: Non fargli nulla! – cioè, non fargli nessuna mutialzione. Perché ora io so – Rabbi ’Abba disse: “Abramo disse a Dio: ‘Voglio presentare davanti a te la mia lagnanza. Ieri tu mi hai detto: È attraverso Isacco che da te prenderà nome una discendenza. Poi ancor tu mi hai detto: Prendi, ti prego, tuo figlio. E ora tu mi dici: Non stendere la mano contro il ragazzo!’. Gli rispose il Santo, benedetto Egli sia: ‘Non profanerò la mia alleanza e non muterò quanto è uscito dalle mie labbra. Quando infatti ti ho detto: Prendi, ti prego, tuo figlio, io non mutavoi quanto era uscito dalle mie labbra. Non ti dissi infatti: Immolalo!, ma fallo salire. Tu lo hai fatto salire: ora fallo discendere’.”  Perché io ora so – D’ora in poi io so che cosa rispondere a Satana e alle nazioni che mi domandavano con stupore perché io avessi tanto amore per te. Ora io ho una risposta, perché essi vedono che tu temi Dio.  (Rashi di Troyes, Commento alla Genesi).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Agosto 2009ultima modifica: 2009-08-03T23:13:00+02:00da fraternidade
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