Giorno per giorno – 12 Luglio 2009

Carissimi,

“Allora Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. […] E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 7.12-13). Dodici erano proprio pochini. Mandati per giunta in missione senza niente. Poveri in canna. Lo stile che Gesù esigeva dalla sua chiesa. E che, forse, esigerebbe ancora, se non suonasse retorico, e perciò, proprio per questo, vergognoso. A noi, forse, converrebbe starcene a casa. O andare al mare, anziché in missione. Perché, l’osservanza dell’ordine drastico di non portarsi nulla appresso, “né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa” (v.8) è direttamente proporzionale al potere che è dato “sugli spiriti immondi”. Così, se oggi non scacciamo più molti demóni – i più diversi, come quelli della ricerca del guadagno facile, della corruzione, della fuga nella droga, dell’esasperata difesa dell’identità, dell’affermazione della propria superiorità, del disprezzo e della paura dell’altro, del razzismo e della sicurezza armata “contro” l’altro – così diffusi ai nostri giorni, forse è solo perché noi, i dodici  e i loro negligenti alunni, ci siamo caricati di troppe cose e non siamo più credibili. “Predicavano che la gente si convertisse”. A quel tempo, magari, qualcuno che si fermasse ad ascoltarli lo trovavano pure. Ora, il pericolo è che ci ridano dietro: Convertirsi a chi, se vi siete già convertiti a noi?  

 

I testi che la liturgia di questa XV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Amos, cap.7, 12-15; Salmo 85; Lettera agli Efesini, cap.1, 3-14; Vangelo di Marco, cap.6, 7-13.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità è chiese cristiane.

 

Il nostro calendario ecumenico ci segnala oggi le memorie di Giovanni Gualberto, monaco e profeta di una Chiesa rinnovata; di Nathan Söderblom, vescovo luterano, al servizio della pace e dell’ecumenismo; e di Sergej Nikolaevic Bulgakov, sacerdote e teologo ortodosso.

 

12 Giovanni Gualberto.jpgGiovanni Gualberto nasce a Firenze all’inizio del sec. XI. Dopo aver perdonato, per amore a Cristo,  l’assassino del fratello, entrò nel monastero benedettino di san Miniato, da cui ben presto dovette allontanarsi, per le minacce rivoltegli dall’abate e dallo stesso vescovo di Firenze, da lui accusati di corruzione. Dopo una sosta tra gli eremiti di Camaldoli, si rifugiò nella foresta di Vallombrosa, dove, nel 1038, fondò un monastero secondo la regola di san Benedetto, che darà origine alla Congregazione benedettina Vallombrosana, basata sulla vita in comune, la povertà, il rifiuto di privilegi e protezioni. La Chiesa dell’epoca viveva una situazione drammatica, essendo il clero composto, per lo più, da individui senza scrupoli, affaristi e immorali, legati a filo doppio all’aristocrazia dominante. Ma, nel contempo, cominciava ad affermarsi, con sempre maggior forza, l’esigenza di por fine a tanto scempio. Avviata per iniziativa dei ceti popolari, che presero a cacciare i chierici indegni, l’opera di riforma trovò appoggio e incoraggiamento nei monaci di Vallombrosa, che si dedicarono, tra l’altro,  alla formazione di nuove leve di uomini, che testimoniassero, nelle file del clero, una ritrovata fedeltà al Vangelo.  La morte di Giovanni Gualberto, il 12 luglio 1073, fu di poco preceduta dall’elezione a papa del monaco Ildebrando, Gregorio VII, che avrebbe fatto sua la lotta contro le degenerazioni del mondo ecclesiastico.

 

12 Nathan Söderblom.jpgLars Olof Jonathan (chiamato Nathan) Söderblom nacque a Trönö, in Svezia, il 15 gennaio 1866, da Jonas Söderblom e Sophia Blume. Ordinato pastore nel 1893, nello stesso anno conobbe e sposò Anna Forsell, una studentessa assai dotata, che sarà sua preziosa collaboratrice e che gli darà, nel corso della vita in comune, tredici figli.  Fu poi cappellano all’Ambasciata svedese a Parigi, dal 1894 al 1901. Laureatosi alla Sorbona, divenne professore di Storia delle religioni all’Università di Uppsala e, nel 1914, arcivescovo di quella stessa città e Primate della Chiesa di Svezia.  Benché luterano, di una chiesa che mantiene l’istituto dell’episcopato nella sua forma storica, Söderblom seppe apprezzare la liturgia e le diverse espressioni del culto e della devozione proprie della Chiesa cattolica, e nello stesso tempo riconoscere il valore della riflessione teologica protestante. Convinto fosse suo dovere darsi da fare per l’unità dei cristiani, cattolici ed evangelici, pensò che la collaborazione su concreti problemi potesse costituirne i primi promettenti passi. Durante la Prima Guerra Mondiale, lavorò instancabilmente  per alleviare le condizioni dei prigionieri di guerra e dei rifugiati. Per questo e per tutto l’azione a favore della pace del mondo e dell’unità delle Chiese, ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1930. A Stoccolma, nel 1925, aveva fondato  il Movimento internazionale cristiano Vita e Azione. Nello stesso tempo uno dei maggiori gruppi anglicani aveva costituito una Conferenza interconfessionale su Fede e Ordine. Nel 1948 i due gruppi si sarebbero uniti per formare il Consiglio Mondiale delle Chiese. Come arcivescovo primate della Chiesa svedese, si preoccupò di approfondire i canali di comunicazione tra la Chiesa e le masse lavoratrici, cosí come tra Chiesa e intellettuali. Morì il 12 luglio 1931.

 

SERGEI BULGAKOV.jpgSergej Nikolaevic Bulgakov  nacque a Livny, in Russia, il 16 giugno 1871. Educato religiosamente, conobbe a partire dai tredici anni una fase di ateismo che lo accompagnò fino ai trent’anni. Frequentò la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Mosca, dedicandosi alle scienze sociali e lavorando, poi, per due anni, presso la cattedra di economia politica e statistica. Durante un soggiorno in Europa conobbe Karl Kautsky, Rosa Luxemburg e altre personalità del socialismo europeo. Fu professore di economia politica e sociale dapprima a Kiev, poi a Mosca. Sotto l’influsso di Solov’ëv e di Florenskij, passò dapprima dal marxismo all’idealismo, e in seguito si convertì all’Ortodossia. Nel 1907 lo troviamo deputato (“socialista cristiano”) alla seconda Duma. Nel 1909 gli morì il figlio di quattro anni. È a partire da allora che Bulgakov cominciò a dirigere la sua riflessione alla contemplazione della kenosi del Cristo e, in Lui, iconicamente, della kenosi intradivina. Il giorno di Pentecoste del 1918 venne ordinato diacono, il giorno successivo sacerdote. Benché membro del soviet supremo ecclesiastico, fu costretto ad autoesiliarsi in Crimea, dove presto fu escluso dall’insegnamento. Espulso dall’Unione Sovietica alla fine del 1922, dopo un breve soggiorno a Costantinopoli e a Praga, fu chiamato a Parigi dal metropolita Evlogij all’Istituto di Teologia ortodossa di san Sergio, dove ccominciò per lui un periodo di lavoro intenso e di attivo ministero spirituale. Morì il 12 luglio 1944. Pavel Evdokimov considerò Bulgakov il maggior teologo del nostro tempo. La sua opera è stata paragonata a quelle di Origene, di Tommaso d’Aquino, di Teilhard de Chardin.

 

12 Papa Carafa.jpgOggi ricordiamo anche una pagina nera nella storia della Chiesa: il 12 luglio 1555 il papa Paolo IV (Gian Pietro Carafa) emanò la bolla “Cum nimis absurdum”, che istituiva, in tutto il territorio dello Stato pontificio, il ghetto, entro le cui mura gli ebrei furono da allora costretti a vivere; proibiva loro di possedere immobili e di esercitare professioni al di fuori del prestito ad interesse e della vendita di merci di seconda mano; li obbligava ad indossare un segno distintivo che li rendesse facilmente riconoscibili, e via di questo passo. Che il buon Dio possa perdonare la sua Chiesa (cioè anche noi) nei secoli dei secoli.  Chissà che, scoprendosi molto perdonata, apprenda ad amare e a perdonare un po’ di più.

 

“A Dio il Dio-Uomo rivolge in nome della creazione il lamento che Lui, il Padre, lo ha abbandonato”. Ma questo abbandono è insieme anche “una qualche forma di spirituale con-morire [del Padre] nel sacrificio d’amore”. Lo scrive Sergej Bulgakov nel suo libro L’agnello di Dio” (Città Nuova), di cui vi proponiamo, nel congedarci, un brano, come nostro

   

PENSIERO DEL GIORNO

Il calice della morte è bevuto per intero e senza attenuazioni sul Golgota, ma psichicamente è vissuto nel Getsemani: “E cominciò ad aver paura e ad abbattersi, e disse loro: “L’anima mia è triste fino alla morte” (Mc 14, 34). È questa l’agonia spirituale, che corporalmente si compí sulla croce, di una vita di per sé immortale. […] La kenosi della Divinità, la sua estenuazione che qui arriva quasi ad estinguerla, è cosí profonda, che al Dio-Uomo si spalanca la voragine della morte, con la tenebra del non essere, con tutta l’intensità dell’abbandono di Dio. Il baratro vertiginoso del nulla della creatura si apre nella morte per lo stesso Creatore. E il grido dalla croce: “Elí, Elí, lemá sabacthani”, è il punto estremo di quella estenuazione della Divinità nell’annientamento della crocifissione: Egli qui ormai non si rivolge piú al Padre, perché, avvolto nel buio della morte, anche la coscienza della filialità divina lo abbandona, ma a Dio il Dio-Uomo rivolge in nome della creazione il lamento che Lui, il Padre, lo ha abbandonato, il Padre con cui Egli è uno e che non lo abbandona mai. Nella morte anche Egli, al pari di ogni uomo, resta solo. In codesto grido del Dio-Uomo morente, c’è tutta l’infinita profondità della kenosi, di quella divina autoesinanizione che è pari soltanto all’abisso dell’amore di Dio. E quasi a confermare che è proprio il Figlio di Dio nella sua Teantropia a varcare la soglia della morte, il gemito mortale verso Dio si trasforma in quell’invocazione al Padre che è anche l’epilogo della kenosi: “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito” (Lc 23, 46) con la parola che tutto conclude: “Tutto è compiuto” (Gv 19, 30). (Sergej N. Bulgakov, L’agnello di Dio).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro. 

Giorno per giorno – 12 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-12T23:17:00+02:00da fraternidade
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