Giorno per giorno – 11 Giugno 2009

Carissimi,
“Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (Mc 14, 22-24). Noi, stamattina, il racconto della Cena ce lo siamo letti tutto, da cima a fondo, senza tralasciare nulla, come fa invece la liturgia con i versetti che dicono del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro e degli altri. Che poi è ciò che, in qualche modo, fa salva la chiesa che anche noi siamo. Oggi è la Festa del “Corpo e del Sangue del Signore”. Anche se il titolo “Festa” non ci sembra essere il più adeguato a definire la nostra attitudine. Perché assieme a quel Corpo donato e a quel Sangue versato per noi, c’è sempre l’ombra dei nostri tradimenti e dei nostri rinnegamenti. E quindi più che far festa, ci sarebbe da provar vergogna. E smetterla per un po’ di andare in processione e persino in chiesa, se dopo tanto tempo che Lo frequentiamo e ce ne cibiamo, ci ostiniamo a offenderlo, calpestarlo, ucciderlo nei nostri fratelli più poveri. O anche solo, ci defiliamo elegantemente quando altri lo fanno. Lui, però, l’aveva messo in conto: il Vangelo con il suo racconto, vuol dirci proprio questo. Così egli continua imperterrito a darsi, come allora non rifiutò di farlo con Giuda, con Pietro e con gli altri. Avrebbe potuto sceglierne di migliori: scelse loro, per affermare che nulla è impossibile a Dio. Come trasformare cuori di pietra in cuori di carne. Anche oggi. Anche i nostri.

Corpus Domini.jpgBene, i testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono propri della Solennità odierna e sono tratti da:

Libro dell’Esodo, cap.24, 3-8; Salmo 116; Lettera agli Ebrei, cap.9, 11-15; Vangelo di Marco, cap.14, 12-16.22-26.

La preghiera del Giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Barnaba, apostolo, e di Luca di Simferopol, pastore al servizio dei poveri.

11 BARNABA.jpgBarnaba in realtà si chiamava Giuseppe ed era un levita, nativo di Cipro. Quando si era fatto cristiano, aveva venduto il suo campo e, il ricavato, l’aveva depositato ai piedi degli apostoli ed era stato grazie a lui, presto soprannominato Barnaba (“figlio della consolazione” o, forse, più probabilmente, “figlio della profezia”), che l’appena convertito persecutore dei cristiani Saulo-Paolo era stato ammesso nella cerchia dei discepoli, piuttosto diffidenti nei suoi confronti. Fu ancora lui ad essere inviato a prendere contatti con la neonata comunità di Antiochia di Siria, presso la quale poi portò Paolo. Insieme con questi organizzò la raccolta di aiuti per la chiesa madre di Gerusalemme, dove la popolazione soffriva la fame per una carestia. Tornati a Gerusalemme progettarono il primo viaggio missionario, quello in cui Marco darà forfait e che li porterà a Cipro e in una parte dell’Asia Minore. Di nuovo a Gerusalemme, parteciparono alla discussione sugli obblighi che i cristiani provenienti dal paganesimo dovevano assumere. Il mancato accordo con Paolo sul secondo viaggio missionario, porterà alla separazione definitiva dall’antico compagno. Ritenendo che Marco avesse più bisogno di lui che non l’altro, Barnaba se ne andò con lui a Cipro. Qualche anno dopo, le carte si rimescolarono. Sappiamo dalle lettere di Paolo che Marco stava con lui e, sempre Paolo, spenderà, nella lettera ai Corinzi, sette-otto anni dopo la separazione, una parola di elogio per Barnaba, perché anch’egli si manteneva con il suo lavoro. Ma non sappiamo dove, né come. Forse, azzardiamo, nella nativa Cipro. Luca, l’autore degli Atti degli apostoli, avendo preso partito per Paolo, non ce ne dice nulla. Una tradizione vuole che si sia recato a Roma e a Milano, per predicarvi l’evangelo, e che sia più tardi morto martire a Salamina verso l’anno 63.

11 Luca di Simferopol.jpgValentin Feliksovic Wojna-Jasieniecki era nato il 14 aprile 1877 a Ker, in Ucraina, da una nobile famiglia polacca. Nel 1917, dopo gli studi in medicina, si era trasferito, con la famiglia che aveva nel frattempo costituito, a Taskent, dove aveva ottenuto il posto di chirurgo primario nel locale ospedale. Nello stesso periodo, la moglie si era ammalata di tubercolosi e, nel 1919, era morta, lasciandolo vedovo con quattro figli a carico. Nel 1921, accettata la proposta di abbracciare lo stato ecclesiastico avanzatagli dal vescovo della città, fu ordinato presbitero, pur continuando ad esercitare la professione, con un’attenzione particolare per i più poveri, e ad insegnare all’università. Prima di ogni operazione, padre Valentin soleva raccogliersi in preghiera e volle sempre tenere le sue lezioni, indossando l’abito sacerdotale. Nel 1923, dopo aver preso i voti monastici e assunto il nome di Luca, fu eletto vescovo di Taskent. Il suo ministero pastorale, nel fu contrassegnato da persecuzioni, arresti, prigionie, condanne al confino. Nel 1942, alla fine della sua ultima prigionia, il metropolita Sergio Stratogorskij lo nominò arcivescovo di Krasnojarsk, in Siberia. Nel 1946, su richiesta delle autorità che mal tolleravano la sua attività, fu trasferito alla chiesa di Simferopol, in Crimea, dove rimase fino alla morte, che lo raggiunse più che ottuagenario e ormai quasi cieco, l’11 giugno 1961. Per quanto lui stesso poverissimo, e forse proprio per questo, era sempre stato fedele nell’aprire le porte della sua casa agli ultimi e più poveri, in totale umiltà e mansuetudine.

Noi ci congediamo qui. Proponendovi la lettura che don Primo Mazzolari fa della festività odierna nel suo libro “Il segno dei chiodi” (IPL): l’onnipotenza dell’amore. Che non dovremmo mai smettere di contemplare, adorare, vivere in ogni frammento del creato È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Contro ogni apparenza, a disfida dei sensi che vengono meno, ecco il Cristo in un po’ di pane; in una briciola di materia creata, l’increato: l’invisibile in un attimo del visibile: l’eterno in qualche cosa che appartiene al tempo. La nostra spiritualità ne esce illuminata e commossa, e la nostra mentalità quasi addestrata a “vedere” una realtà incontenibile nella cornice che ho davanti e che mi occupa i sensi: una realtà che trabocca, che veramente incomincia ad essere, almeno in quel “senso” che per me è l’unico “senso”, quando finisco di vedere, di toccare, di pesare, di ragionare. Solo allora sono “un evaso” nel significato umano della parola, l’uomo libero. Il fatto del Cristo nell’ultima cena m’introduce, senza che me n’accorga, in quel mondo incommensurabile e incommensurato, che i piccoli uomini si sforzano di sprangare con la scusa che è il mondo dei sogni. Forse non si è mai così desti, né così vivi, né così veri come quando si sogna. Non è certo un sogno quando, chini sulla più piccola creatura, il suo quasi-niente ci si sprofonda sotto lo sguardo e qualche cosa, che ricorda la meraviglia del mondo stellare ci sorprende e ci abbaglia? La briciola diventa un mondo: la presenza che “indica” il mistero! C’è qualcosa d’eucaristico in ogni creatura: e chi, sorretto dalla fede, scorge la presenza del pane consacrato, finisce per accorgersi che tutto è mistero e che ciò che tocco e capisco non è che l’attimo, l’apparenza, il velo di una realtà che infinitamente mi sorpassa. Quando uscirò oggi dal cenacolo, il mistero, visto e adorato nell’ostia, rifulgerà ovunque: e questo povero mondo, divenuto tragicamente troppo angusto a cagione del mio materialismo, si allargherà meravigliosamente e ogni creatura prenderà le proporzioni della briciola di pane, davanti alla quale mi sono inginocchiato adorando… Il mistero di oggi e di tutti i giorni è la novità di oggi e di ogni giorno; un riaffacciarsi dell’effimero sull’eterno, del mortale nell’immortale, la primavera divina sull’inverno del tempo: la presenza dello Spirito che ricrea le cose restituendole alle ingenue proporzioni del pensiero divino… È piccola l’ostia e basta per un Dio. Anche una briciola gli basta. E allora la briciola vale tutto, tutto l’amore. O onnipotenza dell’Amore! (Primo Mazzolari, Il segno dei chiodi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Giugno 2009ultima modifica: 2009-06-11T23:35:00+02:00da fraternidade
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